Un cronometro in regalo al Papa

Un cronometro in regalo al Papa L'USO SAPIENTE DEI MASS MEDIA Un cronometro in regalo al Papa Bisogna stare alle regole. Lo dice anche la teoria (Robert-Gerard Schwartzenberg, Lo Stato spettacolo). «Il nuovo imperativo è: essere mediagenici, saper trarre il massimo profitto dai mass media». Che non è cosa tanto semplice, perché «lo sviluppo dei media audiovisivi restituisce la loro importanza al viso e alla voce, ai fatti e ai gesti», e provoca perciò «un ritorno alle origini, una riabilitazione dei metodi d'informazione precedenti la scoperta della stampa». In queste condizioni finisce per imporsi «la comunicazione ultra personalizzata, fondata sulla voce e sull'immagine del capo»: «il movente affettivo ha la meglio sull'opinione razionale». Tutto cuore e poca testa. E' pericoloso? Non sembra. Ma occorre stare alle regole, come Giovanni Paolo II imparò e ci insegnò nei primi giorni (e nei primi discorsi) del suo pontificato, come oggi ha disimparato e, sciaguratamente, non ci insegna più. Non è tanto questione di testa e di cuore, quanto tìi tempo e di congiuntivi. Che sono assai più pericolosi del cuore e assai più preziosi della testa. Giovanni Paolo II era partito con l'handicap. Di suo parlava polacco. Non è magone da poco per chi debba rivolgersi alla città e al mondo, e non disponga più di quel collaudato passe-partout che era il latino. «Parla come ti ha insegnato mamma», dice l'antica saggezza. Giusto, ma non per lui. Costretto a travasare le idee dalla lingua di mamma nella lingua italiana, si impegnò — volonteroso, ardito — in una corsa a ostacoli e si consegnò inerme nelle mani dei traduttori. Prese il via, e fu ammirevole. Di ostacolo in ostacolo mostrò di quale intelligenza fosse impastata la sua mente, di quanto vigore e senso dello spettacolo fosse intessuto il suo eloquio. Parlò, scandì, sillabò, fece le pause in italiano. Parlò a valanga, dall'alto della finestra sul colonnato, dal trono, dall'altare, dalla poltrona, dall'aeroporto, dalla strada e dal giardino, ovunque microfono fosse offerto alla sua voce. Ma l'inganno era dietro la porta. L'ordivano i traduttori. E' da supporre che non sia facile trasferire il polacco in italiano, ma era da immaginare che gli addetti a farlo conoscessero i rischi di una sintassi troppo complicata e le trappole del congiuntivo imperfetto. Non li conoscevano. Così, se Giovanni Paolo II voleva dire la semplice frase «La tradizione cattolica ha sempre consigliato agli sposi di amarsi castamente», i traduttori gli porgevano il seguente testo: «Nella tradizione cattolica nessuno, per quanto accuratamente abbia cercato, è mai riuscito a rinvenire nulla (non un trattato, non un precetto, non una omelia, non una sentenza) che agli sposi altro che una forte castità paternamente consigliasse e caldamente ogni giorno raccomandasse». Che cosa può fare un polacco con simile groviglio tra le mani? Karol Wojtyla ha lottato strenuamente. Ha subito qualche sconfitta — certi scivoloni sulle doppie esse, certe pause piazzate alla fine del respiro, certe impuntature sulle vocali in principio di parola — ma nel complesso ha mantenuto le posizioni. Tuttavia, la stanchezza affiora. Sottile, irritante. E' grave? Forse no. O non ancora. Ma è sicuramente grave un altro fatto che, alleandosi alle insidie del congiuntivo, potrebbe offuscare il prestigio di chi impiega come nessun altro quella «comunicazione ultra personalizzata» di cui parla la teoria. Le regole da rispettare. Una soprattutto. Quella che prescrive la parsimonia nell'uso del tempo. Saggezza antica nuovamente aiutando (il tempo è denaro), ogni utente di radio e di televisione deve restare nei limiti necessari a ottenere l'effetto che si prefigge, non un secondo di più. Non solo. Nei mass media il tempo è denaro in senso letterale. Se lo sprechi ti cacciano. Anche se sei il Papa? Anche se sei il Papi. Inaudito? Può darsi. Giovanni Paolo E ha trasgredito — trasgredisce — la regola. A Ginevra, nell'ambito del coordinamento fra gli organismi televisivi internazionali, è stato osservato che taluni discorsi, viaggi, manifestazioni e cerimonie papali durano più (molto di più) del tempo programmato. Cosa che in sé nulla avrebbe di riprovevole. Anzi, si tratta di eventi di alto livello spettacolare e di uni¬ versale gradimento. Gli è, però, che fanno saltare gli orari (ferrei) dei telegiornali e quelli (sacri) della pubblicità. Un cauto messaggio è partito, qualche giorno fa, alla volta della Segreteria di Stato: si faccia riguardosamente sapere al Santo Padre che tutte le televisioni gradirebbero un'attenzione più ferma agli orari. «Tagliare» il Papa fa brutto, e tutte vorrebbero evitare l'incresciosa incombenza, anche le americane che sulla pubblicità campano e ingrassano. Tempi duri. «Trarre il massimo profitto dai mass media» è fatica immane, persino per il Papa. Agli errori commessi si può rimediare, come sanno i teologi, purché buona volontà soccorra. E un briciolo di competenza tecnica. Non esiste grande attore, oggi, che non abbia bisogno di regista. Giovanni Paolo II è attore splendido, ma è privo di regista. E anche — per dire tutto — di cronometro. Con un dono e con una nomina si può ovviare. Per i traduttori è più difficile, tanti sono quelli che maltrattano l'italiano. Fernaldo DI Glammatteo

Persone citate: Gerard Schwartzenberg, Giovanni Paolo, Giovanni Paolo Ii, Karol Wojtyla, Sottile

Luoghi citati: Ginevra