Le imprese sollecitano indennizzi dal governo di Eugenio Palmieri

Le imprese sollecitano indennizzi dal governo Le imprese sollecitano indennizzi dal governo La «Condotte» rischia un crack di 500 miliardi: i militari iraniani le hanno requisito il cantiere - Il sottosegretario Gunnella: «Interverremo con strumenti ordinari e straordinari» ROMA — L'atmosfera si è fatta subito pesante quando il discorso tra il sottosegretario agli Esteri Qunnella e i rappresentanti delle 50 imprese italiane presenti in Iran e Iraq è caduto sulla situazione della Condotte, la società, del gruppo Italstat, impegnata nella costruzione del porto di Bandar Abbas. Per la Condotte, è stata la sintesi dell'intervento dei suoi dirigenti, ieri alla Farnesina, è ormai una questione di sopravvivenza: il rischio è un crack di 500 miliardi, oltre all'incertezza sulla sorte dei 190 italiani impegnati nei lavori. Ounnella si è impegnato per una «urgente convocazionedel Cipes, il comitato interministeriale per la politica economica all'estero, per interventi in tempi brevi a favore delle aziende italiane che versano in una grave situazione in seguito al conflitto tra i due Paesi del Golfo Persico. «La situazione per noi è grave a Bassora, ma in Iran molto meno», ha detto Gunnella. Le imprese vorrebbero mandare tutti fuori per stato di guerra, ma il nostro ministero non ha i poteri per fare ciò, ha aggiunto. I rapporti sono tra le aziende e gli Stati. «Le iniziative delle imprese in relazione a qualsiasi loro determinazione sono di loro responsabilità.. 'Non è vero che noi rifiutiamo di dire: c'è il rischio guerra, rientrate tutti e paghiamo tutto—ha specificato il sotto segretario —. Il governo è pronto a fare tutto per chi voglia evacuare, ma la guerra non è totale, e l'evacuazione totale non è necessaria: esamineremo la situazione delle aziende per intervenire con strumenti ordinari e straordinari. Nei prossimi giorni indicheremo azioni concrete da seguire, ma sempre differenziando i rapporti di tipo privatistico da quelli tra Stato e Stato». Patto sta che la Condotte è il caso più drammatico dopo che il cantiere è stato requisito dalle autorità militari iraniane in previsione di uno spostamento della guerra verso gli Stretti di Hormuz. Una perdita di 500 miliardi metterebbe in crisi tutto il gruppo Italstat (25.000 dipendenti con un fatturato annuo di 1000 miliardi). E' intenzione del presidente Corbi di non chiudere il cantiere, rimasto sempre aperto, anche nei momenti più critici della rivoluzione: per non perdere i crediti che il gruppo vanta finora per i lavori eseguiti, circa 200 miliardi, senza contare che diverrebbe pressoché impossibile recuperare le costose attrezzature di un valore non inferiore ai 300 miliardi. Come se non bastasse, le autorità iraniane hanno già avvertito che, in caso di interruzione, non mancherano di appropriarsi delle fideiussioni bancarie. La difficoltà maggiore è costituita dal fatto che la Condotte, per la commessa iraniana, non dispone di alcuna copertura assicurativa in caso di guerra. Già dal 1974 — si fa notare negli ambienti del gruppo industriale italiano — era stata chiesta questa assicurazione alla Sace (l'assicuratrice pub¬ betrrgnsmlc blica per gli investimenti esteri), ma, nonostante i ripetuti inviti del governo a restare in Iran e nonostante fossero state ripetutamente date garanzie sulla copertura finanziaria, un contratto in tal senso non è stato ancora firmato. E ieri nella riunione alla Farnesina non sono mancate critiche all'operato del governo in Iran, dove le imprese italiane hanno subito gravi penalizzazioni. I rappresentanti della Condotte, peraltro corretti dal vicedirettore dell'Ufficio economico degli Esteri, Attolico, hanno fatto notare come, dopo il rifiuto da parte del governo di dare seguito alla famosa fornitura degli elicotteri al regime rivoluzionario, Teheran abbia chiuso i rubinetti dei finanziamenti per Bandar Abbas. Le difficoltà non riguardano soltanto la Condotte, certamente la più esposta, ma anche, ad esempio, la Cogefar (gruppo Bastogi) che opera nel settore edilizio e che sa¬ rebbe anch'essa senza tutela assicurativa. Negli ambienti della Sace si fa rilevare che a questo punto, anche di fronte al pericolo che alcune commesse vengano revocate, è il governo che deve decidere o autorizzando la società a fornire le garanzie assicurative richieste dalle imprese o studiando «forme alternative», quali specifici interventi di indennizzo per eventuali perdite economiche subite. Nell'incontro con il sottosegretario Gunnella era presente anche l'Ance, l'associazione dei costruttori privati, che già giovedì sera aveva emesso un comunicato per richiamare il governo a rispettare gli impegni assunti nell'aprile scorso. Meno preoccupante il clima che si respira all'Italimpianti, la società del gruppo Iri che sta costruendo ad Isfahan un'acciaieria per un valore di circa 1300 miliardi. [ Eugenio Palmieri

Persone citate: Attolico, Bandar Abbas, Corbi, Gunnella

Luoghi citati: Bassora, Iran, Iraq, Isfahan, Roma, Teheran