Quella villa di Pollone di Marcello Soleri

Quella villa di Pollone L'abitazione estiva di Croce svaligiata nel Biellese Quella villa di Pollone Il celebre filosofo napoletano vi soggiornò dal 1938 al 1942 incontrandosi con maestri e giovani intellettuali antifascisti, da Flora a Laterza a Marcello Soleri Una villa svaligiata a Pollone: mobili e quadri per una cinquantina di milioni. Si direbbe uno dei tanti furti quotidiani che non fanno più notìzia, che riguardano soltanto i diretti interessati. Ma questa volta è diverso. La villa era di Benedetto Croce e per qualche anno è stata come un faro in una cupa notte. Afferma Norberto Bobbio: «Non c'è stata citta, ad eccezione naturalmente di Napoli, in cui l'influsso crociano sia stato tanto grande e duraturo come Torino. Legato anche familiarmente alla nostra città (sua moglie era torinese) Croce veniva spesso a trascorrere le vacanze in Piemonte con la famiglia, prima a Meana di Susa e poi a Pollone, nel Biellese.. Il filosofo aveva acquistato una casa contadina tranquilla e molto sobria, che la moglie aveva riadattato con buon gusto. La famiglia venne a passarvi l'estate dal 1938 al '42. A Sordevolo, vicino a Pollone, trascorrevano le vacanze nella loro villa Franco Antonicelli e la moglie Renata Germano. Cosa furono quelle estati, memorabili e irripetibili. Pollone e Sordevolo si riempivano di maestri e di giovani intellettuali della generazione postgobettìana. Era un via vai perché, ricorda Bobbio, «oltre che punto di riferimento per un impegno politico antifascista, Croce fu maestro di vita morale-. Una luce per tutti, che brillava in quegli anni foschi (il fascismo trionfante, poi la vigilia di guerra e la guerra). La signora Renata Germano Antonicelli ricorda alcuni nomi di quella straordinaria comunità: Ada Marchesini Gobetti, l'editore Laterza, Francesco Flora, il marchese Alessandro Ca¬ sati, Riccardo Balsamo Crivelli, lo storico Luigi Salvatorelli e Mario Vinciguerra, il professor Cosmo, Mario Fubini, Zino Zini e Della Corte, Francesco Bernardelli, Marziano Bernardi, Marcello Soleri, Anton Dante Coda, Carlo Linati, il professor Colonnetti. Il gruppo di Pollone e quello di Sordevolo si incontravano ogni giorno sulla strada a mezza costa tra i due paesi, una passeggiata tra gli alberi. Croce aveva più di settantanni, un poco claudicante, camminava aiutato dalla figlia Lidia. La sera si trovavano a conversare in una villa o nell'altra. «Croce sembrava severo, dava impaccio» io avrebbe poi ricordato Franco Antonicelli. «Ma era buono e pazientissimo e generoso con chi avesse non dico talento ma un po' di sincera curiosità. Ricordo di avere appreso da lui una lezione di vita umile e senza fasto, dignitosa senza solennità eroica, una lezione di vivere umano». Erano vacanze con parecchie ore del mattino e del pomeriggio passate alla scrivania. Il filosofo divideva il grande tavolo dello studio con Antonicelli: uno da una parte, l'altro dall'altra lavorando in silenzio. Una volta, ricorda la signora Renata, Croce ruppe quel silenzio e, prendendo dal cassetto un modulo chiese: «Sentite, Antonicelli, voglio chiedervi una cosa.. «Dite, senatore...». «Sapete come si fa a compilare un vaglia?». Mortificato, Antonicelli rispose di no: mai spedito vaglia. E ripresero a lavorare in silenzio, Croce intingendo la penna nell'inchiostro inglese che aveva sempre usato. Alla fine dell'estate, prima di lasciare Pollone e gli amici, il filosofo scriveva un «saluto riassuntivo della stagione» sul diario della signora Renata Germano Antonicelli. Al saluto del primo anno, il 2 ottobre 1938, fa seguire un 'piccolo Lied» di Goethe da lui tradotto. L'anno seguente (VII ottobre 1939 e c'è già guerra in Europa) col solito inchiostro inglese scrive: •Segno la nota della seconda villeggiatura in Pollone anche con la traduzione di alcuni versi di Goethe. Sono nel primo Faust e ri traggono in pochi tratti incisivi in Sorge quella che i latini dicevano "atra cura" e noi chiamiamo "preoccupazione". Mi pare che giovi tener presente la descrizione goethiana di una malattìa diventata acuta ai giorni nostri e della quale tutti soffriamo. •Annidasi la cura in fondo al cuore / colà distilla il chiuso suo dolore i s'agita e riso e pace in un discaccia; / con sempre nuove maschere minaccia i or di casa e sostanza e figli e moglie, i or di fuoco e veleno e ferro acuto; / tremar ti fa del mal che non t'incoglie, i piangere per un ben non mai perduto!'. L'anno seguente (4 ottobre 1940) è più. amaro il congedo del filosofo che vede lontano: 'Terzo anno! Due mesi di tranquillità, di riposo e di lavoro, pur sema gioia, che ci è vietata e che noi stessi ci vietiamo. E senza gioia si torna ora alle nostre case di città alle quali si era soliti ritornare con rinfrescato amore e con ravvivato affetto». Ancora due saluti, alla fine delle vacanze del '41 e del '42. L'estate seguente Croce non è più venuto a Pollone. La comunità si è dispersa. Le ville degli studi, delle buone conversazioni, della cultura persistente e vitale, sono diventati rifugio per sfollati e poi nascondigli per ebrei e perseguitati. Luciano Curino