Cinque vite in una di Lorenzo Mondo

Cinque vite in una Claudio Marabini, «Il passo dell'ultima dea» Cinque vite in una Claudio Marabini: «Il passo dell'ultima dea», ed. Mondadori, pag. 150, lire 6500. Due anni fa Claudio Marabini scrisse il suo primo romanzo, La notte vede più del giorno, raccontando le veglie di un critico letterario che, protetto dal bozzolo dell'oscurità, poteva mettere a confronto letteratura e vita, stendere un elegiaco bilancio della propria esistenza. Anche nel Passo dell'ultima dea torna insistente la metafora della notte, il buio della malattia e della sconfitta nel quale riescono però a esaltarsi le faville che accendono la vita. Un uomo colpito da un male incurabile scrive a un amico dalla clinica in cui è ricoverato: riceverà un plico, dopo la sua morte, conterrà alcuni racconti, appunti e riflessioni degli ultimi giorni. Nella desolazione del corpo e dell'animo si attacca alla virtù in qualche modo indistruttibile dell'intelligenza: «Una sensazione misteriosa, quanto vuoi ingenua e illusoria, mi suggerisce che ciò che del vivere l'intelligenza ha afferrato, rimane». Ed ecco che per uno strano processo (strano a chi esperimenta per la prima volta le ambiguità della scrittura) scompone se stesso e i propri atti in una serie di personaggi: tutti uomini maturi, tutti cresciuti tra le pietre gentili di Faenza, segnati dagli stessi turbamenti C'è il geometra che, prendendosi per amante la segretaria, pretende di ribellarsi alle costrizioni del mestiere e della famiglia. Un archivista del Comune invecchia di colpo e decide di morire quando viene a mancargli la possibilità di diventare capufficio. Il professore malamato dai figli e dagli studenti fa in modo che il suo cuore malato si arresti durante un amplesso, scoppi per eccesso di giovinezza ritrovata. Bastino questi esempi a dare il tono generale dei racconti scritti dal malato. Vale piuttosto la pena di sottolineare il fatto che, dopo la scomposizione, l'universo morale e la persona del narratore tornano a ricomporsi. Inchiodato nel letto, sempre più esausto, egli scopre che le tracce di quei fantasmi, di quelle figure dell'immaginazione si sovrappongono alle sue, i racconti tradiscono una forte, benché differita, natura autobiografica. E' lui l'uomo che, consumate le aspirazioni civili di un tempo, ha creduto di pareggiare i conti bilanciando le promesse della carriera con quelle di una sensualità che, quanto più si propone come risarcimento, perde vitalità e autenticità. Perché a poco a poco assistiamo nel libro a un capovolgimento. L'indulgenza e forse l'autogiustificazione che accompagnano le figure dei racconti (i suoi cinque alter ego) si trasformano in lucida confessione riparatrice. La lettera di accompagnamento, la regi- strazione delle ultime ore di vita, sommando in una sola le cinque sconfitte, attingono con limpidezza la verità che prima appariva elusa o appena allusa. Ma il fallimento non è totale, se si arriva all'uscita dall'egoismo, a una più solidale disposizione verso vivi e i mortì, a una indistinta promessa di pace. Il romanzo di Marabini colpisce a prima vista perché strutturato accortamente come discorso sulla letteratura, sulle sue possibilità di approssimazione alla conoscenza; ma non bisogna impoverirlo trascurando la carnale tenerezza e malinconia di donne paesaggi e città, quel timbro di gelose affezioni che ne costituisce il duraturo, catturante sottofondo. Lorenzo Mondo

Persone citate: Claudio Marabini, Marabini

Luoghi citati: Faenza