L'incontinenza di Fassbinder di Stefano Reggiani
L'incontinenza di Fassbinder Un'opera in quattordici episodi L'incontinenza di Fassbinder DAL NOSTRO INVIATO VENEZIA — Brandelli di città e di civiltà galleggiano in questa giornata della mostra, proposte piccole e grandi di lettura politica. Per esempio, si sa che La ragazza di via Millelire di Serra è il tentativo coraggioso di intendere, con un pezzo emarginato di Torino, uno stato sofferente del mondo industriale e delle sue lacerazioni. Il tentativo ha coinvolto con la Rai l'amministrazione del Comune: è stata una divisione dei meriti e dei rischi. E'curioso Che al film televisivo sulla periferia ferita e accusatrice di Torino la giornata abbia contrapposto il gigantesco recupero in quattordici episodi, opera lecita solo alla tv, di un fondamentale romanzo di Alfred Doeblin, Berlin Alexanderplatz per mano di uno dei registi tedeschi più affascinanti e incontinenti, Rainer Fassbinder. Berlin Alexanderplatz usci nel 1939, ebbe presto, nel 1931, una traduzione cinematografica, e poi fu tenuto nel bene e nel male come la testimonianza più avvertita sulla Germania prehitleriana. Romanzo espressionista, mescolanza di monologhi interiori e di scampoli reali, notizie, bollettini, l'opera di Doeblin si legge ancora oggi in modo singolare, con grande fatica all'inizio e poi, via via, rinfrancati e presi da una storia che non è una storia, disavventure esemplari di un ex carcerato che fa il proposito di essere onesto «tra l'ordine e il disfacimento», in un didattico attraversamento del male, dell'amore, del delitto e dellapazzìa. Si disse che il miglioramento stilistico del romanzo, durante la sua stesura, fu dovuto alla conoscenza che Doeblin ebbe di Joyce. Può darsi, anche lui lo ammise; ma noi siamo qui per discutere di Fassbinder. Ieri si sono viste le prime due puntate, unite a formare una specie di film preambolo, non sufficienti a giudicare la riuscita complessiva dell'impresa, bastanti per apprezzare di nuovo questo autore antipatico e mostruoso che secerne cinema come una lumaca la sua scia, questo regista geniale che agli intervalli di noia può far succedere invenzioni e intuizioni espressive dove si condensano un sentimento, un'epoca e i suoi pesi culturali, anche l'ironia e la pietà venuti dopo. Ecco Franz Bìberkopf (la faccia ottusa, paziente, astuta di Guenther Lamprecht) che esce dal carcere per riconquistare il suo angolo in una problematica Berlino spremuta dalla crisi e anche forsennatamente allegra e distratta. Lui ha ucciso in una lite, per eccesso di pugni, la sua fidanzata, adesso vuol essere onesto, trova Lina ex prostituta che va ad abitare nella sua casa, s'arrangia a vendere fermacravatte e poi opuscoli di divulgazione sessuale. Non dura. In un locale sulla Hasenheide (fumosi interni di una sarcastica rivisitazione) trova un puro tedesco che gli offre di vendere il giornale del nascente nazismo. Il grosso della storia, l'amicizia con Reinhold, l'uccisione della prostituta Mieze, verrà nette altre puntate; ma le prime sono bastate per vedere l'impronta di Fassbinder e anche, nel ruolo di Eva, il fuggevole, agro sorriso della sua preferita Hanna Schygulla. Altro film della giornata il francese Due leoni al sole di Claude Faraldo. Chi non si lascia traviare, all'inizio, da certi tic francesi, dal gioco del gomitolo che si srotola per scosse leziosamente prolungate, trova una storia di tutto rispetto, piena di finezza, una parabola che ha l'impazienza della realtà. Due amici omosessuali, due operai tornitori con un passato coniugale, cercano un piccolo spazio di libertà. Come a tanti 'leoni senza artigli» gli piacerebbe non lavorare, viaggiare, essere generosi con gli altri. Non hanno la stoffa dei delinquenti (e poi, servirebbe?), ma l'ostinazione dei contestatori individuali. Mollano tutto, sperperano i soldi di un imbroglio quasi legale in avventure di paese, di vacanza, prima di accingersi a un soddisfatto suicidio. Ci riusciranno? Per i leoni al sole decidono di solito i cacciatori. Ma l'importante è provarci e trovare un regista come Faraldo che è bravo, che capisce Stefano Reggiani
Persone citate: Alfred Doeblin, Berlin, Berlin Alexanderplatz, Claude Faraldo, Doeblin, Franz Bìberkopf, Hanna Schygulla, Lamprecht, Rainer Fassbinder
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