Se una madre borghese ha un amore comunista

Se una madre borghese ha un amore comunista Il primo romanzo di Guido Morselli Se una madre borghese ha un amore comunista Guido Morselli: «Incontro col comunista», ed. Adelphi, pag. 127, lire 3500. Ultimo tra 1 testi narrativi di Morselli a comparire a stampa, ma tra i primi in quanto a stesura, Incontro col comunista è databile tra il 1949 e il 1955. Un arco di tempo poco propizio al dispiegamento di una vocazione affrancata dalle mode culturali, dai ricuperi affannosi, dalle divisioni del contrapposti schieramenti; ma oggi le sue date servono a spiegare più l'originalità di Morselli che certe piccole rughe delle sue tematiche. Siamo a Milano, presumibilmente nel 1942, e la guerra è ancora lontana. Ilaria Delange, quarantenne ancora piacente, vedova di un sin troppo signorile e distaccato architetto, vive in dignità del suo mestiere di scrittrice di romanzi rosa che, nelle mani esperte dell'editore conte Cagglani, le hanno procurato una certa notorietà. La donna ha un figlio ventenne militare in Africa, e è 11 ragazzo a raccomandargli per lettera di visitare un fraterno compagno d'armi, Gildo Montobbio, ricoverato all'ospedale di Baggio per una ferita. Alto e allampanato, capelli cespugliosi, «naso maiuscolo e adunco; la 'maschera scabra e o e scontenta' di uno scalpellino comasco, 11 convalescente Montobbio dapprima subisce più che gradire le premure della samaritana, e non perde tempo a dichiarare aperta tra loro una nemmen tanto scherzosa lotta di classe. Poi, col procedere delle visite e di un'incerta primavera, Gildo si rivela per quello che è: operaio montatore e militante comunista, anni di esilio a Parigi, dove è diventato uno dei quadri del partito. Quando Gildo lascia l'ospedale, 11 dialogo continua nelle due stanzette dell'appartamento di lui, una popolare «casa di ringhiera' che dà su un deposito di locomotive e su collinette di carbone. La diffidenza diventa curiosità, poi, consuetudine, infine qualcosa che può chiamarsi amore. Lo è di sicuro nella donna, ansiosa di abbandonarsi, perfino di sottomettersi a quel brusco padrone che la prende e la lascia come un utensile di fabbrica; mentre l'uomo, che non dimentica la sua militanza, sembra mosso piuttosto dal piacere beffardo di una rivalsa: «Con te posso sempre pensare, mentre faccio l'amore, che sto lavorando un avversario'. Un «breve incontro», come vuole la durezza dei tempi e la stessa logica del racconto, che si chiude sulla partenza di Gildo, richiamato contemporaneamente al dovere dall'esercito e dal partito, e sulla rivelazione della sua doppiezza di amante infedele. Intanto il primo punto all'attivo questo Morselli esordiente lo segna facendo raccontare la storia dalla donna, che la affida a un suo diario, dando di sé un ritratto credibile, e non pochi tocchi di deliziosa perfidia sul proprio ambiente, dominato dallo stile galante dell'editore. Ma è soprattutto intorno al suo comunista che Morselli si aggira, spiandolo e mimandolo, attratto com'è dalla sua ruvidezza, dalla sua ambiguità pragmatica (non a caso vi tornerà sopra dieci anni dopo con un romanzo di maggior peso, Il comunista appunto). C'è un rimando quasi speculare tra l'editore e il «sovversivo»: entrambi machiavellici e stalinisti, sia pure in ambienti diversi, e con diversi linguaggi. Gildo non ha nulla del «buon selvaggio» lawrenciano, e meno che mai dell'operalo tutto positivo tipico del realismo socialista o del populismo. Gildo è già contamina¬ to dai mail della classe che vuole combattere, o a cui vuole sostituirsi come punta di una élite rivoluzionaria che ha ben chiaro 11 senso dei propri futuri privilegi. Gildo è insomma un borghese, e per giunta un borghese «cattolico», come dimostra il suo rispetto per la gerarchia, per il dogma, per il rituale liturgico. Se ne accorge anche Ilaria, quando annota che 'riguardo alle donne mi ha l'aria di un reazionario: C'è in questo finto diario qualcosa del geniale dilettantismo aforistico di Savinio, la libertà intellettuale di ignorare ogni schema precostituito, anche a costo di provocazione o di banalità. Lontanissimo dal romanzo a tesi, dall'edificante o dal didascalico, Morselli si tiene distante dall'elegia come dal sarcasmo, ma non risparmia nessuno. E' già inconfondibile in queste pagine il suo sorriso impercettibile, il disincanto dissimulato in un divertimento che negli Anni 50 avrebbe fatto sicuramente scandalo. Morselli 'aspettò a lungo che riconoscessimo la novità della sua petite musique. Come spesso accade, si arrese al proprio destino proprio quando quel riconoscimento era ormai vicino, appena voltato l'angolo di una lunga delusione. Ernesto Ferrerò

Luoghi citati: Africa, Milano, Parigi