La lettera di Pecorelli al ministro esaminata dai 5 saggi del Senato

La lettera di Pecorelli al ministro esaminata dai 5 saggi del Senato Il «giurì d'onore» comincia il suo delicato lavoro sui rapporti tra Bisaglia e «OP» La lettera di Pecorelli al ministro esaminata dai 5 saggi del Senato Dovrà essere stabilita l'autenticità dello scritto - Bisaglia smentisce ogni tipo di contatto con il giornalista DALLA REDAZIONE ROMANA ROMA — Da stamani, la lettera scritta a mano da Mino Pecorelli e indirizzata al ministro Bisaglia è a disposizione dei cinque «saggi» nominati dal Senato per stabilire se Pisano sia un calunniatore oppure no. Il «giuri d'onore», proposto dai senatori comunisti durante il dibattito a Palazzo Madama ed accettato da ambedue i «contendenti», comincia cosi i suoi lavori che dovranno essere completati entro venti giorni. I cinque saggi (Malagodi del pli, Ferralasco del psi, Filetti del msi, De Carolis della de e Venanzi del pei) hanno un compito molto delicato: dalla loro decisione, dal giudizio che si saranno fatti sulla vi- cenda del finanziamento alla rivista «O.P. da parte di Bisaglia, dipende non tanto la sorte «penale» dell'attuale ministro dell'Industria (non sarebbe reato aver dato soldi a Pecorelli) quanto quella «politica». Bisaglia infatti ha smentito nel modo più assoluto di aver mai ricevuto quella lettera e di aver avuto a che fare col direttore di « O. P. ». I problemi posti dalla lettera sono diversi. Prima di tutto bisognerà accertarne l'autenticità, mediante una perizia calligrafica. Ma subito dopo bisognerà stabilire (nel caso sia ritenuta autentica) se Pecorelli la inviò a Bisaglia oppure no. La domanda di fonde è questa: Pecorelli aveva realmente ricevuto quelle sovvenzioni, oppure aveva scritto una lettera dal tono compromettente proprio allo scopo di ottenerle? I cinque commissari dovi-anno inoltre stabilire dove fu tenuta la lettera. Potranno forse sorgere dei problemi di procedura: infatti il regolamento del Senato su questo tipo di commissioni è abbastanza generico. C'è un solo precedente al Senato e risale al '48. quando i due rivali erano il senatore Li Causi e il ministro dell'Interno Sceiba che accusava il primo di connivenza col bandito Giuliano. La conclusione del giuri fu unanime: Giuliano era nemico di Li Causi e per le altre volte aveva attentato alla sua vita. Quanto al ricordo di Sceiba su alcuni documenti da lui citati fu definito «annebbiato*. Ieri il procuratore capo della Repubblica Gallucci e il procuratore generale Pascalino si sono incontrati per discutere dell'inchiesta. L'eventualità, che ormai si dà per scontata, del passaggio dell'inchiesta sul Sid. nata dal caso Pecorelli. dalla magistratura ordinaria a quella militare ha suscitato, com'era prevedibile, perplessità e critiche. Comunisti e radicali, con interrogazioni e interpellanze, hanno preso posizione in merito a una soluzione del genere. II deputato radicale Mauro Mellini, in un'interpellanza rivolta al presidente del consiglio Forlani e ai ministri di Grazia e Giustizia e della Difesa, ha chiesto di conoscere «in base a quali elementi sia stato annunciato die l'inchiesta sul comportamento del Sid nel caso del generale Giudice verrebbe affidata alla magistratura militare.. Secondo il parlamentare, il trasferimento dell'inchiesta alla giurisdi- zione militare «comporterebbe la possibilità di interferenze del potere politico, e significherebbe «escludere in partenza la partecipazione di civili (funzionari, politici, ecc.) ai reati riscontrabili nella vicenda.. L'interrogazione rivolta da alcuni senatori comunisti, con in testa il capogruppo Perna, al ministro di Grazia e Giustizia, oltre a chiedere se sia vera la notizia dell'intervento della magistratura militare, affronta altri aspetti della vicenda Sid-PecoreUi. Si domanda al Guardasigilli come valuti le dichiarazioni fatte dal vicepresidente del Con¬ siglio superiore della Magistratura a proposito della situazione esistente alla Procura della Repubblica di Roma e si chiede ragione della inerzia dimostrata dallo stesso Guardasigilli, che in proposito non avrebbe attivato il Csm. Zilletti, sul ritardo di un anno e mezzo che ha caratterizzato l'avvio dell'inchiesta sul «dossier» del Sid, escluse ogni responsabilità del procuratore capo Achille Gallucci, dato che aveva assunto le funzioni da poco tempo, dicendo che se di colpe si poteva parlare, esse erano imputabili semmai al suo predecessore Giovanni De Matteo.

Luoghi citati: Roma, Sceiba