La lira esce dal gruppo delle monete forti che determinano il valore dei prestiti Fmi

La lira esce dal gruppo delle monete forti che determinano il valore dei prestiti Fmi La lira esce dal gruppo delle monete forti che determinano il valore dei prestiti Fmi Assieme alla nostra moneta altre undici - Baffi e Pandolfi, a Washington per l'assemblea del Fondo monetario, hanno detto che la decisione dovrebbe essere riesaminata annualmente - Nubi sull'economia occidentale DAL NOSTRO CORRISPONDENTE NEW YORK — Dal primo gennaio '81, la lira italiana uscirà dal paniere di monete su cui, dalla loro nascita, è stato calcolato il valore dei diritti speciali di prelievo, i crediti tra Stati, una specie di oro-carta, usati dal Fondo Monetario Internazionale soprattutto per i finanziamenti dei Paesi emergenti. Non si tratta però di un provvedimento di sfiducia né nei confronti della nostra economia né in quelli della nostra politica. Con la lira italiana, sono uscite infatti dal paniere altre undici divise, tra le quali alcune «forti*, come il fiorino olandese o il franco belga. Si tratta invece di una misura tecnica, dettata dalla necessità di unificare il regime del valore dei diritti speciali di prelievo e quello dei loro tassi d'interesse, sempre calcolati sul paniere ristretto del dollaro, del marco tedesco, della sterlina, del franco francese e dello yen giapponese. In assenza del ministro del Tesoro, Pandolfi e del governatore della Banca d'Italia, Ciampi, rientrati a Roma sabato scorso per la crisi di governo, il governatore onorario, Baffi, e il direttore generale, Dirti, hanno preso atto della decisione del Fondo Monetario Internazionale, sottolineando però che essa dovrebbe essere riesaminata annualmente. Essi hanno espresso il parere che le cinque valute «possono essere sufficienti» a definire anche il valore dei diritti speciali di prelievo, oltre che il loro tasso d'interesse. Ma hanno avanzato qualche riserva sulla composizione del paniere: esso è ancorato per il 42 per cento al dollaro, il 19per cento al marco, e il 13 per cento ciascuno alla sterlina, al franco e allo yen, e attribuisce perciò un peso forse eccessivo alla moneta Usa. Questa misura tecnica, annunciata il 18 scorso, è stata oggetto di una delle più importanti riunioni preliminari della 35" assemblea del Fondo Monetario Internazionale a Washington, dove l'Italia ha trovato manifestazioni di simpatia e di fiducia. Per quanto riguarda l'Europa e l'America, i partecipanti hanno insistito sulla necessità di ridurre, llnflazlone e di equilibrare la bilancia dei pagamen ti. Il gruppo dei dieci, l'organo dei Paesi più industrializzati, ha asserito in un comunicato che «nonostante il recente allentamento dei tassi inflazionistici vi è poco spazio per un risanamento delle politiche monetarie e fiscali». Esso ha anche notato «con preoccupa¬ zione» che «le prospettive per l'economia mondiale non sono migliorate». 17 suo pessimismo non è stato temperato neppure da un rapporto «di speranza» dell'Ocse, secondo il quale il calo dell'inflazione dovrebbe accentuarsi, ed entro due o tre anni si potrebbe guardare a «un periodo di ricostruzione». Più che all'Italia, all'Europa o all'America specificamente, l'assemblea del Fondo Monetario Internazionale quest'anno deve tuttavia prestare attenzione all'Opec e ai Paesi emergenti. Il motivo, come ha dichiarato il ministro del Tesoro Usa, Miller, «è insieme consolante e inquietante». Da un lato infatti, negli ultimi mesi si è placato il timore di un crollo del dollaro o di un conflitto di interessi in seno all'Occidente. Dall'altro, si sono imposti come i più urgenti i problemi dell'energia, il petrolio innanzitutto, e della fame, gli stessi affrontati dall'Onu, sinora con scarso successo. Tali problemi sono discussi non tanto alla luce dei bisogni dei Paesi industrializzati, quanto a quella dei bisogni del Terzo Mondo. L'organo politico del Fondo Monetario Internazionale è il comitato ad interim, che in assenza di Pandolfi è stato presieduto dal ministro delle Finanze austriaco, Androsch. Esso ha maturato una serie di progetti che promettono di alterare notevolmente le funzioni del Fondo stesso. L'obiettivo principale è accrescere il suo ruolo nel processo di finanziamento degli squilibra della bilancia dei pagamenti dei Paesi emergenti, il cui deficit petrolifero sarà quest'anno di 68-76 miliardi di dollari. Il direttore del Fondo, il francese De Larosière, ha proposto con l'appoggio occidentale quanto segue: 1) liberalizzare le politiche di prestito nell'ammontare, dal 100 per cento al 600 per cento delle quote; 2) liberalizzarle per la durata, da uno a tre anni; 3) reperire capitali presso l'Opec; 4) reperirli nei mercati finanziari internazionali privati, emettendo obbligazioni tipo quelle della banca mondiale. Un ostacolo all'attuazione del terzo punto è l'insistenza dei Paesi arabi ricchi a fare ammettere al Fondo come osservatore l'Organizzazione per la liberazione della Palestina in cambio del loro aiuto. In questo quadro, si è tornati a discutere del cosiddetto Fondo di sostituzione, cioè di una messa a disposizione di De Larosière di alcuni miliardi di dollari da parte dei Paesi industrializzati: e si è assunto l'impegno di una nuova emissione dei diritti speciali di prelievo, per un ammontare ancora imprecisato. Ennio Carette

Persone citate: Baffi, Ciampi, Ennio Carette, Miller, Pandolfi