Vecchie esitazioni (e scomodità Cee) ritardano le tappe europee di Madrid

Vecchie esitazioni (e scomodità Cee) ritardano le tappe europee di Madrid Vecchie esitazioni (e scomodità Cee) ritardano le tappe europee di Madrid Gli spagnoli non hanno mai amato i francesi. Questa cordiale antipatia nacque all'inizio del secolo scorso quando Napoleone impose agli spagnoli un re nella persona di suo fratello Giuseppe: gli abitanti della Penisola lo battezzarono immediatamente Pepe Botella (per il suo smodato amore per l'alcool) e la rivolta popolare del 1803 fornì a Goya (che, pure, amava i principi della Rivoluzione francese) lo spunto per quel suo splendido quadro che è «Le fucilazioni del 3 maggio». Né l'ondata di turisti francesi (poco educati, spesso arroganti, sempre tutt'altro che munifici) è valsa in questo dopoguerra a cambiare le cose. Si comprende quindi il furore scoppiato oltre Pirenei quando nel giugno scorso il presidente francese Valéry Giscard d'Estaing fece sapere che, a suo avviso, la Cee avrebbe fatto meglio, prima di accettare nuovi ospiti, di mettere un po' d'ordine in casa sua. L'accenno alla Spagna era evidente. In maggioranza favorevoli all'ingresso del loro Paese nella Comunità economica europea (il 58% esattamente, come ha rivelato una recente inchiesta Gallup), gli spagnoli se la son legata al dito. Al punto che adesso che Eduardo Punset, ministro per le relazioni con le Comunità europee (e realista, come ogni catalano che si rispetti) ha fatto sapere all'opinione pubbli¬ ca attraverso la stampa che quell'ingresso avverrà non nel 1983 ma, come minimo, un anno dopo, subito da più parti si è gettata sulle spalle della Francia la responsabilità di un simile rinvio. Sarebbe semplicistico credere che se il presidente francese dall'oggi al domani desse luce verde all'ingresso della Spagna nel Mercato Comune, quest'ultima non avrebbe che suonare il campanello. Esistono innanzitutto grossi punti di divergenza fra Madrid e Bruxelles che si chiamano imposta sul valore aggiunto (Madrid chiede un periodo transitorio da tre a cinque anni, Bruxelles ritiene che l'Iva dovrebbe essere applicata a partire dal momento dell'adesione della Spagna alla Cee), disarmo doganale (Madrid chiede un periodo transitorio unico per la industria e l'agricoltura, laddove Bruxelles ne vorrebbe due, differenziati), contingenti (Madrid è per la conservazione di alcuni di essi nel periodo transitorio, Bruxelles è per la loro scomparsa dalla data di adesione), libera circolazione dei lavoratori (Madrid chiede gli stessi diritti che gii altri Paesi europei, Bruxelles contropropone un periodo transitorio) movimento dei capitali (Bruxelles chiede la loro liberalizzazione, Madrid esita), monopoli (Bruxelles non vuol più sntir parlare di tabacchi e petro¬ lio monopolizzati dallo Stato, Madrid esige un periodo transitorio). Ma ciò che preoccupa maggiormente Punset è l'atteggiamento che hanno assunto di recente di fronte all'eventualità di una adesione della Spagna alla Cee alcuni settori amministrativi e sociali del suo Paese. Per dirla in due parole: tutti coloro che sotto il franchismo si erano abituati a vivere in una società corporativa, assistita, anchilosata, tutti quegli industriali, quei sindacalisti, quei commercianti che, magari brontolando in separata sede, riuscivano però a trarre il meglio da strutture che apparivano decisamente arretrate vis à vis di quelle del resto dell'Europa. Succede insomma un po' quello che sarebbe successo all'Italia se fosse entrata nel Mercato comune non negli Anni Cinquanta ma negli Anni Trenta. E' vero che Franco è morto ormai da quasi 5 anni, è vero che la democrazia ha preso il posto della dittatura ma è noto che le vecchie abitudini economico-sociali hanno vita più lunga delle nuove abitudini politiche. Eduardo Punset, che fu segretario generale del Ministero dell'Industria, sa bene tutto questo e quindi tende a frenare l'entusiasmo di quegli spagnoli che vedono tutto facile. Massimo Olmi

Persone citate: Gallup, Giscard D'estaing, Goya, Massimo Olmi, Pepe Botella