La delegazione Usa partita da Algeri con un nulla di fatto per gli ostaggi

La delegazione Usa partita da Algeri con un nulla di fatto per gli ostaggi Teheran ha rifiutato di inviare rappresentanti per trattare La delegazione Usa partita da Algeri con un nulla di fatto per gli ostaggi DAL NOSTRO CORRISPONDENTE NEW YORK — La delegazione americana incaricata di negoziare il rilascio degli ostaggi dell'ambasciata americana a Teheran ha ieri lasciato improvvisamente Algeri per tornare a Washington. La sua permanenza nella capitale araba è durata un giorno e mezzo. Il massimo riserbo circonda le ragioni del rientro, ma sembra che il regime di Khomeini abbia respinto una richiesta degli Stati Uniti di mandare a sua volta una delegazione in Algeria. Il Dipartimento di Stato sperava che trattative concrete potessero avere inizio. Aveva affidato la missione al sottosegretario, Christopher, accompagnato dal collega del Tesoro, Caswell, e dal direttore per gli Affari mediorientali, Saunders. La partenza della delegazione da Algeri è avvenuta dopo un colloquio di quattro ore tra Christopher e il ministro degli Esteri algerino Benyahia, il secondo in un giorno e mezzo. La risposta americana alle quattro condizioni dell'Iran per la liberazione dei prigionieri era stata inoltrata a Teheran già lunedi. Ma ieri, mentre il sottosegretario di Stato e l'ospite parlavano, la radio iraniana annunciava misteriosamente che «sia Algeri che Washington mantenevano il silenzio» sugli ostaggi. Il presidente Carter, che è ritornato alla Casa Bianca dopo una settimana di riposo a Camp David nel Maryland, ha indetto per oggi una riunione di gabinetto per discutere la crisi. La svolta non è considerata disastrosa. Si pensa invece che il regime di Khomeini abbia bisogno di tempo per studiare la controproposta ame¬ ricana alle sue quattro condizioni, due delle quali — la rinuncia al risarcimento danni e l'impegno alla non interferenze — Sono state accettate dal governo Usa. La controproposta spiega che le altre due, la restituzione dei fondi congelati e delle ricchezze dello Scià, sono difficili da realizzare. Sui fondi stanno cercando di rivalersi le aziende americane che hanno perso capitali in Iran. Quanto al- le ricchezze di Reza Pahlavi, il governo Usa non ha di esse alcuna giurisdizione. La natura della missione di Crhistopher —avviare trattative concrete — era stata svelata dal Dipartimento di Stato, yn portavoce aveva definito «costruttiva» la mediazione algerina. Non si prevedeva perciò il rientro immediato della delegazione, che com prendeva anche avvocati e interpreti. Il Dipartimento di Stato ha messo in rilievo che negoziti sono nell'interesse sia degli Stati Uniti che dell'I ran. Anche se non ricevesse forniture militari in cambio dei prigionieri, l'Iran riavrebbe i fondi e potrebbe fare gli acquisti di materiale bellico necessari contro l'Iraq sui mercati internazionali. L'obiettivo americano, ha insistito il portavoce, non è tuttavia solo il rilascio degli ostaggi, ma anche la fine della guerra nel Golfo Persico. Washington ha annunciato che intensificherà gli sforzi per promuovere una nuova mediazione dell'Onu. Gli Stati Uniti sono preoccupati per l'allargamento del conflitto, e temono che la sospensione delle forniture petrolifere dell'Iran e dell'Iraq causi gravi danni all'Occidente. Temono anche un blocco del Golfo, sia pure per un breve periodo. A questo proposito, un drammatico grido d'allarme è stato lanciato dall'ufficio Bilancio del Congresso, presieduto dall'economista Elice Rivlin. In un rapporto pubblico, l'ufficio del Bilancio ha affermato che se la navigazione nel Golfo Persico fosse interrotta per un anno, gli Stati Uniti subirebbero un crollo del prodotto nazionale lordo del 10 per cento in termini reali. Le loro importazioni di petrolio diminuirebbero infatti di due terzi, circa 5 milioni di barili al giorno. Gli Stati Uniti ricevono dalla sola Arabia Saudita 3 milioni di barili al giorno, equivalenti a un sesto di tutti i loro consumi di energia. Il rapporto sostiene che l'economia occidentale .cadrebbe in ginocchio», e afferma che la superpotenza non potrebbe in alcun caso assistere alla chiusura degli Stretti di Hormuz senza intervenire. Ne andrebbe dell'integrità occidentale, e. c.

Persone citate: Elice Rivlin, Khomeini, Reza Pahlavi, Saunders