Polemica sul recupero della piattaforma che costò 123 vite nel Mare del Nord

Polemica sul recupero della piattaforma che costò 123 vite nel Mare del Nord Polemica sul recupero della piattaforma che costò 123 vite nel Mare del Nord NOSTRO SERVIZIO PARTICOLARE STAVANGER — Dopo molti tentennamenti, rinvìi e discussioni di ogni genere, sono cominciate nel porto di Stavanger, la capitale norvegese del petrolio, le operazioni di recupero della piattaforma Alexander Kjelland, capovoltasi nel Mare del Nord nella notte del 27' marzo di quest'anno. Nella sciagura trovarono la morte 123 persone, delle quali 38 non sono più state ritrovate: gli esperti ritengono che le loro salme siano ancora a bordo della piattaforma e precisamente nei locali finiti sott'acqua, ove potrebbero avere vissuto ore e giorni terribili usufruendo di sacche d'aria che si sono poi esaurite. A dire il vero, la Kjelland era stata giudicata perduta 'per sempre e solo l'iniziativa di un paio di ditte, una svedese e una britannica, ha convinto i proprietari a iniziare le operazioni per trascinarla in porto e rimetterla nella posi¬ zione normale, ammodernandola poi e rimettendola al largo. Ma non è detto che tutto questo possa veramente accadere. Molti tecnici sono infatti piuttosto scettici sulla possibilità di poter far ruotare di 180 gradi la piattaforma maledetta e anche se la difficile operazione riuscisse rimarrà da vedere se sarà ancora in grado di prendere il mare, e soprattutto se qualcuno vorrà nuovamente andarci ad abitare. I sindacati hanno minacciato una opposizione massiccia che potrebbe arrivare fino al boicottaggio perché ritengono l'uso delle piattaforme-albergo troppo rischioso e debilitante. Un portavoce dei sindacati ha detto ieri: «Recuperare e riparare la Kjelland verrà a costare 250 milioni di corone (circa 40 miliardi di lire), una cifra pazzesca visto che si tratta di una costruzione ormai superata. Ma a parte questo, occorre rilevare che il tutto è dettato unicamente da ragioni commerciali e nessuno pensa ai 38 cadaveri che solo ora potranno venire sepolti, sempre che siano davvero a bordo. Noi sulla piattaforma maledetta non vogliamo tornare a lavorare, sia per motivi di sicurezza che per dimostrare che siamo esseri umani con cuore e cervello e non ragioniamo solo a base di cifre e ci. soldi». E ha poi fatto notare che diverse altre piattaforme-albergo hanno dimostrato negli ultimi tempi notevoli manchevolezze che ne sconsigliano sempre più l'utilizzo. A parte le polemiche, rimane il fatto che la gente di Stavanger attende di riavere i 38 morti che si spera di ritrovare nella Kjelland: dopo sette mesi nelle acque del mare sarebbe veramente ora che trovassero sepoltura venendo cosi restituiti alla loro terra e alle loro famiglie. w.r.

Persone citate: Alexander Kjelland