Musei tra i pozzi petroliferi

Musei tra i pozzi petroliferi DA SffiACUSA UNA PROPOSTA SENZA PRECEDENTI IN EUROPA Musei tra i pozzi petroliferi Li progettano i tecnici al lavoro nella Sicilia orientale, ricca di giacimenti - Inoltre, promettono di non danneggiare il paesaggio e di proteggere e agevolare l'area archeologica Si direbbe che i documentati allarmi di Italia Nostra, l'indignazione degli stranieri, gli accorati appelli degli studiosi siano penetrati nelle coscienze: a Siracusa si è tenuto un convegno, indetto dall'Associazione nazionale degli ingegneri e dalla Cassa del Mezzogiorno, intitolato «Difesa dell'ambiente e aspetto del territorio». Non s'è parlato di programmazione, finanziamenti e opere destinate allo sviluppo industriale d'una zona ricca di giacimenti petroliferi come la Sicilia Orientale, ma d'impedire che gli impianti danneggino il paesaggio e l'area archeologica e i centri culturali annessi. Anzi, gli uomini della tecnica e della produzione hanno promesso il loro aiuto affinché i luoghi destinati agli scavi siano protetti, resi accessibili attraverso strade fornite di cartelli didascalici, e vi siano edificati il mondo dell'industria e quello della cultura che forse non ha precedenti in Europa. Oltreché esporre un programma, il.Convegno ha redatto un bilancio: ed è positivo. Nell'ultimo decennio non si sono verificati più i disastri sia ecologici sia culturali degli Anni 60; il mare è tornato limpido, si ricomincia a vedervi le alghe e i pesci. 11 grido d'allarme lanciato da Silvana Mazzocchi su la Repubblica del 7 musei: una collaborazione ira ottobre scorso, che definiva Augusta una nuova Seveso, è, a quanto mi dicono, infondato, anche se con lodevole zelo si dedica una rigorosa vigilanza agli aspetti sanitari dell'indù- | strializzazione intensiva. I direttori delle rispettive zone archeologiche, G. Vallet che scava per l'Ecole de Rome e il sovrintendente alle Antichità di Siracusa, il professor Voza, danno notizie rassicuranti. E non si creda che l'incremento economico venga sacrificato o limitato a favore di pochi ruderi e qualche gruppo di turisti: qui si ricercano le radici lontane d'una cultura che ha influito in modo determinante e .duraturo sulla nostra; non si fa archeologia come si va a caccia, non di fagiani ma di pezzi rari da mettere in vetrina: qui si fa storia. Ricostruendo le fasi e le modalità di fenomeni sempre attuali — come l'emigrazione, la colonizzazione, la pianificazione delle culture e degli abitati —, si ricercano gli archetipi delle strutture sociali: non è antiquariato, è indagine sociologica. Prima delle recenti scoperte, gli studiosi della Magna Grecia si domandavano chi avesse indicato le rotte e gli approdi a quei giovani che nelI'VIII Secolo a.C. lasciarono la madre patria, portando con sé il fuoco dell'ara, un sacco di semi di cereali e. nelle piccole giare, le piantine di ulivo da trapiantare nella nuova terra; Berard suggerì che l'Odissea fosse la trasposizione in versi d'un «portolano» fenicio — un manuale di navigazione nel quale quegli esperti marittimi avevano registrato le correnti, i fondali bassi, le genti selvagge delle coste, gli scogli a fior d'acqua: insidie alle quali un cantastorie chiamato Omero aveva dato un volto e un nome, Scilla e Cariddi, le Sirene, i Lotofagi, i Ciclopi. o ò l l e a l a à Ma, a seguito degli scavi degli ultimi anni, si sa che fino dall'età neolitica popolazioni provenienti dalla Siria e dalla Mesopotamia si sono stanziate nelle Puglie, poi nella Sicilia Orientale: le ceramiche trovate a Stentinello, un villaggio co stiero del IV millennio a.C, sono le prime che rechino i segni d'una decorazione rudimentale, tracciala con l'unghia o con una conchiglia sull'impasto fresco; in epoca posteriore, è segnalata la presenza di genti venute da Micene a Thapsos (la penisola di Magnisi): una vera città, d'un chilometro di lato, fiorente dal XIV all'XI Secolo a.C. Dalla terra di Agamennone dunque pochi ardimentosi si erano trasferiti in Occidente, vi avevano aperto centri di importazione ed esportazione, 500 anni prima dei coloni veri e propri dell'età classica. A questi remoti insediamenti segui quel periodo di silenzio che si chiama Medioevo Greco: l'invasione dorica soffocò per quattro secoli almeno qualsiasi manifestazione di vitalità e di cultura in Grecia: poi, nelI'VIII secolo a.C. (negli stessi anni Omero scriveva l'Iliade) si ridestò lo spirito avventuroso, tipico dell'uomo greco. Ma questi non partì, come Cristoforo Colombo, verso l'ignoto: è possibile ipotizzare che i giovani che alzarono la prima vela nell'Egeo per recarsi nell'Arizona della preistoria, le vaste pianure italiche, avessero raccolto da una tradizione trasmessa di padre in figlio le notizie inerenti e conoscessero per sentilo dire i venti, le maree, le insenature propizie all'ancoraggio. Ulisse rappresenta forse l'immagine mitizzata di quegli avi remoti che, vincendo le difficoltà opposte dalla natura e dai popoli costieri, avevano segnato la strada. Lidia Storoni