I solitari dell'Atlantico rievocano le avventare della grande traversata di Paolo Bertoldi

I solitari dell'Atlantico rievocano le avventare della grande traversata Si incontrano a Milano i cinque «pazzi italiani» della Ostar I solitari dell'Atlantico rievocano le avventare della grande traversata MILANO — / cinque italiani che hanno preso parte alla sesta edizione della Ostar si sono ritrovati nei giorni scorsi a Milano. La Ostar (o, alla francese, .transat*) è la più famosa e contrastata delle regate veliche. L'hanno lanciata nel 1960 Chichester e Hasler come sfida all'inglese su chi fosse più bravo ad attraversare l'Atlantico tutto da solo. E' diventata ora una gara da professionisti o da matti. Nel giugno scorso gli .italiani pazzi- sono stati Austoni Sicouri, Venturin, Panada e Chioatto, che hanno preso il via da Plymouth verso Newport, tremila miglia di mare e di tempeste da affrontare. In precedenza, dal '68 ad oggi, altri tredici connazionali avevano tentato la prova oltre a Ida Castiglioni, unica donna del nostro paese più ricco di coste che di marinai ad aver gareggiato in A tlantico. Assistiti da Eolo Pratella, radioamatore, pubblicista e dirigente, e salutati da Ambrogio Fogar, i cinque hanno rievocato avventure incredibill Austoni, 35 anni, chirurgo milanese, era alla sua seconda .transat*. Nella prima aveva impiegato 37 giorni. Avendone a disposizione soltanto 38 di ferie, dopo tutto quel navigare si era imbarcato immediatamente su un aereo ed al trentanovesimo giorno si trovava già nella sua clinica di Milano a fare il turno di notte. Nella recente transatlantica Austoni se l'è sbrigata in venti giorni, cosicché ha potuto godersi l'America per un paio di settimane prima di rien tare a II 'ospedale. Il giovane medico che si era tenuto in allenamento in oceano curando due dita fratturate da una drizza rottasi all'improvviso, è riuscito a classificarsi settimo assoluto secondo tra i monoscafi Affermazione tecnicamente tra le più valide. Il suo rivale tra gli italiani è stato Secourl ventiseienne, laureato in matematica pura. Il francese di Genova ha avuto mezza prua scassata da una ondata quando si trovava tra i primissimi. E' riuscito a riparare i danni portando il Guia-Fila ad un brillante quindicesimo posto. L'impresario milanese Venturin ed il napoletano Panada erano due matricole della .Ostar*. Il primo aveva il battello più piccolo tra 120 partecipanti, il .Cecco*, lungo soltanto m. 7,92. Ha navigato 38 giorni arrivando molto bene in America. Panada, di professione maestro di karaté, ha corso da solitario sul diciassette metri .Mu Lat* — dice — per potere fare il ritorno con la famiglia. Non aveva puntigli di piazzamento ed è felice di aver portato a termine una grossa impresa velica. La .terribile avventura* è toccata però ad Antonio Chioatto, studente di 28 anni, milanese. Tonino gareggiava sul trimarano .Mattia T-ll*. Il 6 luglio, dopo aver superato forti tempeste, si trovava a 500 miglia dall'arrivo quando il suo pluriscafo si è capovolto. Racconta: .La mia fortuna è che proprio nell'istante del disastro ero in collegamento col radioamatore di Imperia Eugenio. Per di più Panada anche lui in gara mi stava ascoltando. Avevo appena finito di fare il punto e dire che le condizioni del mare erano terribili*. Con una voce turbata lo in terrompe Panada. «Certo, le onde erano tra i sette e gli otto metri ed il vento ad oltre 100 chilometri all'ora. Un'onda più cattiva delle altre in quel momento ha capovolto V "Angelo Azzurro"». Che cosa si prova in quegli istanti? «Tutto e niente. La prima frase che mi ha attraversato il cervello è banale: "ho fatto la frittata". Poi mi sono distratto perché ho dovuto dedicar¬ mi al recupero della tuta di sopravvivenza». Chioatto ha appreso a sua spese che con mare duro un battello capovolto si comporta esattamente come uno scoglio. Le onde si infrangono. Per due volte lo hanno strappato dal fragile rifugio per di più asportando anche i viveri e la radioperl'S.OJS. Molta paura? gli chiede qualcuno. «Il terrore è sempre retrospettivo. La prima notte, aggrappato al battello, è stata dura. Per due volte le onde mi hanno strappato alla deriva a cui mi tenevo». Dopo tre giorni il mercantile sovietico .Umbrinat lo ha salvato. Antonio Chioatto, che è alto 1,90 e pesa 85 chili, aveva perso in quel periodo circa cinque chili. Paolo Bertoldi

Luoghi citati: America, Genova, Imperia, Milano, Plymouth