Fratello orso d'Abruzzo

Fratello orso d'Abruzzo IL PARCO NAZIONALE SI RIPOPOLA DI ANIMALI SELVATICI Fratello orso d'Abruzzo Sembrava condannato all'estinzione: aggi se ne contano cento esemplari - Nessuno ne parla più con paura, e tramonta anche la leggenda del lupo famelico - Un'assidua propaganda e indennizzi a coltivatori e allevatori danneggiati - Si moltiplicano cervi e camosci, ritorna la lince - Aumenta il turismo DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE PESCASSEROLI — L'orso è passato la notte scorsa sul muro in costruzione a monte della strada che porta dal fondo valle a Ci vitella Alfedena. Il cemento appena consolidato mostra per decine di metri le impronte del bestione; sembra essersi divertito a premere sulla malta quando era ancor morbida. L'abitato di Villetta Barrea, vicino al lago, si trova a meno di un chilometro. L'orso, nottambulo per abitudine e necessità, vagava sema paura in cerca di ghiottonerie, verso i vigneti e i frutteti. Non è facile incontrare orsi allo scoperto. Ma una guardia del parco mi racconta di un campeggiatore che ne ha visto uno, con comprensibile emozione, dietro la sua tenda in Val Fondillo. Gli orsi bruni d'Abruzzo, o marsicani, sembravano condannati all'estinzione. Oggi sono un centinaio. Vivono protetti nel Parco Nazionale e nelle arse circostanti, dove il bosco è più fitto, sconfinando in Campania fino ai dintorni di Caserta. Qui nessuno ne parla con paura. Gli agricoltori e i pastori ne conoscono il carattere e i gusti, distinguendo tra l'orso «canal- o eeoaci n n è da el ", il è tzante pi lo ilni, fiE' ilo, billi è, rina se itra li ripemo ne tone o lino», vegetariano (fa incursioni negli orti, predilige frutta e bacche saporite, è pazzo per il miele) e l'orso •porcino», carnivoro, che divorerebbe le pecore, anche maiali e cinghiali. «Ha un'apparenza pigra e una forza spaventosa. Attacca soltanto quando è in pericolo o quando deve difendere i piccoli», mi dice Franco Tassi, direttore del Parco Nazionale, mostrandomi due orsi in cattività a Pescasseroli. Splendidi nelle loro folte pellicce marrone, prendono il sole appoggiati a una parete con l'atteggiamento di due turisti anziani ai giardini pubblici. L'Ente-parco concede indennizzi a coltivatori e allevatori che denunciano danni causati dagli orsi. Gli episodi, non frequenti, hanno gli stessi connotati incerti delle presunte aggressioni di lupi a animali domestici, spesso vittime di cani randagi qui più diffusi e aggressivi dei lupi. E' ormai sbiadita la leggenda del lupo famelico che attacca anche gli uomini. Nel Museo del lupo, a Civitella Alfedena, sono esposte le vecchie copertine della Domenica del Corriere con le tavole di Beltrame: orde di lupi inferociti attorno a un'automobile semisepolta dalla neve, lupi affamati che vorrebbero sbranare un uomo appollaiato su un albero, assalti di lupi respinti con le mitragliere. Non appare molto più lontano l'editto di Leone XII che prometteva «all'uccisore di un lupo, in qualsivoglia luogo dello Stato, un premio di scudi 15». Il Museo del lupo è stato allestito dall'Ente-parco in una casa abbandonata di Civitella Alfedena, attigua alla stalla in cui sono custoditi i cavalli per le gite guidate sui monti. A poche decine di metri dal museo una terrazza si affaccia sull'area faunistica: quattro ettari recintati, in parte a bosco, in cui vivono lupi semiliberi. Li osserviamo in silenzio dall'alto. Sbucano guardinghi dal folto, fiutano pezzi di carne e ossa lasciati dalle guardie. In piena libertà si alimentano con topi, rettili, animali deboli e malati anche di grande mole, come il cervo. Dalla paura del lupo alla convivenza col lupo è stato compiuto un salto culturale di cui va dato merito principalmente a Franco Tassi e al WWF, senza dimenticare i collaboratori e gli amministratori locali che hanno fatto toccare con mano alle popolazioni dei Comuni compresi nel parco i benefici del turismo incentivato dalla presenza di animali selvatici altrove scomparsi. Oggi nessuno vorrebbe eliminare orsi e lupi; nessuno si oppone al ritorno pianificato di altri selvatici che un tempo popolavano i boschi d'Abruzzo. «I cervi sono più di 250 e si stanno moltiplicando velocemente. I caprioli sono un centinaio; erano scomparsi del tutto. Stiamo preparando il ritorno della lince, che avrà compiti di selezione naturale come il lupo, l'aquila gli avvoltoi», dice Sandro Lovari, consulente zoologo del parco, mostrandomi una lince importata dalla Germania e in fase di acclimatazione. Ha l'aspetto di un grosso gatto incrociato col leopu.So (il gattopardo del Sud). Soffia verso di noi con aria rabbiosa. Scomparsa in Italia da decenni (in Piemonte l'ultima fu catturata nel 1915), la lince viene reintrodotta a titolo sperimentale. Il camoscio d'Abruzzo è upssnlpms un'altra attrazione. Me ne parla Sandro Lovari, il quale sta conducendo una ricerca sul!'.acrobata delle rocce». Oggi i camosci sono più di 500 nell'area del parco e nei dintorni. «Non è facile studiarne la vita; si svolge nelle zone più alte e scoscese, dove l'uomo stenta a seguire 11 camoscio». Per esaminare i camosci da vicino, pesarli, prelevarne i parassiti, munirli di targhette di riconoscimento, viene usato il sistema delle siringhe cariche di tranquillanti, sparate con fucili speciali. Lovari ne ha costruito uno su modello tedesco, e lo hanno denunciato per illecita importazione di armi. Spiega: •Dobbiamo usare i tranquillanti per poter avvicinare e manipolare i camosci senza provocare traumi irreparabili. Sono animali sensibilissimi. Rumori e grida li disturbano specialmente nella stagione degli amori, a novembre e dicembre, e in quella delle nascite. Dopo 5-6 mesi di gestazione la femmina si ritira sulle rocce più impervie a partorire e poi nutrire i piccoli al riparo dai lupi e da altri predatori. Alla fine dell'estate i camoscetti sono autonomi». Perché proteggere gli animali selvatici? Franco Tassi ha risposto mille volte a questa domanda. «C'è la motivazione estetica: il piacere di osservare il camoscio o l'aquila in volo, di «imminare in un bosco popolato da cervi. C'è la motivazione economica: gli animali selvaggi sono un fattore di attrazione turistica. C'è la motivazione scientifica e culturale: la conoscenza e la tutela di specie minacciate dall'estinzione. Aggiungiamo i compiti di selezione naturale e di controllo sanitario che hanno i predatori». E' noto che dove mancano i predatori gli animali si indeboliscono (sopravvivono e si riproducono i soggetti malati), dove sono scomparsi lupi, avvoltoi, falchi, aquile, si ha la proliferazione di topi, vipere, rettili di ogni tipo. Tassi aggiunge una motivazione comunemente poco considerata: «Si può anche arrivare all'allevamento dei selvatici, cinghiale, cervo, daini, caprioli, per fini alimentari». Va sottolineato che all'interno del parco l'azione di tutela degli animali selvatici viene oggi compresa. I due centri per visitatori, le aree faunistiche, il Museo del lupo, contribuiscono a sviluppare un turismo che oggi porta da 10 a 20 miliardi l'anno, rivelandosi più fruttuoso delle lottizzazioni e degli impianti di risalita per lo sci. Un tempo Pescasseroli sognava di diventare una Cortina d'Ampezzo. Oggi anche gli amministratori locali meno teneri con la gestione del parco, come quelli di Opi, puntano le loro carte sul turismo naturalistico, integrato d'inverno dallo sci di fondo che non causa danni alla natura. Si moltiplicano le cooperative di giovani per la gestione di servizi turistici, si trasformano rustici abbandonati in ostelli. L'evoluzione mostra evidenti tracce anche nel gusto degli arredi, nelle insegne dei negozi, nella rinascita dell'artigianato. «La disoccupazione è quasi scomparsa. Gli abitanti sono d'accordo col parco perché ne vedono gli effetti positivi», dice Giuseppe Rossi, sindaco di Civitella Alfedena. Sarebbe triste che questa collaborazione venisse interrotta da malintesi e da polemiche velenose. Mario Fazio MO Due immagini del Parco nazionale d'Abruzzo: a sinistra, tenerezze fra mamma orsa e il suo cucciolo; a destra, uno splendido esemplare di lupo dell'Appennino

Persone citate: Beltrame, Franco Tassi, Giuseppe Rossi, Leone Xii, Lovari, Mario Fazio, Sandro Lovari