Solo ruggine e erbacce nell'azienda dei sette miliardi evasi in Valsusa di Giuliano Dolfini

Solo ruggine e erbacce nell'azienda dei sette miliardi evasi in Valsusa La storia deirisomar, i due titolari sono fuggiti all'estero Solo ruggine e erbacce nell'azienda dei sette miliardi evasi in Valsusa SUSA — «Roma lasciaci lavorare». E Roma lasciava fare, anzi. Ma è da Torino, anche se con ritardi, che sono giunti impedimenti: mandato di cattura per omicidio colposo, truffa contrabbando e associazione a delinquere. Poi la Guardia di Finanza ha messo tutto sotto sequestro, dopo aver scoperto imposte evase per 7 miliardi. Lo slogan era stato dipinto a caratteri cubitali sui serbatoi delle raffinerie-deposito 'Abto* e 'Isomar* di S. Ambrogio in Valsusa, di Cesare Chiabotti, 65 anni, strada S. Vito Revigliasco 308, contitolare con il figlio Pietro, 32 anni, di Grugliasco, di questi impianti. I due sono scappati all'estero, secondo indiscrezioni in Sudamerica, dove hanno degli interessi. Ora i serbatoi di questi depositi sono vuoti, aggrediti dalla ruggine. Erbacce spuntano dai cortili; un cartello ammonisce da uno sgangherato cancello; «Cani feroci», ma non intimidisce più nessuno. Le colonne di trasformazione e di depurazione fanr.o parte dello squallido paesaggio di tank e tubazioni. E' di qui che l'ondata del petrolio e gasolio 'Corrotto* è partita per tutta la Pianura Padana ed oltre, fino alla colossale frode dei duemila miliardi. Cesare Chabotti era noto a molti, in Valle Susa. Un disinvolto imprenditore che passava come uno che avesse atteggiamenti anticonformisti e un po' bizzarri. I depositi di S. Ambrogio risalgono all'inizio degli Anni Sessanta. La società si faceva chiamare *Aìbo*. poi divenne 'Abto* e si aggiunse l'*Isomar*, con il figlio Pietro contitolare. In tutto non più di venti persone che lavoravano, ma il movimento delle autobotti era notevole, in particolare con la 'Peirolsole* di Candiolo, anch'essa inquisita. Dicono al comune di S. Ambrogio; «Quest'azienda ci ha portato più danni che profitto. Tanto che venne anche denunciata per inquinamento». Una notte, non si è mai saputo come, un serbatoio vuotò nei canali e nei prati circostanti un carico di olio minerale. Al Chiabotti, oltre agli slogan, piaceva una particolare efficienza. Pare avesse strutturato l'azienda con sistema militare. Ex capitano degli alpini, i suoi dipendenti erano stati trasformati in soldati, caporali, sergenti, tenenti, ecc. Ovviamente lui ne era il comandante in capo. Negli anni delle prime crisi petrolifere all'ufficio postale di S. Ambrogio si videro recapitare il testo di un telex da trasmettere a re Feisal d'Arabia. Il petroliere-capitano minacciava d'intervenire con le sue penne nere se i prezzi non fossero stati ribassati. «Un giorno Chiabotti mi chiese di cambiare il nome alla via della sua azienda — racconta il sindaco Vincenzo Blandino —, mi disse che via Pautasso non era adatta, occorreva un nome più illustre per i suoi impianti. Adesso saprei che nome dare a quella strada». Afa nell'Isomar si verificarono due gravi infortuni. Luigi Gerbac, un operaio, morì bruciato. Due anni dopo, nel 75, un sedicenne, Roberto Cano, rimase folgorato da una scarica di 3000 volt. Accumulando anche una ventina di denunce per violazioni alle norme antinfortunistiche, Chiabotti venne arrestato e poi scarcerato. Alla magistratura giunse una soffiata sugli intensi traffici di petrolio, gasolio, benzina, sproporzionati alle dimensioni dell'azienda. E così, invece dei soliti finanzieri di A vigliarla e dei funzionari dell'Utif di Torino, (l'ufficio che doveva verificare l'applicazione delle imposte sul carburante) giunsero un giorno nel '77 i sottufficiali della Tributaria. Cominciarono a sfogliare le montagne dei 'bugiardini*, gli «H ter 16» i documenti di accompagnamento del gasolio da riscaldamento e trazione. Per ogni viaggio di autobotte l'utile illecito era da 2 milioni e mezzo a 12. Saltarono fuori i nomi di decine di raffinerie collegate, che usavano sistemi analoghi a quelli del Chiabotti. Tra l'imputazione di omicidio colposo e quella di contrabbando (100 milioni di chili di gasolio) i due Chiabotti hanno preferito scomparire (dopo aver pagato 200 milioni di cauzione). Pare che la scorsa estate Cesare Chiabotti sia stato visto più volte in alta Valle Susa, a Oulx e vicino al confine di Claviere, nonostante il mandato di cattura. Poi il volo. Anche la moglie del Chiabotti, Daniela Rutar 63 anni, è imputata con Giampiero Nobbio di Giaveno, che fu direttore fino al 73; Mariangela Mosca, 35 anni, impiegata di Borgone di Susa; Giulio Agus, S. Antonino di Susa, autista; Angelo Giannini di Almese; Bruno Martin, 33 anni, di S. Ambrogio; Lino Tuniolo, Avigliana: tutti dipendenti dell'Isomar. Vi sono anche Tito Mastropietro e Angelo Baron, sottufficiali della Finanza di Avigliana. Insomma tutti pesci piccoli. Giuliano Dolfini