L'Urss ha detto di no (nei primi colloqui) agli Usa di Reagan
L'Urss ha detto di no (nei primi colloqui) agli Usa di Reagan Sonnenfeldt e Scowcroft a Mosca L'Urss ha detto di no (nei primi colloqui) agli Usa di Reagan Incontri con Arbatov - In particolare i sovietici respingono il rinegoziato dei «Salt-2» DAL NOSTRO CORRISPONDENTE MOSCA — I primi contatti fra il Cremlino e l'amministrazione Reagan non sono tra i più facili. Un'ombra di pessimismo è calata ieri sulla delegazione americana che, nell'ambito di un organismo operante sotto l'egida dell'Onu, è a Mosca da lunedi per il primo abboccamento post-elettorale fra Usa e Urss. I sovietici, a quanto ammettono gli stessi membri della delegazione, sono stati duri e inflessibili. Soprattutto hanno indicato, contrariamente a quanto taluni funzionari avevano lasciato intendere in privato nei giorni scorsi, che l'Unione Sovietica non è disposta a rinegoziare il trattato Salt-2 sulla limitazione delle armi strategiche, neppure su un piano formale. Della delegazione americana a Mosca fanno parte personaggi strettamente legati al nuovo presidente, e che quasi sicuramente avranno una parte di rilievo nella messa a punto e nell'esecuzione della sua politica estera. Sono il generale Brent Scowcroft, sicuro candidato al Consiglio per la sicurezza nazionale, se non al posto oggi occupato da Brzezinski; William Scranton, ex governatore della Pennsylvania ed ex ambasciatore Usa all'Onu; Helmut Sonnenfeldt, braccio destro di Kissinger. Per i sovietici questa poteva essere l'occasione per valutare a fondo le intenzioni della futura amministrazione americana. Anche la delegazione Usa riteneva di poter svolgere un incarico importante, tant'è che ha insistito — finora senza successo — per incontrare il vicepresidente Vasily Kuznetsov, che è anche membro supplente del Politburo. Ha visto, invece, Georgy Arbatov, il capo dell'Istituto per gli Stati Uniti dell'Accademia delle scienze, considerato il maggior consigliere del Cremlino sulle cose americane. Il primo incontro è avvenuto mercoledì (vi partecipava anche il vice di Arbatov, Oleg Bekov); il secondo ieri, in occasione di una colazione di lavoro offerta dall'ambasciatore americano Thomas Watson. «Si è parlato di tutto», ha dichiarato ieri sera Toby Gati, direttrice della United Nations Association che organizza la visita. Ma ha aggiunto sarcasticamente Lincoln Bloomfield, un membro della delegazione che ha anche fatto parte del National Security Council americano: «JVot tiriamo la palla, loro la raccolgono». Come dire che finora i russi hanno ascoltato, ma non hanno voluto scoprire le loro carte. f. gal. DAL NOSTRO CORRISPONDENTE NEW YORK — Al quartiere generale del futuro governo Reagan a cinque isolati dalla Casa Bianca, la missione esplorativa è definita «di invito e avvertimento insieme». L'invito è alla correttezza nei reciproci rapporti: la superpotenza americana chiede il rispetto delle relative zone d'influenza e degli mirrinunciabili interessi». L'avvertimento è che il dopo Carter porterà a un recupero di prestigio e di potenza militare, e alla volontà e capacità di adoperarli: il prossimo presidente non tollererebbe episodi come l'invasione dell'Afghanistan, né l'esportazione della rivoluzione nell'America Latina. n politologo Joseph Kraft ha interpretato il viaggio di Scowcroft e Sonnenfeldt a Mosca come un'espressione di cautela. Egli crede che Reagan abbia voluto evitare in questo modo «indebito allarme» nel Cremlino per le notizie apparse sui giornali. La presa di contatto sarebbe stata concordata con l'ambasciatore sovietico a Washington Dobrynin, tramite Kissinger. Il viaggo è però avvolto nella segretezza: nell'entourage dell'ex governatore della California nessuno rilascia dichiarazioni. Quanto a Reagan, sino alla fine della settimana riposerà nel suo ranch a Pacifica Palisade. Si recherà a Washington lunedi per una serie di incontri col presidente Carter. e. c.
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