Belgrado: il delegato afghano denuncia l'invasione sovietica all' Unesco e fugge in Germania
Belgrado: il delegato afghano denuncia l'invasione sovietica all' Unesco e fugge in Germania Colpo di scena alla Conferenza dell'organizzazione Belgrado: il delegato afghano denuncia l'invasione sovietica all' Unesco e fugge in Germania BELGRADO — Colpo di scena alla conferenza generale dell'Vnesco in corso a Belgrado: durante il dibattito sul rapporto MacBride sulla comunicazione, il delegato dell'Afghanistan, Akhtar Mohammed Paktiawal, segretario generale della Commissione nazionale afghana per l'Unesco e le Nazioni Unite, si è alzato e ha detto: «Questa risoluzione è stata adottata per acclamazione, ma se vi fosse stato un voto, mi sarei opposto. Questo documento garantisce il diritto degli Stati alla comunicazione, ma non quello degli individui». Il delegato di Kabul ha proseguito: -Da noi, le comunicazioni sono controllate dall'Urss. L'Afghanistan non è più un Paese libero, è completamente dominato da Mosca. I sovietici violano i diritti umani, i loro carri armati schiacciano le nostre donne e i nostri bambini. Un milione di afghani è fuggito dal Paese. Ma vogliamo restare liberi». Alcuni delegati si sono messi ad applaudire freneticamente; nessuna reazione da parte dei sovietici. «Io dirò al mio governo le stesse cose che ho detto a voi — ha continuato Paktiawal —. Questa congiura, quest'intervento nel mio Paese avranno conseguenze negative non solo per noi, ma per tutti voi che state seduti qui. Questo non significa che il popolo afghano stia combattendo contro il socialismo. Gli afghani lottano per la libertà, per l'autodeterminazione e per i loro diritti». Paktiawal, che è docente universitario, ha detto che il suo Paese è amico dell'Urss fin dai tempi di Lenin: «Kabul vuole l'amicizia con l'Unione Sovietica nello spirito dell'accordo firmato da Lenin e dall'allora re dell'Afghanistan... Ma abbiamo il diritto di vivere, il diritto all'autodeterminazione. Io levo la voce del popolo afghano di fronte a questa conferenza affinché tutti sappiano che noi aspettiamo l'aiuto dell'Unesco, nei limiti delle sue competenze, affinché ci aiuti a liberarci da questa disgrazia... Ora sta a voi agire. Se non vi curate di noi, se non ascoltate la voce del popolo afghano tutto il retaggio culturale, tutti gli scienziati di oggi e del passato, tutta la nostra civiltà andranno perduti». Ancora applausi, poi Paktiawal è uscito dall'aula. La riunione è continuata, in apparenza come se nulla fosse accaduto. Ai giornalisti che l'hanno rincorso, il delegato afghano ha detto che sarebbe tornato a Kabul e che non avrebbe chiesto asilo politico né in Jugoslavia, né altrove, «pur sapendo che al mio arrivo sarò probabilmente arrestato. Ma là — ha continuato — ci sono mia moglie e i miei . sette figli». In serata Paktiawal ha lasciato la capitale jugoslava e si è recato nella Germania Federale, dove ha intenzione di chiedere asilo politico. A Mo- naco di Baviera, dove ha fatto scalo prima di ripartire per Francoforte, Paktiawal ha affermato che, pur non avendo né parenti né amici in Germania, ha deciso di chiedere asilo alle autorità tedesche per la tradizionale amicizia fra la Rft e l'Afghanistan. Il delegato afghano ha giustificato nuovamente il suo inatteso intervento di ieri mattina alla conferenza affermando che «qualcuno doveva parlare a nome del mio popolo», ha nuovamente accusato i sovietici di comportarsi da «conquistatori» in Afghanistan. La conferenza dell'Unesco dovrebbe concludersi martedì. Alla sessione inaugurale, la missione afghana era guidata dal ministro dell'Educazione.
Persone citate: Akhtar Mohammed Paktiawal, Lenin
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