«Abbiamo tutti un parente in quel cimitero di sassi»
«Abbiamo tutti un parente in quel cimitero di sassi» Il dolore dei 90 mila lucani e campani a Torino «Abbiamo tutti un parente in quel cimitero di sassi» Il presidente del Centro immigrati Passarelli ha organizzato una sottoscrizione: il denaro sarà distribuito da «La Stampa» - L'assessore Moretti: «Sono Comuni poveri» •E' un lutto gigantesco, un momento di disperazione che ci vede tutti uniti: immigrati d'ogni regione del Sud e d'ogni tempo. Le notizie che arrivano, di ora in ora, sono sempre più terribili e angoscianti. Chiunque venga da quelle regioni ha lasciato al paese almeno un parente o un amico. Oggi si trepida e si è in ansia grande'. Cosi il prof. Onorato Passarelli, presidente del Centro culturale e ricreativo immigrati di via Dei Mille, l'associamone che, nata nel '62 al tempo del primo, grande esodo dal Sud a Torino, conta oggi 25 mila iscritti fra capoluogo e provincia. L'altra sera, un'ora dopo che la televisione aveva dato la notizia del terremoto, ha riunito il consiglio direttivo per studiare le prime iniziative da prendere in aiuto delle popolazioni colpite dal sismo. 'La prima decisione è stata quella di organizzare una sottoscrizione nella nostra grande famiglia. Il ricavato lo daremo a "La Stampa" perché lo distribuisca subito ai terremotati.. H prof. Passarelli parla e, al suo telefono, giungono chiamate in rapida successione: gente che vuole sapere particolari, conoscere la situazione di piccoli comuni di cui né radio né televisione hanno ancora parlato. Dente, che, spesso, vuole soltanto parlare con un amico e sentirsi rassicurare. In Torino e provincia si contano circa 70 mila immigrati campani e 20 mila lucani: una citta. .E decine di migliaia di gente di queste terre devastate — aggiunge Giuseppe Rizzo, irpino di Andretta, presidente dell'U¬ nione delle Province Piemontesi — è stata costretta a cercare lavoro all'estero ed oggi vive in Germania, Francia, America. Questa è una tragedia nazionale ed europea.. Rizzo aggiunge che occorre avviare subito la rinascita delle zone devastate: 'La terra straziata dal terremoto è povera, isterilita dall'emigrazione, abitata quasi esclusivamente da vecchi e tombini. Ricostruire significa dare un futuro a paesi altrimenti destinati a sicura estinzione.. Ricorda che, a tutt'oggi, in certi comuni irpini e lucani ancora ci sono i ruderi del terremoto del '30: «Li chiamano "il cimitero dei vivi", e sono il frutto della speculazione degli "amici" di Mussolini venuti qui a demolire le case pericolanti per poi alzare abitazioni che non sono mai sorte.. Anche Michele Moretti, assessore regionale allo Sport e al Turismo, lucano di Rionero in Vulture, auspica un intervento •non sporadico, ma programma- to in base ad accertamenti geologici: nella zona colpita dal sismo di domenica sono crollate quasi tutte le vecchie case che già il terremoto del 1930 aveva gravemente lesionato.. Moretti a questo proposito ricorda con amarezza che, proprio nel suo paese, come del resto in molti altri centri della zona, esistono ancora casette antisilmiche provvisorie di 50 anni fa: .Adesso le abitano i nipoti dei terremotati di allora. I palazzi promessi a prova di terremoto non sono mai stati costruiti.. Parlando di Rionero, l'assessore si augura che la vita possa riprendere nel minor tempo possibile: .E' un Comune con economia commerciale ed artigianale: una lunga interruzione forzata di queste attività porterebbe ad una paralisi forse irreversibile.. Nelle pieghe di questa catastrofe Moretti coglie aspetti che solo chi è nato e vissuto nei paesi oggi dilaniati dalla sventura può sentire: parla con voce accorata di .povertà atavica., di .mentalità particolare mista d'orgoglio e rassegnazione., di .regione avara, e di uomini che .amano la libertà al punto da non volersi neppure riunire in associazioni regionali nelle città dove sono emigrati per lavoro.. Poche parole che disegnano un ritratto scabro e fanno tornare alla mente uno dei protagonisti del film «Rocco e i suoi fratelli»: lucano, innamorato della sua terra senza lavoro, con l'unico sogno di poter, un gior no, tornare al paese di sassi sul la schiena dell'Appennino. re. ri.
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