Ungheria: un'economia di cooperazione potrà allontanare lo spettro della crisi

Ungheria: un'economia di cooperazione potrà allontanare lo spettro della crisi Ungheria: un'economia di cooperazione potrà allontanare lo spettro della crisi (BUDAPEST) Da dieci anni a questa parte esperti economici e organizzazioni finanziarie mondiali non erano cosi pessimisti nelle loro previsioni come oggi. Secondo quanto sostiene un importante gruppo di ricercatori economici, il London Economist Intelligence Unit, la crescita media, quest'anno, di quattro grandi potenze occidentali—Repubblica federale di Germania, Francia, Gran Bretagna e Italia — sarà dello 0,8%, mentre l'aumento medio dei prezzi raggiungerà il 10%. Le previsioni del Fondo monetario internazionale e quelle Dell'Ocse sono ancora più buie: essi prevedono una crescita dello 0,5% e un aumento dei prezzi dell'11,5%. Pochi anni fa le organizzazioni economiche ungheresi prestavano scarsa attenzione a simili previsioni e l'opinione pubblica difficilmente si sentiva preoccupata di fronte a notizie del genere. Fino a metà degli Anni Settanta, infatti, si credeva che né la stagnazione, né l'inflazione minacciassero lo sviluppo interno dell'Ungheria poiché l'economia nazionale — sfruttando i vantaggi della pianificazione e appoggiandosi alla comunità dei Paesi socialisti — certamente poteva affrontare le difficoltà riscontrate dall'economia mondiale. La maggioranza degli economisti era dell'opinione che l'aumento dei prezzi fosse un fenomeno transitorio che poteva essere arrestato alle frontiere del Paese, e anche se si fosse avuto qualche minore o maggiore aumento dei prezzi, il governo si riteneva in grado di farvi fronte con mezzi finanziari, come imposte e misure preferenziali. Alla fine del decennio, tuttavia, è diventato evidente che 1 processi in atto, che diventano una costante dell'economia mondiale, erano di tali dimensioni da non potere essere affrontati con misure improvvisate e provvisorie. Questa considerazione è conseguenza del carattere «aperto» dell'economia ungherese: 11 Paese necessita di molti tipi di fonti d'energia e di materie prime, e il valore totale delle esportazioni è prossimo 50% del reddito nazionale. In queste condizioni i cambiamenti intervenuti nell'economia mondiale causarono all'Ungheria considerevoli danni, poiché peggiorarono i suoi termini di scambio. Gli aumenti di prezzo colpirono l'energia importata, le materie prime, cosi come i prodotti semifiniti e i beni d'investimento che riguardavano le tecnologie aggiornate ed altri materiali d'importazione. Una soluzione era resa difficile dal fatto che la maggioranza dei Paesi socialisti si trovava in una situazione simile, ed anche le mutue relazioni all'interno del mondo socialista risentivano di questo stato di cose. L'accelerazione del processo inflazionistico nell'economia capitalista mondiale fece capire ai responsabili della vita economica ungherese che i cambiamenti delle condizioni nelle economie esterne costituiva una sfida che non si poteva eludere. I primi passi per farvi fronte furono fatti tracciando una politica di rapporti economici con l'esterno a lungo termine; nello stesso tempo, diventò evidente che, nell'interesse di un giusto orientamento dei produttori nazionali, i loro aumenti di prezzi dovevano accostarsi di più a quelli prevalenti sul mercato mondiale. Si stabili come principio di •base che i produttori nazionali e i consumatori dovevano essere coscienti dei continui cambiamenti dei prezzi correnti sui mercati esterni che riguardavano fonti d'energia, materie prime e prodotti finiti, e che le fluttuazioni dei prezzi alla produzione e al consumo dovevano essere accentuate in modo consistente. Grazie a più rigorosi condizioni manageriali — modernizzazione delle strutture produttive, miglioramento della qualità, estensione delle relazioni commerciali — la bilancia commerciale dell'Ungheria è migliorata in una certa misura negli ultimi due anni. Nel 1979 il volume degli scambi con l'estero, fuori dell'area del rublo, è aumentato dell' 11%, accompagnandosi con una dinamica crescita del 26% delle esportazioni. Il deterioramento dei termini di scambio è stato ridotto all'1,2%, che è realmente un fatto apprezzabile, se si tiene conto che i termini di scambio per i Paesi capitalisti nello stesso periodo si sono deteriorati di circa il 3%. Malgrado i frangenti più difficili, le imprese hanno potuto realizzare più intense attività di cooperazione: nello spazio d'un solo anno esse hanno concluso con aziende dei Paesi capitalisti più sviluppati 70 accordi, un terzo dei quali prevede sviluppi congiunti e il trasferimento di know-how. Sulla base di queste iniziali esperienze, quest'anno i metodi di management aziendale sono stati ulteriormente modernizzati. Sono state introdotte nuove misure per regolare la formazione del reddito, lo sviluppo, la formazione pianificata di riserve di materie prime, e non ultimo anche l'intero meccanismo dei prez¬ zi; i nuovi modelli stimolano le imprese ad entrare sui mercati mondiali e ad adattarsi meglio ad esso. Ci si aspetta che il problema sia risolto soprattutto con la riforma del sistema del prezzi. Nell'attuale situazione in¬ ternazionale, in preda a conflitti politici e a pressioni politiche, l'unica realistica alternativa per l'economia nazionale ungherese è lo sviluppo della cooperazione economica. Ciò è reso difficile, tuttavia, dagli imprevedibili sobbalzi dell'economia capitalista mondiale: produzioni diminuite, disoccupazione crescente, protezionismo in costante rafforzamento, inflazione senza limiti. Ma, come ha detto il ministro d'Ungheria per il commercio con l'estero, Peter Veress, all'apertura della Fiera internazionale di Budapest «in base al principio del reciproco vantaggio e della non-discriminazione, l'Ungheria si sforza di costruire un sistema di reiasioni con tutti quei Paesi che accettano tale principio e che lo realizzano in pratica'. GaborToth

Persone citate: London, Peter Veress