Quattro avvocati in arresto di Giuseppe Zaccaria
Quattro avvocati in arresto Quattro avvocati in arresto (Segue dalla 1* pagina) re le dichiarazioni di un detenuto comune, Mario Massimi, che aveva chiesto di incontrare il magistrato. Massimi aveva fornito informazioni di estremo interesse: a Roma il terrorismo «nero» si era riorganizzato, progettava attentati, e nel mirino c'era proprio Mario Amato. L'assassinio di Leandri, un giovane ucciso a Roma nel '79, era stato davvero uno sbaglio: la vittima avrebbe dovuto essere l'avvocato Arcangeli, già difensore di neofascisti ma poi ritenuto dai camerati un «traditore». Infine i mandanti: secondo Massimi a reggere l'organizzazione erano il professor Paolo Signorelli e Aldo Semerari, perito del tribunale di Roma. Quando si tratta di verbalizzare queste dichiarazioni il detenuto però ha paura, e si rifiuta. Mario Amato, informato della confessione, va a sua volta in carcere e tenta di convincerlo, senza la presenza del suo difensore che è proprio uno degli avvocati arrestati ieri, Paolo Andriani. Del colloquio col detenuto, la Digos informa il procuratore De Matteo con un rapporto. Qualche mese dopo, è proprio Amato a dichiarare dinanzi al Csm che l'aw. Andriani si è lamentato con lui e qualcuno dunque deve averlo avvertito. Dalle indagini successive il nome di quel «qualcuno» è emerso con una certa chiarezza: Giovanni De Matteo, procuratore capo allora In procinto di lasciare l'ufficio. La sera del 19 aprile, l'avvocato Andriani aveva telefonato a casa del procuratore chiedendogli un incontro urgente, e l'aveva ottenuto per il giorno dopo. I giudici di Bologna sono convinti che in quell'occasione, nel suo ufficio, De Matteo rivelò all'avvocato particolari del rapporto che è all'origine dell'assassinio di Mario Amato. De Matteo ha sempre negato con decisione questa circostanza, pur con qualche contraddizione fra la deposizone resa al Csm e quella, più recente, fornita al giudice di Perugia Arioti. Costante l'ex procuratore è stato però nell'addossare ogni eventuale colpa al suo vice Vessichelli. •Il rapporto l'avevo trasmesso a lui, sema nemmeno leggerlo*. A queste accuse, Vessichelli ha risposto sempre con sdegno. Ma anche lui divide adesso con De Matteo l'addebito della «rivelazione»: in questo caso il procuratore aggiunto avrebbe però fornito i particolari del rapporto ad un'altra persona, Aldo Semerari, perito del tribunale a lui legato da un rapporto di amicizia. Pochi goorni fa, Vessichelli si era dovuto recare nel carcere di Porli per un confronto col suo ex amico, ma le posizioni dei due sono rimaste inconciliabili. II passaggio logico dalla leggerezza dei magistrati all'utilizzazione che i legali avrebbero fatto delle informazioni ricevute, è poi abbastanza semplice. Andriani cercò di far ritrattare tutto al suo difeso. Vincenzo De Nardellis, dopo aver appreso le stesse cose durante un colloquio in carcere, ne avrebbe informato il collega Caroleo, e quest'ultimo a sua volta l'avvocato Cambi. Ancora una volta si tratta di attività che sono al limite del codice deontologico di un professionista. Per qualcuno, anzi, si tratta di comportamenti corretti. Diversi legali lo hanno sostenuto ieri in un'assemblea spontanea tenuta in tribunale. n consiglio dell'ordine degli avvocati e procuratori di Roma ha diramato un comunicato nel quale «esprime la più viva preoccupazione degli avvocati romani per un provvedimento di eccezionale gravità che può pericolosamente incidere sul libero esercizio del diritto di difesa, costituzionalmente garantito; considera inaccettabile il particolare di sfavore con cui è stata valutata la personalità degli imputati avvocati rispetto agli altri coimputati; chiede con estrema fermezza che gli organi inquirenti procedano con assoluta e doverosa urgenza al chiarimento della posizione dei colleghi arrestati*. Giuseppe Zaccaria
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