Già estratti dalle macerie cinquemila morti nell'inferno di El Asnam distrutta dal sisma di Francesco Santini

Già estratti dalle macerie cinquemila morti nell'inferno di El Asnam distrutta dal sisma Cancellata dalla carta geografica la «città degli idoli», a 200 km da Algeri Già estratti dalle macerie cinquemila morti nell'inferno di El Asnam distrutta dal sisma Secondo la Croce Rossa il bilancio dovrebbe essere si trovavano in un albergo con altri trecento stranieri - di 10.000 vittime - Mancano all'appello tre tecnici italiani che Il terremoto ha demolito scuole, caserme e intere file di case DAL NOSTRO INVIATO EL ASNAM — Cinquemila vittime già strappate dalla distruzione di El Asnam, ma ancora grande è l'incertezza sul numero finale dei morti. A duecento chilometri da Algeri, la «città degli idoli» è cancellata: soltanto macerie e quinte di case sgretolate in un gioco di cartoni colorati per lo spettacolo del massacro. Fra i corpi ordinati nel piccolo ospedale di tende, alzato nella notte ai piedi della collina, ci sono trecento cadaveri, amputati, sbranati, dalla furia del terremoto che venerdì ha cancellato una città algerina. L'ufficiale della gendarmeria annota su un grande registro il nome di quanti sono riconosciuti. A gruppi di otto, vecchi in caffettano lurido perlustrano l'ospedale che ormai è un cimitero. All'esterno, una fila di uomini cadenti è in attesa. Soltanto i vecchi sono sopravvissuti perché venerdì, al momento del sismo, erano raccolti in preghiera nella grande moschea. Sul tavolino dove l'ufficiale segna gli «ingressi», un muezzin con la barba bianca lascia tre melograni e una cesta di pane bianco. L'uomo in divisa accetta. Spezza il pane, continua a scrivere. Le ambulanze si allineano lungo il fossato. Ancora morti. Ripartono e le sirene e il vento spazzano El Asnam. La Croce Rossa Internazionale lancia una cifra: «Diecimila morti». Dalla nostra ambasciata ridimensionano: «Si parla di cinquemila corpi estratti a El Asnam», dice l'ambasciatore Pignatelli che chiede notizie di tre italiani dispersi. La strada interna che da Algeri conduce verso la regione di El Asnam è stata riattivata. Arriviamo verso le nove dopo decine di posti di blocco. Si ripetono piccole scosse di assestamento. L'asfalto si apre all'improvviso, percosso da un erpice gigantesco che lascia unghiate profonde sul terreno. Le folle in marcia sbandano, si gettano al centro della strada. n percorso diventa difficile dopo Oued Fodda. Nel villaggio la stazione bianca e azzurra ha retto. La piccola moschea dalla cupola verde ha la base del minareto segnata da lesioni vastissime. Superate le ultime case distrutte, la nazionale n. 4 prosegue per cinquecento metri. Avanza a gradoni, e rallenta i soccorsi. Sono cadute le linee elettriche e ferroviarie. Nella polvere bianca, decine di operai stendono un cavo provvisorio. In lontananza, lavoratori e mezzi continuano ad avanzare sulla grande pista della nuova autostrada per Orano. L'inferno di El Asnam compare all'improvviso, nel quartiere di Nasr. Un agglomerato di case nello stile economico della periferia francese costruito dopo il terremoto del 1956. Ospitava tremila persone. E' distrutto: conta 2500 morti. Le grandi macchine gialle FiatAllis del movimento terra sono al lavoro. Si accaniscono attorno alla strada del mercato coperto. E' mezzogiorno quando c'è un grido. Tre militari col basco verde lanciano un allarme: c'è ancora una vita. Mezz'ora di attesa con una piccola folla che accorre. Si preparano le lettighe. Nel grande cumulo delle macerie di uno stabile a tre piani 1 militari raggiungono uno spiazzo di tre metri quadrati. Estraggono una famiglia: i due adulti sono morti; per un maschietto e una femminuccia c'è qualche speranza, sembrano respirare. Un giovanotto prende la bambina, che avrà tre anni. Corre in direzione del «Giardino delle Palme». C'è, sistemato in fretta, un ospedaletto da campo. Un medico russo inietta l'ago della flebo. Lavora all'aperto. La bambina appare intatta ma non si risolleva. «Ci vorranno delle ore», dice in francese il sanitario e si porta verso un uomo maturo. «Bisogna operare, speditelo ad Algeri», ordina secco dopo aver legato la gamba destra sopra la coscia. Fuori c'è silenzio. In lontananza i motori del bulldozer accelerano nello sforzo e si spengono. Sotto il giardino delle palme la moschea bianca ha resistito. Il minareto dalla cupola color smeraldo è in piedi. La rue des Martyrs mostra grandi edifici affondati nel terreno, cumuli giganteschi di macerie in strati di suppellettili, di mobili sgangherati. Nessuno s'azzarda ad entrare nel liceo femminile. Al¬ l'esterno, l'edificio è intatto. Un grande murales inneggia alla rivoluzione, alla cultura e al lavoro con colori abbaglianti. Ma in piedi ci sono soltanto le pareti perimetrali: all'interno sono sprofondati i solai, come all'hotel Chelif, il più grande di El Asnam che nelle sue due¬ cento stanze ospitava trecento stranieri. Tutti morti, anche due o, forse, tre italiani, secondo la testimonianza di un dipendente della Magrini-Galileo di Bergamo, Rinaldi. All'hotel Chelif si sono sottratti soltanto il direttore e due clienti. Gli elicotteri di fabbricazione sovietica perlustrano la regione. Altri, di fabbricazione francese, si abbassano paurosamente, ancora armati sugli alettoni. Fanno la spola tra il massiccio dell'Ouarsenis e la grande pianura di Chelif. El Asnam si innalza al centro, su un costone color ocra e, tutto intorno, tra i campi del grano ancora gialli, s'aprono ciuffi verdi di abeti. E' un paesaggio insolito e molto bello, che prepara al deserto, ma la violenza di El Asnam cancella ogni sollievo. Dopo lo spettacolo dell'hotel Chelif, quello della scuola paramedica, dell'edificio della polizia, del commissariato del Fronte di liberazione nazionale. Le stesse immagini alla galleria della Singa, all'albergo Baudouin, al liceo Leblond, al mercato coperto e in tante strade e tante case che nessuno più è in grado di riconoscere. _ Francesco Santini Atlantico Mediterraneo

Persone citate: Baudouin, Leblond, Magrini, Nasr, Pignatelli, Rinaldi