E' bella e selvaggia (ma tanto scomoda) l'ultima spiaggia della verde Calabria di Donata Gianeri

E' bella e selvaggia (ma tanto scomoda) l'ultima spiaggia della verde Calabria Viaggio nell'unico boom turistico di questa parca estate del 1980 E' bella e selvaggia (ma tanto scomoda) l'ultima spiaggia della verde Calabria Novecento chilometri con soffici arenili, boschi, un mare vergine - Non ci sono però strutture; gli ospiti vivono in campeggi: un passo avanti significherebbe il cemento e la speculazione CAPO VATICANO (Calabria) — II ritrovamento di Anna Rosa Brusin nell'Aspromonte è stato un colpo basso infetto al nascente turismo Calabro. «Avrebbero potuto portarla nelle Puglie o in Basilicata — si lamenta un assessore di Ricadi, baffi neri, occhi dolcissimi, proprietario di un grosso campeggio — anziché qui. Per fortuna è un caso sporadico, inoltre la stagione turistica volge al termine. Niente che ci accomuni, per carità, con la Sardegna, dove gli ombrelloni si alternano ai gorilla e le ville sono ormai trasformate in casematte». Sorride timidamente, conscio del paragone azzardato: qui di ville, in realtà, se ne vedono pochissime e nessuno si sognerebbe, credo, di rapire qualcuno di questi turisti da tenda o roulotte e di patrimonio ignoto, che invadono massivamente l'incantevole costa. La Calabria è considerata il best-seller turistico di questa parca estate 1980. A decine di migliaia le macchine hanno percorso i mille chilometri che separano Milano e Torino da Vibo-Valentia, dove si diramano sperdendosi nei mille anfratti, promontori, paesini dal nome insolito, Coccorino, Ioppolo, Firilli, Barbalaconi. Lungo il litorale non si vedono che targhe di Torino e Milano; pochissimi i meridionali, scarsi e quasi inesistenti gli stranieri. Il richiamo del profondo Sud coinvolge soprattutto il Nord: d'estate, gli estremi si toccano. Ma dove vanno tutti questi turisti? La costa calabra, estesa per 890 km di litorale è quanto mai avara di alberghi. «Vanno nei campings, nei villaggi, nelle case dei pescatori—mi dicono alla Pro-loco di Tropea — la zona offre ben quaranta campeggi di cui trenta a Capo Vaticano e dieci verso Zambrone. Gli alberghi invece sono una decina in tutto e per lo più di altissimo livello». Anche questo non permette un conteggio esatto dell'attuale calata turistica, debole in luglio, ma inarrestabile in agosto, mese nel quale ha superato le punte massime dello scorso anno: c'è chi parla di 50.000 turisti nella sola zona di Ricàdi-Capo Vaticano, chi di 100.000 e più. Persino Tropea, bellissima, arroccata sul mare e calcinata dal sole, è soggetta a un turismo vagante: mèta inderogabile per chi transiti in barca o in macchina, rigurgita sino a tarda notte di campeggiatori venuti a prendere la granita nei bar della piazzetta e di hippies che sbarcano il lunario vendendo collanine e orecchini in ottone fatti con le loro mani. I ristoranti alla moda sono due, ma la gente si rovescia in massa nelle pizzerie: i negozi d'un certo tono vendono artigianato Calabro oppure corallo lavorato a Torre del Greco (e più spesso a Hong-Kong), ma quelli presi d'assalto sono i banchetti che espongono paglie, lungo la strada. Insomma, fatti i debiti conti, si conclude che è un turismo medio-basso. incapace di portare molti soldi; ma è ormai difficile, dicono, tornare indietro. Eppure la Calabria ha tutte le carte in regola per im¬ e o , e porsi: unacqua di limpidissima giada, spiagge soffici di rena bianca, promontori verdeggianti di pini, boschi fitti di ulivi, una natura ancora vergine che dà magnifico pesce e frutta dal sapore dimenticato. Ma continua ad essere, malgrado ciò, una delle regioni più povere d'Italia. Ha avuto persino un suo aedo: Giuseppe Berto, che nel '54 scopri Capo Vaticano, acquistò per 300.000 lire 20.000 metri di terreno dal signor La Sorba e vi fece costruire una villa, la Pinnada, né bella né brutta, in compenso candida e folkloristica, fatta su modello delle stalle locali. Berto amò moltissimo questo sperone proteso su un mare cristallino in quei tempi sconosciuto ai più e frequentato da quattro gatti: Capo Vaticano diventò la sua dimora elettiva e lo sfondo di alcuni suoi romanzi, per esempio «Il male oscuro-. Oggi lo scrittore è sepolto qui, a San Nicolò di Ricadi, e nella casa abita la sua vedova. Intorno alla Pinnada sono spuntate altre ville bianche, non molte, che gl'indigeni segnano a dito. Come le ville, son da contare sulle dita anche gli alberghi: nel '67 nasce una prima pensione che prende il nome dalla spiaggia su cui domina il Capo, poi un paio di alberghi. Ed è. più o meno, tutto. Invece, dilagano i camping, che per i calabresi, contadini e marinai, improvvisatisi operatori turistici, costituiscono il modo più abbordabile di operare: scarseggiano i mezzi, non esistono attrezzature, manca l'esperienza. Le distese ampie e deserte, i grandi boschi d'ulivi, gli aranceti a perdita d'occhio danno un suggeri- mento elementare: facciamo dei camping. Inoltre, e soprattutto, ci si arrangia all'italiana: non è permesso edificare in vicinanza della spiaggia? Benissimo, succede allora che il proprietario d'un villaggio dai tukul in paglia degradanti verso il mare, approfitti d'una notte di luna piena per versare un'abile colata di cemento sulle capanne trasformandole, alla meno peggio in bungalows, sia pure del tipo bunker, ma con una mano di vernice, neanche tanto male. C'è poi chi ottiene il permesso di erigere una villa e durante la costruzione dilata la villa al punto di darle l'aspetto, alla fine, d'un bel complesso residenziale, composto di svariati appartamentini ovviamente affittabili. Ma l'avventurosa scomodità ha un suo fascino. Specie se compensata da un paesaggio mirifico e intatto. E la Calabria, almeno per ora, è salva: salva dai condominii, dai casermoni in cemento armato, dagli stabilimenti balneari con cabine e juke-box. Salva da tutto quello che la speculazione e il conforto si portano dietro. Oltre al mare violetto è ancora in grado di offrire cose senza prezzo, come la solitudine e il silenzio. E', davvero, -l'ultima spiag¬ gia- Donata Gianeri

Persone citate: Anna Rosa, Berto, Calabro, Giuseppe Berto, Ioppolo