Carter attacea sa esteri e difesa Ora è Reagan a doversi difendere di Ennio Caretto

Carter attacea sa esteri e difesa Ora è Reagan a doversi difendere Al centro della campagna la questione degli ostaggi Carter attacea sa esteri e difesa Ora è Reagan a doversi difendere Il presidente ha costruito un ritratto angosciante dell'avversario, presentato come guerrafondaio - Il pacifista McCarthy appoggia il candidato repubblicano DAL NOSTRO CORRISPONDENTE NEW YORK — Due eventi Inattesi hanno consentito al presidente Carter di impostare gli ultimi dieci giorni della campagna elettorale sul terreno da lui preferito: la politica estera e la difesa. La vicenda degli ostaggi a Teheran e le dimissioni di Kossighin hanno infatti rivolto l'interesse degli elettori in quelle direzioni, il candidato repubblicano Reagan, che aveva concentrato i suoi attacchi sulla debole gestione cartenana dell'economia, foriera insieme di inflazione e disoccupazione, è stato costretto a mettersi sulla difensiva. La tesi del presidente è questa: la pazienza della Casa Bianca con Teheran ha dato frutti; gli ostaggi saranno rilasciati, subito prima o subito dopo le elezioni. Ha dato frutti anche il dialogo con Mosca, specialmente sul disarmo: le dimissioni di Kossighin non alterano infatti i rapporti tra le due superpotenze. Ma con Reagan al potere, la Casa Bianca avrebbe seguito tutf altra strategia, sia con l'Iran sia con l'Urss. Avrebbe usato la forza per liberare i prigionieri, avrebbe bloccato Cuba in risposta all'invasione dell'Afghanistan (sono dichiarazioni rilasciate dallo stesso Reagan). Su questa tesi, Carter ha costruito un ritratto angosciante dell'ex governatore della California. Egli sarebbe un «guerrafondaio*, un «coioboy dal grilletto facile: l'uomo che spingerebbe le superpotenze verso il baratro nucleare. Il Presidente ha motivato cosi questi giudizi: Reagan si oppone al trattato Salt 2 con la Russia per la limitazione delle armi strategiche, vuole aumentare di oltre il 5% annuo in termini reali il bilancio della difesa, è «più sionista dei sionisti- in Medio Oriente, ritiene che l'America abbia una sorta di diritto naturale alla .superiorità atomica* negli Anni 80.. L'offensiva carteriana non ha sedotto tutti. Eugene McCarthy, il candidato pacifista del '68, che tentò di raccogliere l'eredità di John e di Bob Kennedy, si è infatti schierato a favore di Reagan. Ha detto che voterà per l'ex governatore della California e ha chiesto agli americani di fare altrettanto, proprio per la posizione da lui assunta in politica estera e sulla difesa. McCarthy ha accusato Carter di aver causato «una pericolosa caduta di forza e di prestigio* della superpotenza, e aver reso più verosimile una guerra con l'Urss .con contìnue concessioni». . Ma con un elettorato apoli¬ tico e antimilitarista come è gran parte quello americano, la tattica del presidente ha incontrato un successo maggiore del previsto. Dopo essere stato a lungo in svantaggio, Carter si è affiancato a Reagan nei sondaggi d'opinione, e l'interrogativo dominante delle elezioni è divenuto questo: se Reagan verrà eletto, ci sarà un'altra guerra come quella del Vietnam, o addirittura nucleare? In realtà, pur discostandosi notevolmente da quella carteriana, la politica estera e di difesa di Reagan resterebbe nei limiti tradizionali degli Stati Uniti. Ne sono garanti gli uomini che la elaborano, gli stessi di Nixon e di Ford, i presidenti della distensione con l'Urss e dell'apertura alla Cina. Sono Kissinger, Alien, ex membro del Consiglio di sicurezza nazionale, Haig, ex capo della Nato, Vari Cleave, ex negoziatore sul disarmo. Il modello di Reagan è anzi Nixon, il presidente travolto dal Watergate, ma la cui politica estera e di difesa furono eccellenti; ed è il modello delle trattative da una posizione non di debolezza ma di forza. Reagan si propone di ripudiare il Salt 2, che non ha comunque ottenuto e non otterrebbe ancora la ratifica del Senato, per inserirlo in un trattato più ampio, il Salt 3, tutto da negoziare. Terrebbe in vita gli attuali programmi di riarmo preparati da Carter, rafforzandoli però in alcuni settori: quello dei silos sotterranei per i missili atomici, attualmente esposti a un attacco russo; quello dell'esercito, che manca di effettivi preparati. Reagan ammette una diversità di approccio verso l'Urss, che attribuisce «a una concezione meno ingenua del comunismo sovietico di quella di Carter*. Ma respinge l'accusa di cercare il confronto. Egli invita gli americani a giudicarlo sulla base del proprio pragmatismo e dei collaboratori di cui si è circondato. Dice che con lui alla Casa Bianca non ci sarebbero state l'invasione dell'Afghanistan, le ingerenze in Etiopia o Angola, le guerre civili in Nicaragua e a El Salvador e via di seguito. Non perché avrebbe risposto con le armi, ma perché i sovietici si sarebbero resi conto di non avere che fare, per dirla con le sue parole, «con un presidente incompetente, timoroso e indeciso come Carter*. Ennio Caretto