Continua la polemica sul Van Gogh

Continua la polemica sul Van Gogh Continua la polemica sul Van Gogh Perché lo Stato non colse l'occasione di acquistare il dipinto? - L'ex sovrintendente alle Gallerie d'arte di Roma, Italo Faldi, svela alcuni retroscena - Gli risponde Federico Zeri Gentile Direttore, nell'articolo di Federico Zeri-Un altro Leonardo da sfregiare?», apparso su La Stampa del 9 novembre, tra gli altri argomenti si parla della mancata acquisizione alle collezioni d'arte dello Stato del Giardiniere di Van Gogh; fatto che suscitò, nell'autunno del 1977, vivaci polemiche e che è riaffiorato in questi giorni in margine allo scandalo dei petroli. Lo Zeri parla di gravi sospetti che, in quell'occasione, si sarebbero addensati sul mio operato di Soprintendente all'arte moderna e contemporanea, carica che allora ricoprivo, mentre, in realtà, la correttezza dell'azione condotta dalla Soprintendenza fu ampiamente riconosciuta dalla stampa (v. Paese Sera del 16-12-1977). Tuttavia, data l'autorevolezza dell'articolista e la pesantezza delle allusioni contenute nell'articolo, a tutela del mio operato di funzionario e del mio impegno di studioso, devo allo Zeri e alla pubblica opinione i seguenti chiarimenti. Nell'estate del 1977 l'alloro proprietario del dipinto, aw. Giovanni Verusio, denunciava a termini di legge, essendo l'opera sottoposta a vincolo di notifica di importante interesse artistico, la vendita del dipinto stesso al sig. Silvestro Pierangeli per la somma di 600 milioni. Del fatto davo tempestiva comunicazione all'Ufficio Centrale per ì Beni Ambientali, Architettonici, Archeologici, Artistici e Storici del ministero per i Beni Culturali e Ambientali, mettendo in risalto il grandissimo interesse che l'opera rivestiva per le collezioni dello Stato e proponendo fosse esercitato il diritto di acquisto, sentito il parere del competente Comitato di Settore del Consiglio Nazionale per i Beni Culturali e Ambientali. Nessuna risposta era ancora pervenuta dall'Ufficio Centrale quando, nell'autunno successivo, il Soprintendente ai Beni Artistici e Storici della Sicilia Orientale comunicava che il dipinto era stato presentato all'Ufficio Esportazione oggetti d'arte di Palermo per la sua definitiva esportazione in Inghilterra e chiedeva l'invio di un funzionario della Soprintendema di Roma per l'esame del dipinto stesso e dell'intera questione, trattenendo nel frattempo l'opera in attesa delle decisioni del ministero. Subito appresso lo scrivente trasmetteva al procuratore della Repubblica di Roma (avvertendone l'Ufficio Centrale del ministero) una informativa sopra la rimozione non autorizzata dalla Soprintendema, benché prescritta dalla legge in quanto opera notificata, del dipinto da Roma a Palermo, perché giudicasse se dovessero essere applicate le sanzioni previste per i trasgressori. A questo punto l'Ufficio Centrale comunicava alla Soprintendema all'Arte moderna di Roma e all'Ufficio Esportazione di Palermo che il ministero non riteneva di dover prendere in considerazione la proposta di esercizio del diritto di acquisto per la mancama di interesse del dipinto e la scarsezza dei fondi disponibili e disponeva che l'opera fosse restituita al proprietario. Dettato cui l'Ufficio Esportazione di Palermo ottemperava dopo aver posto il veto all'esportazione. Ritenendo che la rinuncia all'esercizio del diritto di acquisto privasse le collezioni statali di un'opera di importanza capitale, lo scrivente tornava più volte ad insistere | con l'Ufficio Centrale chiedendo l'intervento del Consiglio Nazionale e fornendo la più ampia documentazione, finché tieniva perentoriamente invitato a desistere da ogni ulteriore intervento sull'argo- mento> Italo Faldi Ex sovrintendente alle gallerie d'arte di Roma Poiché nel giudicare l'operato dell'Amministrazione delle Belle Arti non sono affatto ispirato da quei «sentimenti o magari risentimenti» di cui parlava l'onorevole Biasini nella sua lettera (pubblicata da La Stampa del 16 novembre u.s.) è con vivo piacere che leggo le dichiara/..ohi del prof. Italo Faldi; da esse risulta il perfetto, ineccepibile comportamento di questo alto funzionario nell'esercizio della sua attività in rapporto alla questione del dipinto del Van Gogh. Tuttavia, se le parole del prof. Faldi pongono il suo operato al di sopra di ogni sospetto, la vicenda del mancato acquisto dell'importantissimo dipinto si presenta tuttora sotto una luce non chiara, anzi, al contrario. L'onorevole Biasini affermava nella sua lettera che «l'amministrazione non esercitò allora il suo diritto di prelazione perché... non era in grado di reperire in tempo utile la somma necessaria». Ci si permetta di osservare che lo Stato, quando vuole, non soltanto può scalare un acquisto ratealmente, ma è anche nel diritto di effettuare l'acquisto stesso su di un capitolo di un esercizio futuro e inoltre di avviare una procedura (prevista dalla legge sulla contabilità dello Stato) che consente l'immediata acquisizione di fondi a un capitolo esaurito. A quanto poi sembra nel 1977 i fondi erano stati così poco esauriti che a fine esercizio delle disponibilità non utilizzate finirono a residui passivi. Infine si sarebbe potuto contattare direttamente il proprietario del dipinto, in modo da pervenire ad un accordo per l'acquisto. Ma ciò non fu fatto, e ora apprendiamo dal prof. Faldi che «il ministero non riteneva di dover prendere in considerazio¬ ne la proposta di esercizio del diritto di acquisto per la mancanza di interesse del dipinto». Trattandosi di uno degli ultimissimi capolavori del Van Gogh ancora in mano privata e dell'ultimo grande dipinto dell'Ottocento impressionista e post-impressionista ancora in Italia (dopo la partenza dei Cézanne della collezione Loeser) c'è da restare senza fiato: sarebbe bene che l'autore di un siffatto giudizio potesse essere conosciuto per nome e cognome. Ma la lettera del Faldi ci rivela anche che sulla rimozione non autorizzata del dipinto venne trasmessa un'informativa al procuratore della Repubblica di Roma: che seguito ha avuto tale passo? Come mai non se ne è più sentito parlare? Infine il Faldi ci rivela che, davanti alle sue insistenze di procedere all'acquisto, egli fu «perentoriamente invitato a desistere». Ogni commento è superfluo; per meglio illuminare il lettore, diremo che, subito dopo, il Faldi veniva trasferito dalla Sovrintendenza al ministero, in apparenza promuovendolo, in realtà privandolo di una reale funzione operativa. Ma forse sono giuste le voci secondo cui a ciò non era estranea un'altra iniziativa «inopportuna» del Faldi, che dn tempo tentava di recuperare alla Galleria Nazionale d'Arte Moderna i locali occupati, quale abitazione privata, da una funzionarla in pensione, Bucarelli Palma. Costei infatti, sebbene collocata a riposo per sopraggiunti limiti di età sin dal lontano 1° aprile 1975, continuava e continua ad occupare un faraonico appartamento pur non avendo alcun titolo per l'alloggio demaniale. Federico Zeri