Al terzo piano c'è Beethoven e al mezzanino il professor Freud

Al terzo piano c'è Beethoven e al mezzanino il professor Freud Viaggi: visitiamo la Vienna absburgica Al terzo piano c'è Beethoven e al mezzanino il professor Freud 1980: anno tereslano, ovvero di Maria Teresa d'Austria, l'imperatrice autocrate e bonaria, la sovrana-massaia che regnò dal 1740 al 1780 e mise al mondo sedici figli. Amministrò l'Impero con saggezza e Impegno: c'era bisogno di un esercito e lei creò un esercito permanente e, per finanziarlo, impose nuove tasse: per riscuoterle creò una burocrazia e per avere buoni burocrati fondò accademie e scuole. A Schònbrunn poco fuorl'VIenna si fece edificare una splendida residenza estiva e 11 è stata allestita la mostra per l'anno tereslano che rimarrà aperta ancora tutto novembre. E' questa l'occasione per percorrere un Itinerario che, imperialmente parlando, va da Maria Teresa a Francesco Giuseppe ma che si blocca al Ring, l'anello che attornia la Città vecchia e che segna !l trionfo delle concezioni urbanistiche del secolo XIX. E' un pastiche, è una parodia ma anche un paradiso di sperimentazione e una linea di demarcazione: la Vienna mitica, quella delle Immagini mentali, è all'Interno del Ring, il Ring è la Vienna giovane, ormai ultracentenaria. «Devo comunicare agli esteti qualcosa di rovinoso» scriveva nel 1906 Karl Krauss «un tempo la vecchia Vienna era nuova». Per fortuna oggi è ancora più vecchia. VIENNA — Beethoven ha cambiato casa una trentina di volte,- impossibile tenergli dietro, bisognerebbe girare tutta la città, di lapide commemorativa in lapide. Ma almeno alla Ungergasse bisogna andare: è qui. al numero 5. terzo piano, che nel 1824 ha composto la «Nona». La strada, dal punto di vista monumenti, palazzi, prospettive, non ha niente di eccezionale ma c'è questo fatto di Beethoven e, per di più. vi aleggia Ingeborg Bachman, l'ultima «postuma» dei grandi viennesi, la scrittrice morta tragicamente a Roma nel 1973 che proprio alla Ungergasse ha dedicato 11 suo romanzo «Mallna», non finito, abbandonato. Anche Schubert (14 lapidi commemorative) ha abbandonato la sua «Incompiuta» al secondo tempo perché, si dice, temeva di rovinarla completandola, e anche Robert Musil non ha mai finito il suo «L'uomo sema qualità-. La Bachman e Musil ancora non hanno lapidi commemorative, ma verranno, verranno... Vienna è la città dove e chic non finire le cose e dove è «indecente» finirle o «definirle», come sentenzia un personaggio di Hofmannsthal: ma questo vale soltanto per gli «uomini postumi», quelli che hanno troppe ragioni per accontentarsi di una verità semplice e quindi sono costretti ad attendere. «Solo dopo la morte di noi contemporanei avverrà la loro vita». Le targhe commemorative lo dimostrano, sono tutti riconoscimenti «postumi» (Mozart.' ventitré lapidi, fu sepolto come un poveraccio nella fossa comune) e molti un po' «pelosi». Ancora nessuna targa per Karl Kraus, il genio bisbetico che dal 1899 per 37 anni, scrisse un giornale «La fiaccola», tutto da solo, pren¬ dendosela con Vienna, i viennesi e il mondo intero. Ma anche per lui verrà, Vienna ci tiene troppo alle sue glorie per ragioni urbanistico-ambientali. Lo diceva proprio Karl Kraus, con acidità: -A Vienna le strade sono lastricate con la cultura. Nelle altre città con l'asfalto-. Qui giri e se non è un grande scrittore che ti perseguita (chi ti accompagna alla Cripta dei Cappuccini? Roth, ovvio) è un politico (Trotzki al Caffé Central nella Herrengasse, senza nemmeno i soldi per pagarsi la consumazione) o un musicista. All'angolo tra la Judengasse e la Kurrentgasse, una lapide ricorda che Mozart abitò qui giusto il tempo di comporre l'aria di «Cosi fan tutte- perché anche lui, come Beethoven, cambiava spesso di casa. Le targhe commemorative sulle case dove abitarono 1 «grandi» musicisti soprattutto, viennesi e no tutti attivi à Vienna, connotano il paesaggio urbano: Brahms, Chopin, Sibelius, Berg, Mahler, Dvorak, Lehar, Schumann, Wagner (l'ordine di elencazione non è cronologico né tanto meno di merito: segue le tappe di una passeggiata nel centro della città a partire dalla chiesa di Santo Stefano, monumento da tre stellette estetiche, per copiare lo stile delle guide turistiche). I tre Strauss assieme superano la sessantina di lapidi commemorative, sono fa gloria cittadina. Insomma, la musica è Vienna, il valzer è l'inno nazionale? Forse è solo un luogo comune ma certo il valzer ha illuso la ca¬ pitale dell'impero ormai avviato alla decadenza che l'apocalisse già in corso era per lo meno, una «gioiosa apocalisse», come dire che si tramonta in bellezza volteggiando a suon di musica. E invece basta un indirizzo per capovolgere la visione: Berggasse numero 19. Di fianco al portone la targa di un professionista «prof. Dr. Freud. Mezzanino». Entri e ti trovi nella sala d'aspetto di uno studio medico, di quelli di una volta: velluti, poltroncine scomode, una scrivania, tutta ròba che, per volere di Anna, la figlia di Freud, è stata portata a Vienna nel 1971. Nel 1938, sulla targa del dottore, riparato a Londra, i nazisti avevano tracciato una grande svastica, poi nell'appartamento era andata a viverci una sarta. Oggi nel piccolo museo sono esposte foto di famiglia, ritratti di amici; in una delle tre stanzette c'è una riproduzione di «Edipo e la Sfinge» di Ingres. Se non fosse lo studio di Freud a quel quadro non ci si farebbe nemmeno caso. Certo, non c'è itinerario viennese che non riporti a Freud o al suo amico, lo scrittore Arthur Schnltzler (era medico anche lui e insieme lavorarono per un certo periodo all'AUgemeines Krankenhaus, il policlinico di Vienna) e a tutti i, loro contemporanei, architetti, pittori, urbanisti, in aperta rottura contro il conservatorismo, alla ricerca di un vocabolario nuovo adat la giovinezza a cui dat il nome di «Jugendstil» della giovinezza, o «m< style» o Art Nouveau e !bh! silfi