«No» laborista all'Europa
«No» laborista all'Europa OSSERVATORIO «No» laborista all'Europa Il primo compito di un futuro governo laborista dovrà essere quello di staccare la Gran Bretagna dalla Comunità Economica Europea. Cosi ha decretato ieri a Blackpool il congresso del partito, con una maggioranza eccezionale. Il successo della mozione antieuropea era previsto, ma non per questo lo choc è minore. Una volta di più, la sinistra, che ormai domina il National Executive Committee, la direzione, è riuscita a far prevalere le sue idee. Per i moderati, è una sconfitta che impone rinunce dolorose o dolorose scelte. La mozione, presentata da un potente sindacato, VAssociation of Scientifìc Technical and Managerial Staffs, esorta il Labour Party ad assumere l'impegno, nel suo prossimo manifesto elettorale, a recidere i legami fra Londra e la Cee. Il futuro governo laborista dovrebbe «disengage» (districare, sciogliere) quest'isola dall'associazione continentale. Il testo è stato approvato con 5.042.000 suffragi favorevoli e 2.097.000 contrari. Il numero dei voti è alto, in milioni, ad ogni congresso laborista, perché le Unions dispongono dei suffragi dei loro iscritti. In che misura è vincolante questa deliberazione? C'è veramente il pericolo che dopo 1*84 (anno delle elezioni generali) un governo laborista volti le spalle all'Europa? Le prospettive sono inquietanti, perché i moderati dovranno lottare aspramente per impedire l'inserimento della mozione antieuropea nel manifesto elettorale. La sinistra, capeggiata da Anthony Wedgwood Benn, sta circoscrivendo le loro possibilità di manovra. E' questo il significato delle importanti «mozioni costituzionali» sulle quali si è votato ieri, a Blackpool, anche un preludio a lunghe lotte. Una mozione chiedeva di trasferire dal leader del partito al National Executive Committee l'«ultima parola» sul contenuto del manifesto. Il testo è stato respinto, e i moderati hanno tirato un sospiro di sollievo. Ma poco dopo una minuscola maggioranza ha assicurato la vittoria a un'altra mozione che propone di trasferire dal solo gruppo parlamentare a un «qualche collegio elettorale» la responsabilità di scegliere il Party Leader. Si delinea cosi la possibilità di un Party Leader più sensibile alle idee dell'esecutivo, cioè della sinistra. E' un dibattito astioso e confuso, che ancora continua. E' stata una giornata deprimente per l'Inghilterra. Si è udito di nuovo il linguaggio dell'insularismo più gretto. Peter Shore, «ministro degli Esteri» nel governo ombra e potenziale leader del partito, si è battuto per la mozione antieuropea e ha gridato: «L'ingresso dell'Inghilterra nel Mec ad opera di Heath fu uno stupro. Uno stupro contro il popolo britannico, contro il Parlamento». Il sindacalista Jenkins ha tuonato: «Siamo stanchi di spendere i nostri introiti petroliferi per mantenere le vacche di Herr Strauss in Baviera». Le voci degli europeisti sono state soffocate dalle invettive. La Cee è stata ripudiata, derisa, accusata come un nemico. Non sono stati accettati neppure nuovi negoziati o un nuovo referendum. Mario Ciriello Anthony Benn, leader della sinistra: l'insularismo più gretto
Persone citate: Anthony Benn, Anthony Wedgwood Benn, Herr Strauss, Jenkins, Mario Ciriello Anthony, Peter Shore
Luoghi citati: Baviera, Europa, Gran Bretagna, Inghilterra, Londra
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