In settecento anni l'uomo è diventato moderno
In settecento anni l'uomo è diventato moderno In settecento anni l'uomo è diventato moderno Arre cavalieri, signori della guerra, della fame, della peste, spaventosi sui cavalli rosso, nero e verdastro fu data autorità su tre quarti della Terra. Questa frase dell'Apocalisse è per l'uomo medioevale una spiegazione sufficiente della estrema precarietà della sua vita. Eppure proprio allora nei conventi, negli ospizi, negli ospedali nasceva il primo germe della conoscenza scientifica attuale. Ne è una testimonianza il bel libro «Malato, medico e medicina nel Medioevo» di Jole Agrimi - Chiara Crisciani (Loescher, Torino, 301 pagine, 5700 lire), che si salda bene ad altri due volumi della stessa collana di Storia della Scienza diretta da Paolo Rossi: «Elementi, principi e particelle» di Ferdinando Abbrì (245pagine, 4700 lire) e «Pianeti e teorie del cielo nel Settecento» di Francesca Maria Crosta (279 pagine, 4900 lire) che con il primo coprono il periodo forse più interessante della storia dell'uomo. Se infatti sacro e profano sono ancora un tutfuno nell'XI secolo, a partire da quello successivo la Chiesa prende le distanze dai medici (troppo inclini a pratiche impure come la curiosità sulle malattie e l'abitudine di toccare i pazienti) e nello stesso tempo i medici cominciano a manipolare le droghe e a costituire scuole e teorie indipendenti dalle Sacre Scritture. Si arriva cosi alla iatrochimia (le ultime frontiere della medicina medioevale) e si pongono le basi di quella separazione fra spirito e materia che porterà alla rivoluzione scientifica del.1600. Il libro di Abbri trova proprio qui il punto di partenza per addentrarsi nei grandi dibattiti sulla natura della materia, fondamento della moderna chimica. Senz'altro un periodo di grandi rivoluzioni di pensiero a cui non fu certo estranea la scoperta dell'America: un terremoto per le antiche teorie sul mondo. In poco più di cinquantanni cade il sistema aristotelico-tolemaico e si instaura il sistema astronomico copernicano. Ma le antiche fantasie sono tutt'altro che morte, il volume di Crosta si muove nell'acceso dibattito sul ruolo di Dio nel nuovo universo: 'grande orologiaio*, 'abile artista*, 'divino architetto*? Un dibattito che non può certo dirsi esaurito. Settecento anni che hanno cambiato tutto il nostro modo di pensare, ma che ancora fanno sentire la loro presenza nelle tradizioni, nei tabù e nelle superstizioni che caratterizzano l'uomo moderno. Stefano Pavan
Persone citate: Crosta, Jole Agrimi, Maria Crosta, Paolo Rossi, Stefano Pavan
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