È insidiato dal cemento il paese che fu fondato assieme a Roma

È insidiato dal cemento il paese che fu fondato assieme a Roma La speculazione edilizia arriva anche nella gola del Treja? È insidiato dal cemento il paese che fu fondato assieme a Roma Un centinaio di costruzioni in calcestruzzo sono sorte lungo la strada che taglia la selvaggia e incontaminata valle a quaranta chilometri dalla capitale Lo scempio potrebbe investire tutto il celebre «cammino degli etruschi» VITERBO — Sono state gettate le prime pietre della distruzione di un affascinante paesaggio etrusco rimasto intatto a poche decine di chilometri da Roma: la gola del Treja, quaranta chilometri di natura primigenia ricca di Inesplorati avanzi archeologici tra cui si dà per certa un'intera necropoli pre-romana. 81 tratta (per ora) di un centinaio di squallidi parallelepipedi di calcestruzzo quali si usano per dighe e porti, proprio nel tratto più accessibile e panoramico dove una provinciale che collega la Cassia alla Flaminia taglia la valle selvaggia. Disposti a muraglia a lato del ponte sul Treja e alla radice di un monte che fu sacro nell'antichità (Monte Li Santi), questi pletroni squadrati sconvolgono l'orografia dello scrosciante fiumiciattolo che saltella sotto una magnifica volta verde, che ora in quel punto è stata ab- battuta. E offendono lo scenario che si spalanca improvviso (rosse pareti a picco e pinnacoli di tufo coperti a primavera di licheni e di fiori sprofondano nel folto lussureggiante tra argentee nebbie fumanti) quando dal brullo altopiano si scende lungo la tortuosa provinciale nel cuore della valle per poi risalire verso l'antichissimo paesino di Calcata (pare sia contemporaneo di Roma) annidato in cima a un torrione di roccia tufacea, gemello della più celebre e non lontana Civita di Bagnoregio. Mentre si attende il vincolo paesaggistico su tutta la gola, promosso da «Italia Nostra» e già in avanzato studio all'assessorato urbanistico della Regione Lazio (ma l'iter è come al solito lungo e complesso) ecco che si sta perpetrando con sospetta solerzia un ennesimo guasto al patrimonio italiano dovuto alla cecità di chi dovrebbe conservarlo. Che cosa c'è dietro a questo scempio appena cominciato? Facciamo un po' di retromarcia. La gola del Treja è una stretta e profonda spaccatura, vero e proprio canon tra altipiani vulcanici abitati un tempo — e forse tuttora data l'immobilità della vita fino a pochi lustri fa — dai falisci, stirpe italica pre-etrusca destinata dalla posizione geografica a subire l'imperio e le lotte di invasori più evoluti e pugnaci, come appunto gli etruschi e 1 romani. Insieme all'altrettanto fascinosa gola del Biedano, quella del Treja è un tipico «cammino degli etruschi, che, celato nel folto come piaceva a quel popolo misterioso, univa i paesi oggi denominati Campagnano Mazzano e Calcata (con la scomparsa Narce) alla città madre Civita Castellana. La provinciale tra Cassia e Flaminia, collegata nel 1962 attraverso là valle, ha dirottato il traffico plurimillenario lasciandolo intatto agli appassionati di passeggiate insolite, a piedi o sul somaro. Ignorata dagli stesso indigeni — come chi essendo nato in una reggia non vede il motivo di rallegrarsene—la straordinaria bellezza del sito viene scoperta pochi anni fa da artisti romani che, stufi della vita in città, acquistano per esigue somme le seducenti stamberghe di tufo abbandonate dall'emigrazione locale. E' da questi pionieri del primigenio che parte l'operazione salvataggio, raccolta e patrocinata da «Italia Nostra»: temono a ragione che paesi e paesaggi tanto incantevoli finiscano per stuzzicare la speculazione. Dal canto suo la Regione Lazio, alla ricerca di zone piacevoli da attrezzare per un turismo di giornata, vara un progetto che prevede strade, sentieri, ponticelli, canotti per certi tratti del Treja da rendere navigabili, campeggi, posteggi, percorsi obbligati (o vietati), guardie, cartelli, gite guidate, sbarramenti, cestini per i rifiuti, multe. Insomma, tutto l'arsenale dell'ecologia funzionale tra Disneyland e museo della natura sottovetro. Si convocano assemblee pubbliche in tre Comuni dove i progettisti sostengono epici scontri con i fautori del vincolo paesaggistico totale costituiti in battagliere associazioni (motto: «La gola dei Treja deve restare com'è), davanti alle popolazioni esterrefatte. Cosi qualche «falisco» s'accorge della reggia che la natura benigna gli ha regalato. E comincia anche lui a sognare di «valorizzarla». Adesso il sindaco di Mazzano, che ha ordinato la posa degli orrendi parallelepipedi, si giustifica affermando che intendeva soltanto aprire una strada per i contadini dell'altopiano, 'dato che l'Italia importa il grano- (da notare che l'altopiano non è irriguo, l'agricoltura è a livello primordiale e che tale strada obbligherebbe i coltivatori ad un folle giro per imboccarla). Da notare altresì che Mazzano e Campagnano inquinano il Treja vicino alla sua sorgente: disinquinarlo (ma chi ci pensa?) sarebbe l'unica opera necessaria ed urgente. Proprio in questi giorni l'assessorato urbanistico, informato del disastro dagli amici del Treja, ha convocato la commissione consultiva presieduta dal soprintendente al Beni Culturali del Lazio, per accelerare il decreto vincolante. Speriamo che non sopravvengano intralci: di carrozzabili inutili ne abbiamo anche troppe. Laura Bergagna

Persone citate: Campagnano, Campagnano Mazzano, Cassia, Laura Bergagna, Mazzano