L'Europa nella morsa tra Usa e Giappone di Renzo Villare

L'Europa nella morsa tra Usa e Giappone Nel nostro continente previsto il mantenimento dell'attuale domanda, ma cresceranno le importazioni L'Europa nella morsa tra Usa e Giappone Per poter avamare ipotesi I su quella die sarà l'evoluzione del mercato automobilistico mondiale nei prossimi anni occorre ricordare come il settore sia passato, in meno di un decennio, attraverso due grandi crisi energetiche die se non hanno sovvertito il significato e il ruolo dell'automobile, filarino certamente posto sotto una luce diversa con una diversa proiezione, appunto, per quello che sarà il suo sviluppo futuro. Diciamo subilo che esiste una profonda divergenza tra la prima crisi petrolifera del 197! e quella attuale. E' pertanto importante definire con precisione le particolarità di questi due momenti storici per poter avamare previsioni. Nel 1971 la crisi energetica si era presentata come un fatto accidentale. Un'improvvisa impennata del presso del petrolio aveva costretto la civiltà occidentale ad un affrettato esame dei suoi livelli di efficienza. Purtroppo i comportamenti emotivi avevano avuto, in alcuni casi, la meglio su quelli razionali ed è stato certamente il caso italiano. Le famose «domeniche a piedi- e tutta una politica governativa di mortificazione dell'automobile erano state la conferma di una improvvisazione e di una insensibilità nei confronti del problema, quanto mai deprecabile. Nessuno aveva messo in discussione il carattere «acci-, dentale- della crisi, tanto è vero che. fatta eccezione per alcuni costruttori, non si erano verificati importanti adeguamenti della gamma dei prodotti. Le grandi Case tedesche, ad esempio, avevano continuato a costruire le loro grosse cilindrate come Mercedes e Bmu: Dopo il 1971. con la sola eccezione del mercato italiano, la domanda europea aveva ripreso la sua crescita mantenendo fede alle previsioni degli esperti, con un incremento fra il 2 e il 1 per celilo ali anno. Oggi i termini del problema sono radicalmente cambiati. Ad una crisi congiunturale (prezzo del petrolio) si è aggiunta una più grave crisi strutturale. La prima ha portato ad un'accentuata caduta della domanda mondiale proprio in un momento in cui le principali Case automobilistiche sono protese in uno sforzo di rinnovamento sul piano del prodotto, sospingendo le meno forti sull'orlo della marginante: la seconda riguarda, invece, il riassetto profondo. forse il più significativo della sua storia, del settore automobilistico mondiale. Una diversa concezione del prodotto e del modo di produrre si sta imponendo. sconvolgendo molte delle tradizionali regole del gioco. A tutto questo si aggiunge un terzo problema, diverso dai primi due. ma non per questo meno importante: il nuovo ruolo dell'industria automobilistica giapponese. Con una produzione di quasi 10 milioni di vetture l'anno, con un mercato interno in grado di assorbire meno di un terzo di tale cifra, la loro necessità di vendere sugli altri mercati è in crescente aumento. Aiutati da una polìtica di svalutazione dello yen. approfittando di una situazione sociale che comporta livelli di produttività non confrontabili con quelli caratteristici dei costruttori nordamericani ed europei, essi hanno aperto la caccia ai mercati esteri. Grazie ad un prodotto semplice ma affidabile e. soprattutto, a prezzi di listino contenuti raggiungibili attraverso la completa assenza di conflittualità, un orario di lavoro complessivamente superiore a quello europeo Idi qui la loro elevata produttività), hanno ottenuto un grande successo negli Stati Uniti. Oggi che il governo americano comincia ad essere seriamente preoccupato per questa «invasione pacifica- da parte del Sol Levante e corre ai ripari attraverso limitazioni alle importazioni di vetture, i giapponesi stanno guardando all'Europa con sempre maggiore interesse, prendendo iniziative di ogni tipo. Il recente accordo tra l'Alfa Romeo e la Nissan, ad esempio, può essere visto in questo quadro di maggiore aggressività commerciale nei confronti dell'Europa. Tale strategia, decisa quanto improvvisa, ha colto impreparate diverse nazioni euro¬ pee tanto che la Germania, da sempre accanita sostenitrice di una politica commerciale basata sul libero scambio, ha Visio salire al 10 per cento la quota di penetrazione delle vetture nipponiche. Ciò ha portato la Volkswagen a denunciare pubblicamente, attraverso una dichiarazione del suo presidente, un sovrastock di 100 mila vetture Golf. Detto questo, si può dire che nel 19S5. ossia nei prossimi cinque anni, la domanda in Europa non muterà di molto rispetto a quella attuale tanto die le previsioni vanno dai 10.'' milioni di vetture vendute nel 1979 a 11.5 nel 1985. La quota coperta dai produttori non europei dovrebbe triplicarsi, sino a raggiungere tre ! milioni di unità. Di questi, | due milioni potrebbero essere di provenienza giapponese. La fetta di mercato a disposizio- l «e degli europei è. quindi, de- \ stillata a contrarsi pesante- \ mente: da 9.1 milioni nel 1979 I [ ; i I ! i I ! | l \ \ I a 8.4 nel 1985. Sul piano dell'occupazione, pertanto, risulterebbero in eccesso circa HO mila lavoratori. Per tornare a tempi più brevi, alla fine di quest'anno la domanda in Europa sarà caduta di circa il 10 per cento e nel 1981 sarà di un altro due percento. In questo panorama. l'Italia rappresenta un caso anomalo. La più lenta ripresa del nostro mercato dopo la crisi del 1971. l'anzianità del parco auto, la spinta inflazionistica che spinge gli utenti a non prolungare ulteriormente gli acquisti, ha fatto si che quest'anno [ l'Italia si sia adeguata ai ri; sultati raggiunti nel resto i d'Europa negli anni scorsi. Alla fine di quest'anno il nostro mercato avrà assorbito I 1.650.000 automobili con un ! incremento del 18 per cento sul 1979. Un dato anomalo nel panorama europeo, che ha i fatto dell'Italia un vero e proI prio campo di battaglia per i ; costruttori stranieri: con mer! cafi interni in diminuzione. ; Renault. Volkswagen. PeuI geot hanno orientato tutti i I loro sforzi per acquisire quote I sempre più rilevanti sul mercato italiano. Nonostante questo vivaciz- j | sarsi della concorrenza, la i Fiat ha resistito bene, aumen- j | rondo la sua percentuale piii I di quanto sia cresciuta la do'■ manda. Le previsioni a fine I unno parlano di una quota Fiat-Auto (Fiat. Lancia e Auj tobianchi) dell'ordine del 51.5 I per cento. Una quota molto ! importante, perché ottenuta \ in un anno che ha comportato perdite pesantissime di proi duzione per una vertenza che ! ha paralizzato completamente l'azienda per oltre un mese. ! Nel 1981 si prevede ancora un 1 mercato positivo, anche se in : misura meno marcata di quel; Io del 1980. con una ipotesi di | 1.min.non vetture. Per riassumere, si può dire j che nel 1981 e nel 1982 il mercato europeo attenuerà la cadula di domanda per riprendere a salire nel 198". 1984 e 1985. Per l'Italia, come si e detto, dovrebbe esserci ancora un 1981 migliore rispetto al resto dell'Europa, per poi allinearsi sugli standard europei Un discorso a i il mercato Usa. La sua crisi e certamente di domanda (due milioni di unità in meno nei primi io mesi, rispetto allo stesso periodo '79i. ma anche di struttura. I costruttori i u MI enea Ni si trovano a dover gestire, in questo momentocosi delicato, il completo rinno¬ i;1!!j',iiparte merita vo della loro gamma, rinnovo che. a sua volta, comporterà nuovi problemi per gli europei. Con un mercato in forte calo c con la prospettiva di avere tra breve vetture compatibili per dimensioni, consumi c prestazioni a quelle europee (la nuova Escori è il primo segnale), il fenomeno già verificatosi per il prodotto giapponese si riproporrà per quello statunitense. Del resto il progetto « World car- è un progetto con destinazione chiaramente europea. Renzo Villare Milion di unita' 25 H CIRCOLAZIONE DI VETTURE IN ALCUNI PAESI EUROPEI FRANCIA GERMANIA GRAN OCC. BRETAGNA ITALIA SPAGNA URSS