II leader iracheno minaccia un 'escalation centro 'lran di Mimmo Candito

II leader iracheno minaccia un 'escalation centro 'lran Nessuna apertura dalla conferenza stampa di Saddam Hussein II leader iracheno minaccia un 'escalation centro 'lran L'ombra dì una nuova guerra per le tre isole iraniane che controllano lo Stretto di Hormuz - Dietro le bellicose dichiarazioni il desiderio di uscire dalla trappola della guerra? DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE BAGHDAD — La guerra dunque continua, fosse anche per cinque anni ancora. Saddam Hussein l'altra sera è stato più duro che mai: nessuna concessione, niente segni di apertura verso Teheran. Anzi, ha tirato fuori due fantasmi che erano scomparsi lentamente con le paure che avevano riempito questi primi mesi dell'invasione irachena: la minaccia d'una nuova guerra per le tre isolette arabe del Golfo, e la divisione dell'Iran. A questo punto, il mondo occidentale dovrebbe ricominciare a preoccuparsi davvero, perché il rischio che le fiamme del conflitto s'estendano a tutta quest'immensa polveriera di petrolio cresce insieme con le notizie amare che arrivano da Madrid. Sotto le parole ferme del leader iracheno c'è però un segno di debolezza, l'angoscia d'un Paese che vince la guerra, ma vi resta impantanato fino a non saper più come tirarsene fuori. E il pericolo maggiore — più che nell'orgoglio di Hussein, o nelle sue minacce di scatenare nuovi diavoli di guerra — sta proprio in questa trappola drammatica, che lo fa paradossalmente vittorioso e sconfitto allo stesso tempo. Una guerra che si cronicizza, o anche si estende lentamente dentro le acque del Golfo, non appare infatti sopportabile a lungo nella crisi dei rapporti tra le due grandi potenze: questo non è il Libano, e più si va avanti, più si rischia di non poter fermare la macchina della guerra. Il segno dell'estrema delicatezza della situazione sta nella conferenza stampa dell'altra notte. E' stata una messinscena grandiosa, con 250 giornalisti di tutto il mondo piovuti fin qui ad aspettarsi chissà quale rivelazione: un ritiro di truppe, una tregua, perfino una proposta di pace. Tutto era pronto per il clamore della sorpresa, la dichiarazione imprevedibile che avrebbe cambiato la cronaca di questa guerra. Invece c'è stata soltanto la ripresa di posizioni ormai note e scontate, con in più semmai la chiosa preoccupante di qualche •nuova» minaccia. Poiché appare legittimo pensare che questo grande sforzo organizzativo non possa partorire solo il topolino di frasi e parole conosciute ormai a sazietà, 11 «messaggio» della conferenza stampa va letto in un altro modo: che Hussein ha voluto convocare i rappresentanti dell'opinione pubblica mondiale proprio per farsi dare una mano a uscire dalla trappola della guerra. In altre parole, riportando su tutti i giornali e in tutte le tv del mondo l'intransigenza del leader iracheno, la stampa internazionale di¬ venta uno strumento di pressione. Verso l'Iran (al quale conferma la volontà di Baghdad di non mutar linea), ma soprattutto verso le grandi potenze e gli organismi di mediazione diplomatica. La minaccia di un'escalation rafforza questa pressione, e sollecita interventi immediati. Quali, però, non lo sa nessuno, forse nemmeno Hussein. La conferenza è andata avanti per tre ore in un'atmosfera allucinata, dove la marzialità approssimativa ma minacciosa dei pretoriani del presidente stonava con l'aria di teatrino di provincia del sipario di velluto dorato. Chi s'è preso le battute più dure è stato, naturalmente, Khomeini, che, se l'America è il diavolo, lui è il gran diavolo, l'unico vero gran diavolo. Hussein lo diceva rìdendo, e l'uditorio di funzionari iracheni in grisaglia o in gessato nero applaudiva soddisfatto e allegro. Chi ci stava attento, notava comunque che Hussein ha distinto assai bene tra Iran e Khomeini, lasciando le indemoniature solo al gran vecchio di Qom. Le cose più importanti dette in queste tre ore son tutte qui: 1) i territori occupati, e le nuove conquiste — anche quelle petrolifere — saranno tenuti finché l'Iran non riconoscerà i diritti iracheni; 2) la guerra è cominciata il 4 settembre, con pesanti incursio¬ ni e bombardamenti iraniani, il 23 è stata data soltanto una risposta all'aggressione; 3) se la guerra continua, il problema d'una divisione dell'Iran diventa una realtà di fatto; 4) l'economia irachena è molto salda, il nuovo piano quinquennale sta per partire, il petrolio riprenderà a sgorgare assai presto; 5) l'America è già dentro al conflitto, perché ha rifornito l'Iran attraverso il mercato nero delle armi; 6) saranno premiati quanti non sono scappati per la guerra (le imprese bulgare, jugoslave e giapponesi), gli altri sconteranno il loro comportamento. Durante la conferenza stampa è suonato l'allarme aereo, il primo allarme notturno da quasi un mese a questa parte, ed è stata sospesa l'energia elettrica. I pretoriani si sono stretti sul palco attorno al loro presidente, con i fasci dei fari diretti verso il pubblico per controllare chissà che cosa (c'era stata un'accurata perquisizione dei giornalisti e un lungo controllo di registratori e cineprese). Hussein sorrideva e sudava, sudava e sorrideva, niente poteva nascondere una buona punta d'imbarazzo. Khomeini forse non è proprio belzebù, ma, diavolo d'un vecchio, chi glielo aveva detto che proprio in quel momento Hussein stava parlando davanti ai giornalisti di tutto il mondo. Mimmo Candito

Persone citate: Khomeini, Saddam Hussein, Saddam Hussein Ii