Tre mostre in una, dono di Praga di Angelo Dragone

Tre mostre in una, dono di Praga TRASFERITE A TORINO DALLA BIENNALE DI VENEZIA Tre mostre in una, dono di Praga In 98 opere: la scultura cecoslovacca tra le due guerre, la «personale» del pittore Kupka e un «omaggio» dedicato al critico Vincenzo Kramar - L'eccezionale testimonianza dei Cubisti TORINO — La mostra 'Musei di Praga', uno dei punti salienti dell'ultima Biennale di Venezia, viene riproposta a Torino dove, sino all'll gennaio, rimarrà aperta alla Mole Antonelliana. L'iniziativa, nata dalla collaborazione tra la Regione Piemonte, l'Amministrazione civica e la Gazzetta del Popolo, offrirà a molti l'occasione per una vera e propria scoperta perché, sebbene la scelta interessi soltanto alcuni settori delle raccolte praghesi, le 98 opere che la compongono sono plU che sufficienti a documentare l'importanza delle Gallerie statali della capitale cecoslovacca, uno dei più bei musei d'Europa. L'attuale Galleria nazionale venne costituita nel 1945, sotto diretto controllo statale, riunendo nominalmente le collezioni conservate nei diversi palazzi della città. Vi si spazia così dalle cinquecentesche raccolte di Rodolfo II, che ne costituiscono il nucleo più remoto, alla Galleria d'arte moderna fonda ta nel 1910. Accanto ai più significativi esempi d'arte ceca primitiva, trovano posto importanti collezioni di maestri antichi, fiamminghi e tedeschi, italiani e olandesi, ma non meno gli esponenti dell'Impressionismo e dell'Astrattismo, compresi Renoir, Bonnard e Matisse, con dipinti di notevole spicco come la Coppia che danza al Moulin Rouge di Toulouse-Lautrec e il celebre Autoritratto in piedi con la tavolozza, di Rousseau, il doganiere, per non dire dei numerosi dipinti di Pissarro, Van Gogh, Picasso e Chagall. Assai ricco appare il quadro che si delinea sullo sfondo ideale di una città inconfondibile, di cui in apertura di caia- logo Luigi Carluccio sottolinea «la bellezza urbana, cosi unitaria, compatta e complessa», capace di costituire una presenza viva, anche nei confronti dei tre 'momenti' che caratterizzano l'esposizione, cioè le due retrospettive di Kupka (1871-1957) e di Otto Gutfreund (1889-1927) e l'.OmaggiO' a Viricene Kramar (1882-1973), che per ventanni, dal 1919 al '39, fu l'impareggiabile direttore dei Musei nazionali di Praga. Egli ebbe anche fama internazionale di studioso, storico e teorico del Cubismo, per farsi infine munifico donatore di gran parte della propria collezione al suo museo, cui in tal modo giunsero alcuni Braque e Derain di eccezione, un folto gruppo di Picasso d'epoca cubista, c una selezione di opere di cubisti cecoslovacchi, da Kubista a Sima e a Benes. I pochi nomi fatti rivelano già come l'intera mostra privilegi il rapporto tra Parigi e Praga, con un interscambio culturale che potè ad esempio vedere, nel 1902, il successo parigino di Alfons Mucha, affermato cartellonista dell'Art Nouveau, mentre Praga riservava trionfali accoglienze a Rodin. Dell'attrazione esercitata da Parigi è d'altra parte testimone in prima persona Frantisek Kupka. Entrato sedicenne alla Scuola di Belle Arti di Praga nel 1887, nel 1892 era a Vienna, ma nello stesso anno si recava a Parigi. Ciò nonostante Kupka, che muoveva dall'eccitazione visionaria delle sue prime composizioni simbolistico-narrative (La via del silenzio, Babilonia ecc.) con Tasti di pianoforte - Lago, del 1909, approdava a una singolare forma di astrazione. Al di là del breve incontro con Fauves ed Espressionisti, s'era subito sentito attrarre dallo spiritualismo di Kandisky e, se mai, dalle esperienze cromatiche di Delaunay. Aveva cosi elaborato un proprio suggestivo linguaggio (più composito che eclettico), mai dimentico della propria radice floreale, ma attento ai fattori dinamica-luminosi del colore, sicché fu per un suo dipinto che A pollili a ire usò per la prima volta il termine 'Orfico». Nelle sue opere Kupka intendeva soprattutto «rendere una specie di pittoresca geometria di pensieri». A Praga, intanto, il bronzo della Testa di Picasso modellata nel 1909, prima scultura cubista, era stato subito ac¬ quistato da Kramar e non tardò a far sentire il suo influsso sull'intero 'gruppo degli Otto» di cui, con Emil Filla e Bohumil Kubista, fece parte lo scultore Otto Gutfreund. Anch'egli un protagonista dell'arte cecoslovacca; soprattutto fra le due guerre quando, verso il 1920, divenne uno dei più impegnati interpreti dei nuovi 'Contenuti' con cui s'annunciò il realismo sociale. Accanto alle sue classiche immagini in legno o in terracotta policroma (Industria, La moglie dell'artista; figurano in mostra anche opere di altri artisti fortemente caratterizzate in tal senso, come le Lavandaie di Juan Lauda, i minatori e gli agricoltori di Karel Pokorny e vari ritratti di Kotrba, di Benda e Bedrìc Stefan. Verso la metà degli Anni Trenta una svolta si fece interprete di angosciosi presentimenti, mentre attraverso l'esperienza stilistica del «decò. tornava ad affiorare la pressione dei sentimenti. Sul piano critico la mostra dei Musei di Praga non manca di sottolineare l'intuizione anticipatrice di Vincenc Kramar, con la tempestività dei suoi acquisti che non poco hanno contribuito agli scambi culturali tra la Cecoslovacchia e il resto dell'Europa, coinvolgendo Parigi, qui, ma non meno, in realtà, l'esperienza mitteleuropea. Mente aperta e lucida, Kramar fu però sensibile anche alle suggestioni dei simboli se, come si racconta, egli aveva sempre conservato in un cassetto del proprio scrittoio, avvolta in un fazzoletto di seta, la mela di cui una volta Picasso s'era servito come modello per una natura morta. Angelo Dragone Bedrich Stefan: «Ragazza con assenzio», terracotta del 1924