La sfida continua di Bernardo Valli

La sfida continua La sfida continua Per tre mesi la Polonia ha vissuto, tra speranze e timori, avvenimenti senza precedenti nell'Europa Orientale. Un movimento di massa, senza tendere alla conquista del potere, ha sfidato il regime chiedendo un diritto al tempo stesso elementare e fondamentale: la libertà sindacale, giudicata superflua o sottintesa in un Paese a socialismo reale (o realizzato), dove si presume che la classe operaia incarni le istituzioni. Ieri Lech Walesa e i suoi amici hanno raggiunto formalmente il loro obiettivo. Accettando lo statuto di «Solidarietà» nella sua versione originale, cosi come l'avevano redatto i dirigenti dei sindacati indipendenti, senza le correzioni del giudice Zdzisia iCoscielnak riguardanti il primato del partito (adesso riconosciuto in un documento a parte), la Corte Suprema di Varsavia ha dato il crisma della legalità ai controversi accordi sottoscritti a Danzica dai capi dello sciopero d'agosto e dal rappresentante del governo, il vicepri.no ministro Mieczyslaw Jagielski. Con quella sentenza scatta un processo democratico, sia pur limitato alla vita sindacale, di cui è difficile prevedere gli sviluppi in Polonia e le conseguenze nei Paesi vicini. I precedenti tentativi di modificare le strutture di un regime nell'Europa Orientale avevano condotto automaticamente negli ultimi trentacinque anni a tragedie nazionali che nessuno ha dimenticato. Ponendosi un obiettivo «limitato», che non mira a sottrarre il potere a chi lo detiene per una «ragion di Stato» contro cui nulla si può, Lech Walesa ha dimostrato di avere tratto insegnamento dal passato. Tuttavia non è soltanto questa sua saggezza — unita all'ampiezza e all'autocontrollo del movimento di massa — che gli ha consentito di strappare la vittoria d'agosto e quella di ieri. La debolezza del partito operaio unificato polacco l'ha favorito nella prima fase, ma è proprio quella fragilità che segna i limiti del successo, e che potrebbe rendere ardua la pratica quotidiana delle libertà sindacali conquistate. Le minacce scagliate ancora ieri mattina da Praga in direzione di Varsavia, gli avvertimenti lanciati da Berlino Est, le manovre militari polacco-sovietiche organizzate proprio mentre era ancora nell'aria la possibilità di uno sciopero a scacchiera, tutti questi segnali rivelano con quale stato d'animo i sovietici e i loro alleati accolgono le conquiste dei sindacati indipendenti polacchi. Fin dall'inizio le hanno subite. La spina polacca è troppo difficile da strappare. Il Cremlino ha quindi deciso di applicare una cura più lunga, con la speranza che il partito polacco, una volta irrobustito, riesca a riassorbirla. A Stanislaw Kania in visita a Mosca, alla fine di ottobre, Breznev avrebbe consigliato di salvare le apparenze e di presentare il sindacato di Walesa come reincarnazione di quello ufficiale, rivelatosi non solo inefficiente ma dannoso. Grazie a questa formula il blocco comunista potrà sopportare lo scandalo di Varsavia per un certo tempo. Stanislaw Kania ha cosi ripreso fiato, e, quel che conta, un po' d'autorità all'interno del partito. Con l'appoggio di Breznev, egli ha potuto comunque dar via libera alla Corte Suprema, che ieri ha respinto la correzione fatta dal giudice Koscielnak allo statuto di «Solidarietà», subito interpretata come una provocazione dai dirigenti sindacali. Koscielnak avrebbe agito per ordine o con la copertura degli oppositori di Kania, per conto cìi coloro che vorrebbero strap¬ pargli la guida del partito. Uno sciopero avrebbe infatti probabilmente decretato la sua fine politica. La benedizione ricevuta al Cremlino ha permesso al primo segretario di mantenere gli impegni assunti con gli accordi di Danzica e di respingere per il momento gli oppositori. Ma egli non ha il completo controllo del partito, dove i nazionalcomunisti di Mieczyslaw Moczar, ex ministro degli Interni ed epuratore del '68, continuano a guadagnare terreno. Con il discorso pronunciato la settimana scorsa, Moczar ha accettato «il rinnovamento» imposto dai sindacati, ha persino elogiato gli ebrei per il loro contributo alla grandezza della patria polacca, cercando di far dimenticare il suo passato antisemita. Ma il «rinnovamento» Moczar vorrebbe gestirlo personalmente o attraverso i suoi uomini, con il suo stile, che non è mai stato liberale. I nazionalcomunisti, nel passato, non hanno suscitato l'entusiasmo di Mosca, nel futuro potrebbero tuttavia costituire una carta di ricambio, visto, oltretutto, che sono forti in un partito debole e che amano l'ordine e il potere. Bernardo Valli