Perché Amato non fu protetto? L'inchiesta prende l'avvio lunedi di Giuseppe Zaccaria
Perché Amato non fu protetto? L'inchiesta prende l'avvio lunedi Il giudice ucciso dal terrorismo nero a Roma Perché Amato non fu protetto? L'inchiesta prende l'avvio lunedi DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE PERUGIA — Alfredo Arioti, 39 anni, sostituto alla Procura di Perugia, sta per iniziare una delle inchieste più delicate della sua carriera. Da lunedi prossimo, per tre giorni, si trasferirà a Roma, in un ufficio del tribunale di piazzale Clodio, e 11 troverà ad attenderlo una trentina di testi. Le convocazioni sono partite nel giorni scorsi: ci saranno Augusto Isgrò, questore della capitale, l'ex procuratore capo Giovanni De Matteo, da due mesi presidente di sezione della Cassazione; il f un-' zionario che in Procura era incaricato di coordinare l'impiego delle auto blindate e delle scorte. Ci saranno anche i colleghi di Mario Amato che il 26 giugno, a tre giorni dall'assassìnio del giudice che indagava da solo sul «terrorismo nero», presero un'iniziativa senza precedenti: quella di una denuncia contro ignoti (che ipotizzava perfino un concorso nell'omicidio) nei riguardi di chi, omettendo di adottare ovvie precauzioni, aveva reso possibile che un magistrato della Repubblica venisse ammazzato cosi, a una fermata d'autobus, con un colpo di pistola alla nuca. »E' un'indagine piena di risvolti politici — dice Arroti —. Complessa, anche per il momento in cui si avvia». Ma il sostituto di Perugia non mostra tentennamenti: esauriti gli interrogatori in programma, si fermerà a Roma ancora un giorno per ascoltare eventuali altri testi. Poi si recherà in casa di Mario Amato, per sentire la moglie, e infine al Viminale. La richiesta che il magistrato ha in animo di rivolgere ai funzionari del ministero dell'Interno in apparenza è delle più ovvie: la direzione generale di pubblica sicurezza dovrebbe aver svolto da tempo un'indagine amministrativa per stabilire se la mancata protezione di Amato possa essere attribuita allo scarso impegno di alcuni funzionari. Del risultati di quell'Indagine, adesso, il giudice di Perugia vuole essere informato. Spentosi il clamore sull'assassinio del giudice romano, nessuno ne ha saputo più nulla, ma a far pensare che quell'indagine sia stata compiuta c'è un precedente importante. Il 25 giugno scorso, a due giorni dall'omicidio del giudice ro¬ mano, alcuni componenti del Consiglio superiore della magistratura si incontrarono con il presidente Pertini, e gli chiesero che questo accertamento venisse ordinato. All'incontro parteciparono anche il ministro dell'Interno e quello di Grazia e Giustizia: sarebbe stato proprio Rognoni, in quell'occasione, ad accogliere l'invito pur senza impegnarsi formalmente, e manifestando anzi qualche preoccupazione per l'atteggiamento che una polizia sempre più nel mirino dei terroristi avrebbe potuto assumere, se sottoposta ad altre pressioni per l'aumento dei servizi di scorta ai magistrati. Il sostituto di Perugia, per il momento, è in possesso di pochi atti processuali : la denuncia dei colleglli di Amato, trasmessa nei giorni scorsi a Perugia dalla Cassazione, la deposizione del funzionario di procura che si occupava delle scorte, la copia di alcune lettere di De Matteo al pretore di Roma. Il funzionario addetto alle scorte conferma per iscritto (con una «dichiarazione spontanea» che non è ancora ben chiaro da chi sia stata raccol¬ ta) che il sabato precedente alla sua morte, Amato gli aveva chiesto un'auto per il lunedi successivo. L'autista sarebbe però entrato in servizio solo alle 9, e Amato avrebbe dovuto trovarsi a piazzale Clodio proprio a quest'ora, per partecipare a un'udienza. Sarebbe stato quindi il giudice stesso a rinunciare, per quel fatale lunedi, all'auto dell'ufficio. Resta il fatto che, per motivi ancora tutti da scoprire, Amato solo su un'auto della Procura poteva contare, anziché su una vettura blindata e una scorta. L'altro elemento di un certo interesse sembra derivare dalle comunicazioni del procuratore capo: fra gli atti trasmessi a Perugia dalla Cassazione ci sono anche due lettere di De Matteo al questore. La prima chiedeva che venissero organizzati servizi di protezione per quasi tutti i componenti la Procura romana (in tutto, 45 magistrati). Con la seconda. De Matteo rinnovava la richiesta specificando però i nomi dei magistrati più esposti: nell'elenco, c'era anche il nome di Mario Amato. Giuseppe Zaccaria
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