I sospetti sui colleghi

I sospetti sui colleghi I sospetti sui colleghi Le comunicazioni giudiziarie, gli ordini di comparizione, gli ordini di cattura colpiscono ormai, sistematicamente, ad ogni livello, coinvolgendo tutti gli strati sociali compresi quelli più elevati per censo o per spicco professionale o per responsabilità di funzione. I magistrati del Pubblico Ministero, considerati nel loro complesso, oggi non guardano in faccia nessuno, neppure i loro colleghi. II dilagare degli scandali o, ad essere più precisi, il loro emergere in quantità sempre maggiori dalle ovattate penombra che compiacentemente o astutamente li nascondono, rappresenta la conseguenza diretta, addirittura immediata, di questa più spassionata metodologia indagatrice. Certamente, grande è lo sconcerto dell'opinione pubblica, profondo il malessere che si diffonde in essa. Vi ha anche la sua parte il timore che talune accuse abbiano, dopo un vaglio più attento, a rivelarsi infondate. Come pure il timore che la loro semplice enunciazione si presti a strumentalizzazioni di ordine politico, economico o professionale. Ma, ad evitare di accrescere ancor più l'atmosfera di confusione e di disagio che ci avvolge, occorre guardarsi dalla tentazione del fare di ogni erba fascio anche sotto un altro profilo: non sollevare un unico, enorme, polverone che rimescoli tutte assieme le vicende più clamorose. Poiché le coincidenze cronologiche sono spesso puramente casuali, è alla sostanza delle cose, al tipo delle accuse, alla natura dei moventi che bisogna guardare. Il fatto che, mentre sul fronte dei traffici petroliferi infuriano le rivelazioni e si intrecciano le inchieste, la procura della Repubblica di Bologna abbia formalmente incriminato, con un ordine di comparizione, due magistrati e, con un ordine di cattura, quattro avvocati romani, non significa che i rispettivi addebiti siano il sintomo di un medesimo tipo di male. Anche se è innegabile che, in definitiva, ogni illegalità commessa a livelli diversi o con connivenze a largo raggio, tanto più se foriera di gravissime implicazioni materiali, si risolve in un tradimento dei valori su cui si regge una repubblica democratica, indebolendone l'immagine, non è assolutamente possibile porre sullo stesso piano un'indagine che cerca di smascherare losche manovre frodatone, a vantaggio di singoli individui o di raggruppamenti politici, ed un'indagine che si preoccupa di far luce su tutti i risvolti della vicenda sfociata nell'assassinio di Mario Amato. Proprio l'estrema gravità «storica» di questo assassinio che, per l'atmosfera in cui è maturato, ha creato una lacerazione senza precedenti nell'apparato statale, spiega ampiamente la linea di fermezza adottata dalla procura della Repubblica di Bologna. Nessuna ombra deve rimanere, neppure a livello di eventuali rivelazioni di segreti d'ufficio (è l'imputazione mossa ai due magistrati) o, peggio, di favoreggiamenti personali (è l'imputazione mossa ai quattro avvocati, oltre a quella di concorso nel reato precedente). Può essere doloroso dubitare di un collega, ma i riverberi che dalla morte di Amato si estendono su crimini precedenti e su crimini successivi. Tino alla strage della stazione ferroviaria di Bologna, esigono decisione estrema. Ed anche celerità. Nell'interesse di tutti, compresi i sospettati che dovessero risultare innocenti. Giovanni Conso

Persone citate: Giovanni Conso, Mario Amato

Luoghi citati: Bologna