Quanto «rende» uno straniero di Gian Paolo Ormezzano

Quanto «rende» uno straniero LA DOMENICA di Gian Paolo Ormezzano Quanto «rende» uno straniero Le tre squadre in testa alla classifica del campionato di calcio hanno lo straniero, e anzi hanno lo straniero di nome, di grido: l'Inter ha Prohaska, la Fiorentina ha Bertoni, la Roma ha Falcao, tre nazioni calcisticamente illustri sono state salassate dal nostro football, tornato draculiano con tanto di permesso del ministro Manca. La squadra che, di tutte le «papabili», sta più indietro rispetto al pronostico, il Torino cioè, non ha ancora potuto utilizzare il suo straniero. Però delle cinque squadre senza straniero una, il Catanzaro, è addirittura alla pari con la Juventus, nonché davanti al Torino, mentre l'Ascoli ha battuto il Napoli «farcito» di Krol. Per completare il «giro», si dica pure che le altre tre senza straniero, cioè Cagliari, Como e Brescia, sono assai inguaiate. E' difficile rintracciare una linea chiara, una ideologia precisa dello straniero nel nostro campionato, ma il dato statistico delle tre prime è quello più importante, appariscente e convincente insieme. Lo straniero se non altro ha fornito uno spirito nuovo, è stato un doping: non tanto lo straniero con la sua presenza effettiva, concreta (per fare un esempio: in Roma-Brescia Falcao non ha quasi mai toccato la palla), quanto lo straniero con la sua immanenza, il suo prestigio, il suo pungolo. Da qui a decidere che i nostri professionisti sono dei perfetti imbecilli, se hanno bisogno di «iniezioni» di questo tipo per dare il meglio di se stessi, il passo potrebbe essere breve. Ma si può anche pensare ad un calcolo abbastanza furbo, per non dire intelligente, dei bipiedi indigeni: e cioè, migliorando il gioco e il rendimento «perché» c'è lo straniero ma non «grazie» allo straniero, fra un paio di campionati essi, fattisi stranieri nella mentalità e nel conseguente rendimento, potranno anche aspirare ai compensi che ora sono soltanto per gli stranieri. Perché, sempre restando alla Roma, per ora a un Di Bartolomei (o ad un Ancelotti) sta bene Falcao che guadagna due volte e mezzo lui, ma alla fine di questo torneo, o del prossimo, non è improbabile che Di Bartolomei riesca a man- dare in porto una operazione di «rialzo» di se stesso, convincendo il presidente, anche con l'evidenza dei fatti, che lui fa almeno quanto Falcao. I nostri professionisti userebbero cioè lo straniero come un rompighiaccio per accedere a stipendi più alti: e forse non è un caso che, arrivato Prohaska, nell'Inter sia cresciuto Pasinato, e che, arrivato Brady, nella Juventus abbia ripreso ad andare forte Tardelli. Grazie allo straniero venuto da lontano, il nostro giocatore insomma riuscirebbe a diventare straniero a se stesso, a quello che è, cioè all'italianaccio (o italianuccio) presto arrivato, poco professionale, lavativo oppure subito satollo, a piacere. Straniero cioè estraneo, finalmente estraneo, al mezzo giocatore, al mezzo professionista che adesso è. Chi vivrà vedrà, specie se non ci saranno troppi altri scioperi televisivi. Comunque il calcio ieri ha pagato relativamente poco per lo sciopero della tivù: nel senso che sono state tolte agli utenti le previste immagini del tennis, e cosi a partire da mezzogiorno, ora in cui si è saputo che dal Foro Italico Panatta e C. proprio non potevano andare in onda, in qualcuno o in molti è maturata l'idea di andare allo stadio. La domenica precedente ben più vaghe, e poi smentite dai fatti, erano state le incertezze relative alla corsa di formula 1 a Imola: e senz'altro l'ipotesi (poi fattasi realtà) di vedere la corsa in tivù aveva colpito, sia sul piano dell'attesa psicologica che su quello della vendita dei biglietti, il campionato di calcio alla sua prima giornata. Da domenica prossima il calcio trova ancora la concomitanza di un grosso evento automobilistico (il G. P. del Canada), mentre comincia il campionato di basket, ma sì tratta di tutto un insieme di incontri, peraltro abbastanza misteriosi, vista la formula assurdamente complessa del torneo, e non invece di un grosso avvenimento unico, distraente. Nei centri dove c'è grande basket e magari c'è calcio appena medio — e comunque, c'è concorrenza — differenze di orario permettono poi allo sportivo pagante di accedere ad entrambi gli spettacoli: quando addirittura non siano propiziate, dalla ubicazione degli impianti, certe migrazioni facili da un posto all'altro (si pensi allo stadio ed al palasport di San Siro, ai due stadi di Varese...). La meteorologia prevede un bellissimo autunno in quasi tutta l'Italia. In una trasmissione radiofonica che doveva riempire «sportivamente» lo spazio di • Tutto il calcio minuto per minuto; Renzo Arbore ha detto ieri di essere preoccupato perché la gente non si chiude nei cinema, meglio se a vedere il suo film (ma questa pubblicità ha un costo, un prezzo?). Il calcio ha davanti prospettive abbastanza solari, e decisamente «straniere» alle ipotesi che la doverosa rovinologia suggeriva ancora pochissimo tempo fa. Quanto poi ad essere semplicisticamente lieti di ciò, è un problema di coscienza. Ma la coscienza prosegue le sue ferie, nei calciofili almeno, ben al di là di quelle del corpo. Gian Paolo Ormezzano Roma. Falcao, poco gioco ma buon esempio fra i giallorossi (Tel.)

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