Quei capolavori venuti dalla pietà
Quei capolavori venuti dalla pietà UNA GRANDE MOSTRA A BOLOGNA SUI PATRIMONI DELLE OPERE PIE Quei capolavori venuti dalla pietà Dai quadri che furono donati da benefattori ai damaschi, alle sete tessute da giovani lavoranti o comunicande - La condizione femminile dal '500 a oggi: visita a un «conservatorio», che proteggeva le ragazze dalla prostituzione BOLOGNA — Nel 1656, Clarice Dal Nero Leoni, visitatrlce di S. Maria del Barracano a Bologna, Conservatorio di «putte», giudica positivamente sul ricovero dell'undicenne Lucia Roda: «Non è bella né brutta, netta di testa e di vita, pareva avere gli occhi rossi, ma dicono non essere suo solito, atteso che poteva essere che aveva pianto Lucia Roda non sarà più esposta al dilemma o mendicità (38.119 •poveri* maschi e femmine su circa 60.000 bolognesi nel 1693, fra assistiti dalla beneficenza, accattoni e «vergognosi*. cioè decaduti da miglior stato) o prostituzione (282 meretrici registrate nel 1583, di cui una in Via dei Mussolini, due a Sozzonome, due all'Osteria da Baldassera una «sul mercato*). In compenso, indossata la veste azzurra della Madonna (ma 11 Barracano, già ospedale, fin dalle origini, nel 1530, è laico, retto in prevalenza dai grandi mercanti di veli e di sete), opererà mediamente per sette anni in quello che in realtà è un organizzato setificio. Ne uscirà o sposa o monaca. Argento e oro Tutto questo si legge nei documenti esposti, ma soprattutto si vede, si comprende, si sente (tanto maggiore è il rigore scientifico, altrettanta è l'emozione) nella Sezione al Barracano, coordinata da Luisa Ciammitti, di •Arte e Pietà. I patrimoni culturali delle Opere Pie» (ottobre-novembre, organizzata dall'Istituto emiliano per i beni culturali; stupendo amplissimo catalogo collettivo introdotto da Andrea Emiliani e, per il significato politico-istituzionale, da Giovanni Losavio, per la struttura storica da Luciano Guerzoni, per il patrimonio edilizio da Pier Luigi Cervellatl). Negli stanzoni a travature, i grandi armadi sei e settecenteschi diventano parte Integrante della struttura espositiva, traboccano di dama¬ schi, lampassi, sete argento e oro tessuti nel '600 e '700 da centinaia di Lucie Roda; nell'800, i pizzi e merletti segnano la nuova professionalità delle ragazze del Barracano, presenti, nei primi gruppi fotografici, come lavoranti o cuminicande, e giungono fino al Liberty di «Aemilia Ars». Con sconvolgente analogia, la morbida oratoria pietisticadella teletta in cui Ubaldo Gandolfi raffigura nella seconda metà del '700 una giovane S. Costanza, protettrice del Conservatorio, riecheggia nella fotografia del 1869, crocifisso in mano, occhi e dito rivolti al cielo, della Beata Clelia Barbieri ventiduenne, fondatrice delle Minime dell'Addolorata, che ebbero cura delle ragazze in questo secolo. Non contrastano, ma completano 11 quadro la Cucitrice del Gambarini della Pinacoteca di Bologna, o la tavola incisa del Mitelli, 1692, con i dodici «mesi» della Vita infelice della meretrice: dalla danza giovanile fino all'accattonaggio e alla morte in ospedale. All'inizio domina l'affresco della Madonna del Barracano, recentemente staccato e restaurato, sovrapposto nel 1472 da Francesco del Cossa all'originaria immagine tardo trecentesca (ma lasciando in¬ tatte le teste della Madonna e del Bambino) che aveva dato origine al Santuario, a sua volta matrice dell'ospedale e poi del Conservatorio. Sedimento tipico del potente protettorato laico, nobiliare e borghese-mercantile, del Conservatorio è la serie di quattro grandi tele di due anonimi autori intorno al 1600, raffiguranti, con inedita completezza, ogni forma di giostra e carosello cavallereschi. Avrebbero indubbiamente disperso e distratto il rigoroso discorso sulla condizione femminile e, quindi, giustamente, sono le uniche uscite dal Barracano per essere esposte nella Sezione dedicata al patrimonio artisticoculturale delle Opere Pie emiliane in Palazzo PepoliCampogrande. Suddiviso per nuclei secondo le origini e gli istituti, questo patrimonio rivela tutta la sua ricchezza e la complessità dei secolari approdi, soprattutto attraverso i lasciti. L'Opera Pia dei Poveri Vergognosi (•Gentilhuomini, Cittadini, Mercanti, et anco Artefici buoni... quali siano decaduti et venuti in povertà et miseria...*), fondata nel 1495, vide af P.uire nei secoli un conturbante, reniano Silenzio attribuito in mostra a Carlo Ci- gnani, un cospicuo gruppo di nature morte emiliane, due Madonne col Bambino scultoree del '400 fiorentino. n Conservatorio (orfanotrofio) di Correggio, eretto nel 1863 su testamento di Caterina Contarelli, acquisi anche il Redentore, che alla mostra mantovana del 1961 fu definitivamente annesso al catalogo del Mantegna. E l'Ospedale Civile di Faenza, con due stupendi Mastelle tta. E l'Istituto della Provvidenza di Ferrara, già Conservatorio di S. Barbara, con l'emblematica Madonna in gloria del Bastarolo (1588), re-, cante ai piedi le Sante Barbara e Orsola e il gruppo delle «zitelle>.. E l'Ospedale degli Infermi con la Compagnia di S. Gerolamo a Rimini, in cui gareggiano la teatrale Visione di S. Gerolamo del Guercino e la straordinaria, rossastra Vocazione di S. Matteo del Cagnacci, che sembra precorrere di due secoli il primo Romanticismo. A Piacenza, il collegio di Chierici fondato dal Cardinale Alberoni conserva ancora le collezioni del fondatore, la Madonna fiamminga della scuola di Van Cleve, i sontuosi paramenti e arredi sacri. Fra gli istituti bolognesi, spicca l'Opera Pia Davia Bargellini, fondata nel 1874. Per le zitelle Secoli e secoli, singoli benefattori e compagnie di beneficenza hanno dunque coagulato tesori artistici, integrati da paralleli tesori storico-archivistici, direttamente inerenti alle singole istituzioni, ma inerenti anche alle famiglie dei benefattori via via estinte, alle loro storie private sempre intrecciate alla storia pubblica e sociale, ai loro possedimenti urbani e rurali divenuti possedimenti degli istituti con relativo patrimonio edilizio, spesso architettonicamente illustre. E qui vediamo il fondamentale significato culturale-«po- litico» della mostra bolognese, cui si legano e i criteri espositivi e la suddivisione in tre sedi, fra cui quella al Museo Civico è dedicata al censimento, alla documentazione storica, al regesto edilizio di quelle che la Legge Crìspi del 1890 definì Istituzioni Pubbliche di Assistenza e Beneficenza, ponendole sotto la tutela amministrativa dello Stato laico e liberale; le stesse, a parte le «educative religiose», che i decreti di attuazione dell'ordinamento regionale del 1975 e 1977 hanno trasferito alla competenza delle Regioni e dei Comuni. Problematica e travagliata materia, sul piano politico e istituzionale. La mostra ne rivela sìa la ricchezza, sia la delicatezza «culturale». Ogni istituzione, ogni gruppo territoriale di istituzioni non è un puro coacervo di beni culturali, di opere d'arte, di patrimoni storici e archivistici di documenti della cultura materiale (i telai del Barracano, antichi e meno antichi strumenti medici, scientifici, giocattoli): ha una sua singola entità storica, e, al di là di ciò, una lunga o breve, secolare o decennale stratificazione umana, sociale e quotidiana. La situazione, nel '500, delle •zitelle» nel quadro del Bastarolo, con la dignità artistica loro conferita dalla geniale intuizione di un pittore ferrarese provinciale, è riproposta dalle orfanelle dell'Orfanotrofio di Bagnacavallo, che un «ingenuo» locale del primo '900 rappresenta al gioco in un giardino alla Rousseau le Douanier. Una dispersione e smembramento di questi «patrimoni», che sono innanzitutto momenti fondamentali di storia umana e sono comunque ancora oggi, fra distruzioni e incurie, insostituibili documenti per una costruzione capillare della «grande» storia, distruggerebbe gran parte del significato positivo della trasformazione della «beneficenza» in sicurezza sociale. Marco Rosei li Bastarolo: «Pala delle zitelle», particolare (Ferrara)
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