Stonato un gruppo di 70 italiani Roma protesta per ottenere i visti di Franco Mimmi

Stonato un gruppo di 70 italiani Roma protesta per ottenere i visti Stonato un gruppo di 70 italiani Roma protesta per ottenere i visti I nostri connazionali fermi al confine con la Giordania - L'Urss assicura collaborazione per passare dal suo confine con l'Iran - Il sottosegretario ha convocato l'ambasciatore iracheno ROMA — Il governo di Baghdad sta frenando l'evacuazione degli italiani dall'Iraq: questo il dato più importante uscito dalla conferenza stampa tenutasi ieri al ministero degli Esteri, durante la quale i sottosegretari Della Briotta (psi) e Gunnella (pri) hanno fatto il punto rispettivamente sulla situazione dei nostri connazionali e sui problemi economico-finanziari che le nostre imprese operanti in quei Paesi si trovano di fronte. Della Briotta ha poi convocato alla Farnesina l'ambasciatore iracheno a Roma, Taha Ahmed al-Daud «per esprimere la preoccupazione del governo italiano». Perché Baghdad frena l'esodo, centellinando i visti d'uscita? L'ipotesi che si potrebbe fare, ha detto Della Briotta, è che il governo iracheno si senta sicuro della fine imminente e per lui positiva del conflitto, e voglia pertanto evitare i problemi di riavvio dei vari cantieri. I lavori, infatti, dopo i guasti provocati dal conflitto diverranno anche più urgenti. Certo è che da Baghdad n e r e i i i , e i non si fanno difficoltà per rilasciare i visti ai familiari, ma per i lavoratori tutto è divenuto molto più lento. I nostri rappresentanti diplomatici, che nei primi giorni erano riusciti a ottenere addirittura di far passare gli italiani in Kuwait senza visto d'uscita, e che speravano di ottenere altrettanto per quelli che da Baghdad si sono diretti verso la frontiera giordana, oggi si trovano di fronte a un'osservanza fiscale delle pratiche burocratiche. TI fatto che tale osservanza sia stata ripristinata anche a Sud, verso il Kuwait, cioè nella zona più colpita dalle incursioni iraniane dei primi giorni, potrebbe suonare a conferma dell'ipotesi illustrata da Della Briotta. Purtroppo, però, il nuovo atteggiamento iracheno ha bloccato al confine 70 delle 100 persone che due giorni fa si erano avviate con un'autocolonna verso la Giordania. Di quelle lasciate transitare, 27 tra donne e bambini sono giunte ieri sera a Fiumicino. Altri 350 italiani sono in movimento verso la Giordania. Tutte sono dirette a Amman, dove sono già state prenotate 200 camere d'albergo e dove un De 8 dell' Alitalia è pronto a giungere per riportare in patria i nostri connazionali. Una volta che si sia riusciti a ottenere il visto a queste persone, in Iraq rimarranno meno di mille italiani. Alcuni marinai della «Golfo di Palermo», ferma a Bassora, sono passati in Kuwait, gli altri sono rimasti sulla nave, che è stata anche mitragliata, ma senza danni per alcuno. T freni posti dagli iracheni sono il primo intoppo alle operazioni approntate dalla Farnesina e dagli ambasciatori nei vari Paesi della zona: non solo in Iran e Iraq ma anche Kuwait, Arabia Saudita, Siria, Giordania. Contatti continui sono stati tenuti pure con altri Paesi, tra cui la Russia, che ha assicurato la sua collaborazione qualora nostri connazionali ora a Teheran decidessero di lasciare il Paese dirigendosi vero il confine sovietico. Sono partiti verso Teheran o Isfahan anche gli italiani che si trovavano a Ahwaz, cioè in zona di guerra. E' sempre bloccata nel porto di Khorramshahr la «Capriolo», con i suoi 40 marittimi, ma gli altri lavoratori italiani in Tran sono in aree defilate, dove il lavoro continua. Qualche problema, però, potrebbe sorgere per i 129 dipendenti (e 60 familiari) della Ttalcontractor, che guidano i lavori del porto di Bander Abbas. «Giovedì mattina — ha comunicato la società —autorità iraniane hanno requisito il cantiere per utilizzarlo a fini bellici, per sbarcare derrate alimentari e utilizzare il carburante e i materiali». «Abbiamo detto alle imprese — ha detto Della Briotta — che i familiari vanno senz'altro fatti evacuare. Quanto ai lavoratori, si deve fare una distinzione: siano evaquati quelli dispensabili per il mantenimento delle strutture, qualcuno resti per le operazioni indispensabili». TI timore che si nutre alla Farnesina è, chiaramente, quello per la tutela dei nostri connazionali, ma anche di non far sentire a Iran e Traqupcpnpn un dissolversi della nostra presenza. In Iran perché le commesse delle sole aziende a partecipazione statale passano i 4 mila miliardi; in Iraq perché, commesse a parte, da quel Paese ci attendevamo, negli ultimi tre mesi dell'anno, 5 milioni di tonnellate di greggio. E già la quantità dovrà scendere, poiché i terminali sul Golfo sono stati chiusi e ora Baghdad si affiderà alle pipelines che sboccano in Libano, Siria e Turchia, capaci di coprire per soli due terzi la rinuncia alle petroliere. Franco Mimmi

Persone citate: Della Briotta, Gunnella, Taha Ahmed