L'ayatollah del venerdì sfida re Hussein ma ammonisce «lassisti» e nemici interni di Igor Man

L'ayatollah del venerdì sfida re Hussein ma ammonisce «lassisti» e nemici interni Ora, l'Iran, fiducioso nella propria superiorità, mostra sicurezza L'ayatollah del venerdì sfida re Hussein ma ammonisce «lassisti» e nemici interni Durante il settimanale appuntamento politico-religioso, nessun accenno è stato fatto alla Russia: ieri, per la prima volta, l'Iran ha usato missili terra-terra sovietici DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE TEHERAN — Il primo ministro Rajai il presidente del Parlamento Rafsanjani un gruppo di cadetti dell'Aeronautica: in prima fila, sul palco dell'università, alla corale preghiera del venerdì. Che, in fatto, è un appuntamento politico. Oratori della giornata, Rafsanjani e l'ayatollah Khamenei celebrante abituale. Aldi là delle espressioni retoriche, delle concioni prolisse, c'è sempre da cogliere qualcosa di indicativo: la preghiera del venerdì è come una cartina di tornasole; esaminandola con cura è possibile farsi una idea dello stato delle cose, degli umori in una parola del trend dell'establishement iraniano prefabbricato — ma fino a quando? — dai religiosi C'è da dire subito come nello spazio di una settimana gli oratori abbiano cambiato registro. Consapevoli della attuale superiorità bellica, gratificati dai successi dell'aviazione — già vilipesa e perseguitata — essi ostentano sicurezza. Tuttavia, imboccati da Khomeini che sembra, finalmente, aver coniugato il suo assolutismo onirico col pragmatismo di Bani Sadr, parlano il linguaggio della saggez- za pur, ovviamente, non trascurando i toni forti della propaganda tipica di certi regimi. Ed ecco Rafsanjani gridare attraverso i microfoni: «Come ha detto l'Imam, noi amiamo la pace ma siamo uomini di guerra. Non ci ha certo rallegrato distruggere vitali installazioni irachene, perché il popolo fratello dell'Iraq è nel nostro cuore. Purtroppo la guerra è guerra. E tuttavia essa ci porta il dono miracoloso della simbiosi tra popolo e forze armate. Anche coloro che errarono, oggi offrono, in nome di Dio, la loro vita per la salvezza dell'Iran, della sua rivoluzione liberatrice. Altro risultato essa ha conseguito: dal disprezzo, dalla certezza della nostra disgrazia, gli occidentali sono passati, progressivamente, dallo stupore alla attenzione, dalla perplessità ad analisi accurate». E qui Rafsanjani cita il Guardian che, secondo lui. avrebbe mutato rotta: prima con gli iracheni adesso con gli iraniani. Non che gliene importi molto al popolo iraniano — afferma il presidente del Parlamento — ma è, comunque, un fatto da registrare. ■La grande guerra contro l'apostata Saddam — prosegue — sarà lunga e non potrà non concludersi con un colpo di Stato in Iraq. Però, attenzione, fratelli iracheni: impedite che al potere salga un Bakhtiar della situazione. La "piccola guerra" attuale dovrà, invece, terminare presto. Perché non vogliamo spargere sangue musulmano e non abbiamo ambizioni territoriali. Noi siamo islamici puri: nei nostri carri armati perduti in battaglia, il nemico trova copie del Corano. Nei tanks catturati ai mercenari, troviamo liquori e carte da giuoco. Questo vi lasci capire come Dio sia con noi». L'ayatollah Khamenei esordisce leggendo alla immensa folla la lettera ricevuta da un pilota in fin di vita. E' un colpo da maestro, poiché tutti piangono senza ritegno. «TI sole della vita s'offusca — scrive il pilota —, impietoso s'avanza il buio della morte. Spero di morire onorato e tanto mi basta, perché ho troppo peccato per presumere di ascendere fra i martiri, in paradiso. Chiesi di andare in guerra ispirato da Dio. Ogni colpo l'ho centrato in nome di Dio, almeno spero. Perdono chi mi ha colpito a morte». Ebbene, commenta l'ayatollah, tutti hanno lo stesso spirito del pilota eroico. Uomini donne, ragazzi che marciano spalla a spalla coi valorosi soldati. Lo spirito di sacrificio alimenta la rivoluzione islamica, il cui messaggio sarà fatalmente re cepito dagli oppressi della terra. Poi Khamenei sfida re Hus sein di Giordania: che mandi pure i suoi carri armati contro l'Iran, faranno l'ignobile fine che hanno fatto quelli dell'apostata Saddam Hussein. Rivolge anche un appello al popolo giordano: «Esaminate i fatti e traetene le debite conclusioni». Infine rampogna severamente quanti tralignano: «TI nostro esercito versa il suo sangue per la patria, ma sul fronte interno c'è lassismo. Nessuno vuol lavorare. Attenti operai e impiegati: se non rigate dritto andremo dall'Imam per sollecitare le debite punizioni. Complottatori attenti: il popolo farà giustizia di voi». Una sola osservazione: è sintomatico che i due comizianti non abbiano attaccato la Russia. Forse perché, ieri, ventesimo giorno di guerra, si è saputo che sono entrati in azione a Dezful e a Khorramshahr missili terra-terra di marca sovietica, giunti in Iran via Unione Sovietica. E' proprio una guerra strana, questa. Al limite della fantapolitica. Igor Man