«Ho comprato la Venchi Unica perché mi piace il rischio» di Clemente Granata

«Ho comprato la Venchi Unica perché mi piace il rischio» A colloquio col cavalier Pietro Cussino «Ho comprato la Venchi Unica perché mi piace il rischio» Piccolo imprenditore del Cuneese, uomo che ha lavorato duramente e s'è fatto da solo, è convinto che sul mercato ci sia posto per una grande industria italiana di cioccolato DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE ROCCAVIONE — .Guardi un po' se questo non è un paradosso tìpicamente italiano, n consumo del cioccolato c'è, e come, anche se i prezzi crescenti minacciano di limitarlo; i miei impianti nel nostro Paese esistono, eccome: eppure essi a volte giacciono II inutilizzati. Con due conseguenze: primo, dobbiamo importare il prodotto finito per decine di miliardi da Belgio, Olanda, Germania e Austria con gravi ripercussioni sulla bilancia dei pagamenti; secondo, ed è ciò che rattrista di più, si formano sacche di disoccupazione, si deve far ricorso alla cassa integrazione. E allora mi sono detto: l'intervento sulla Venchi Unica (ferma da due anni e dichiarata fallita) è possibile anche se i rischi non mancano. Cerchiamo di riattivarla. Può essere anche un piccolo contributo alla ripresa economica della regione: Così parla 11 cavaliere della Repubblica Pietro Cussino, 63 anni, da mezzo secolo nel ramo del cioccolato. Martedì è diventato il maggiore azionista di quello che fu un impero dell'industria dolciaria italiana: la Venchi Unica. Impero tramontato nel 1978 in drammatiche circostanze. Ha ragione Cussino: ora nel panorama dell'economia piemontese s'intrawede uno spiraglio. Quest'uomo dal fisico asciutto, 1 capelli candidi eppure folti, quest'uomo che indossando il camice bianco prende parte con i suoi 40 operai al ciclo produttivo della piccola azienda di cui è proprietario da anni a Roccavione, è la classica figura dell'imprenditore che si è fatto da sé. Con umiltà, tenacia, pazienza come può dimostrare una sia pur scarna sua biografia. Nasce a Genola vicino a Fossano nel 1917, ultimo di nove fratelli. A13 anni lascia la casa paterna e diventa garzone in una pasticceria. Lavoro duro, incessante, ma anche i primi risparmi, i primi segni di una previdenza e di una intraprendenza che non mancheranno di dare frutti. Poi la gestione di un bar, la proprietà di un negozio di dolci, infine verso la metà degli Anni 50 la titolarità di questa piccola azienda di Roccavione dove ci riceve assieme al genero Roberto Mantelli, la «Cuba», ora conosciuta anche all'estero e specializzata nella produzione degli omonimi «cuneesi al rhum». Quaranta addetti, una gestione conseguentemente di tipo familiare, conoscenza diretta personale del dipendente, rapporto fiduciario con il prestatore d'opera: dimensioni umane che scompaiono nella grande azienda per necessità più anonima e impersonale. .Cavalier Cussino — gli domandiamo —cosa significa quest'esperienza per lei? La Venchi Unica ha avuto vicende giudiziarie burrascose tra fallimenti ed arresti di amministratori, lei è giudicato imprenditore limpido, onesto^. Cussino riflette un momento, poi risponde: «Ho conosciuto la Venchi Unica verso la metà degli Anni 50 nel momento del suo splendore e la mia azienda è diventata forni¬ trice di quella società di cui ammiravo l'efficienza, la razionalità, l'organizzazione del lavoro. Poi sono venuti la tempesta e il buio. E sa perché? Perché dietro il carosello delle teste di legno si è fatto avanti un gruppo di manovrieri, di gente animata soltanto da interessi speculativi Non badavano alla fabbrica di dolci badavano all'area su cui sorge, molto appetibile. Non hanno fatto alcun rinnovamento tecnologico e tutto è andato allo sfascio. Quel Sindona, per esempio, non sapeva neppure da che parte si incomincia la produzione del cioccolato». Osserviamo che qualcuno ha messo in giro la voce che anche dietro all'ingresso di Cussino nella Venchi Unica non siano estranei intenti speculativi. E l'imprenditore ribatte secco: .Nessuna manovra di palazzo, nessun secondo fine speculativo, ma soltanto la sana intenzione di ridare vita ad un'azienda che ha lasciato un grande rimpianto sul mercato, non compensato da altre aziende del settore cìie pure cercano di imitare quelli che furono i suoi articoli più prestigiosi. E poi l'ho detto: l'opportunità di un rilancio produttivo che permetta di riassorbire almeno una parte della mano d'opera rimasta disoccupata». Una pausa, poi: .Certo per ora si tratta soltanto di 90 dipendenti e non dimentichiamo che nei tempi del suo splendore la Venchi Unica ne aveva quasi 2000. Ma noi andiamo avanti con la politica realistica dei piccoli passi, abbiamo piedi piemontesi dopo tutto. Tenga presente inoltre che dobbiamo rimboccarci le maniche e riprendere tutto daccapo. Dobbiamo rivedere il ciclo produttivo, gli impianti, rendere razionali i percorsi e le aree di produzione. Non è semplice: occorre prudenza e oculatezza. Ma certo non abbiamo l'obiettivo di limitarci a 90 dipendenti». Parola di uno che fu piccolo imprenditore piemontese. Clemente Granata

Persone citate: Cavalier, Cussino, Pietro Cussino, Roberto Mantelli, Sindona

Luoghi citati: Austria, Belgio, Cuba, Fossano, Genola, Germania, Olanda, Roccavione