Una guardia non sparò ai tre evasi S'è inceppato il mitra»: arrestata di Vincenzo Tessandori

Una guardia non sparò ai tre evasi S'è inceppato il mitra»: arrestata Colpo di mano della malavita o dei terroristi a Piacenza Una guardia non sparò ai tre evasi S'è inceppato il mitra»: arrestata L'agente accusato di aver procurato la fuga dei tre fra cui c'è un presunto militante di Prima linea - Basisti hanno lanciato una scaletta sul muro del carcere DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE PIACENZA —I dubbi sono pochi: un colpo di mano della malavita, audace e fortunato. L'assalto al carcere ritenuto •sicuro», l'evasione di due balordi e di un presunto terrorista, un piano studiato nei dettagli che per il momento ha rivelato un'unica smagliatura, la meno importante per i fuggiaschi ma forse molto seria in una strategia di evasione: è stato individuato un complice all'interno, un agente di custodia, e questo potrebbe aver bloccato altri progetti di fuga. La guardia è arrestata ed è stata trasferita nel carcere San Francesco di Parma, altro istituto ritenuto sicuro ma dal quale mesi or sono fuggi il presunto terrorista Ceriani Sebregondi. L'agente si chiama Giovanni Marras, 24 anni, sardo di Ontacesus, in provincia dì Ca gli ari : lo ac c u s a n o di aver procurato l'evasione, cioè di avere agevolato in ogni modo la fuga. E' scappato Giuseppe Muià, 36 anni, arrestato in agosto, indicato come pedina importante dell'anonima sequestri che agisce in Lombardia da ormai sei anni con un bilancio agghiacciante: ventun rapiti, alcuni trucidati, come Augusto Rancilio, come Giovanni Stucchi, come Adelmo Fossati. E' la 'ndrangheta calabrese che ha preso il posto delle cosche mafiose siciliane al Nord e che opera con crudele avidita. E' fuggito anche Diego For asti eri, 30 anni, nato a Roma ma abitante a Bergamo, già operaio alla Falck, secondo le accuse militante di Prima linea, forse non soltanto un soldato di base ma un capo. A loro si è unito Pietro Leandri, 21 anni, milanese, il solo che stava scontando la pena, dopo una condanna, per traffico di droga: sarebbe tornato libero fra due anni. Appare difficile che gli altri lo abbiano informato in precedenza dei loro progetti, più verosimile che si sia unito ai due all'ultimo momento. In un'evasione l'aiuto non si rifiuta a nessuno. Altri tre detenuti, che dividevano le celle con gli evasi, hanno preferito «dormire» durante la fuga e ieri sono stati sentiti come testi dal magistrato, il sostituto procuratore Carmelo Marino. Ascoltate anche tre guardie: gli interrogativi da chiarire sono molti, primo fra tutti come sia stato possibile far arrivare ai detenuti le piccole lime usate per segare le sbarre delle finestre e trovate nelle celle. Osservava la vice direttrice Flavia Pignarelli: «/ controlli ai pacchi sono molto accurati. Non riusciamo a capire». Poi, in una ostinata difesa degli agenti, la dottoressa Pignarelli commenta: «Fa rabbia pensare a quei tre fuori, liberi, e la nostra guardia arrestata». Infine, quasi per dare una motivazione meno banale al fatto, ha aggiunto: 'Deve essere stata una azione terroristica». Ma gli inquirenti ritengono che la fuga sia stata organizzata dalla mala. Nell'indagine, ai loro occhi si è aperta una strada obbligata. La ricostruzione è stata semplice, nelle sue linee generali, ed è subito apparso chiaro che senza un aiuto dall'interno l'evasione non sarebbe potuta avvenire. La notte, il vecchio carcere che si trova nel cuore della città è illuminato da lampade potenti. Ci sono una cinquantina di guardie e centocinquanta detenuti, meno di una dozzina sono politici, fra rossi e neri. L'altra sera, pochi minuti dopo le quattro, è scattato il piano. Piove fitto. Due auto si fermano in via Giordano Bruno accanto al muro alto sette metri. Sul camminamento passeggia la guardia Marras. Scendono alcuni uomini. Ha raccontato l'agente: * Avevano il volto scoperto, ma impugnavano i mitra. Mi hanno ordinato di non dare l'allarme, di non muovermi, di non fare niente». Dal basso hanno gettato sul muro una fune e una scaletta del tipo usato dagli speleologi: con facilità incredibile tutto è stato fissato al parapetto, un assalitore è andato fino in cima. Frattanto i detenuti erano usciti dalle finestre: Muià e Leandri si trovavano al secondo piano, Forastieri proprio nella cella sotto, ottenuta negli ultimi giorni dopo insistenze. Scivolando lungo corde improvvisate i tre sono arrivati al cortile, poi, attraverso un tratto illuminato a giorno, ma senza essere visti, sono risaliti fino al camminamento, quindi l'ultimo sforzo e, una volta in strada, sono fuggiti nel buio, nella pioggia. A questo punto Giovanni Marras avrebbe ritrovato il coraggio e ha dato l'allarme. La guardia aveva in una tasca dell'impermeabile un walkietalkie, ma non l'ha adoperato. Ha premuto il grilletto del mitra Mab. «L'arma dopo il primo colpo mi si è inceppata», ha dichiarato, ma non lo hanno creduto. E' scattato l'allarme generale, sono state fatte pattuglie nella zona e perquisizioni anche nelle case dei parenti degli evasi. Per il momento nessun esito. Vincenzo Tessandori

Luoghi citati: Bergamo, Lombardia, Piacenza, Roma