Olszowski a Praga spiega a Husak che a Danzica non fu «primavera» di Alfredo Venturi
Olszowski a Praga spiega a Husak che a Danzica non fu «primavera» Varsavia si preoccupa di tranquillizzare i dirigenti cèchi Olszowski a Praga spiega a Husak che a Danzica non fu «primavera» In Cecoslovacchia si era temuto che il «virus» del Baltico si estendesse alla zona mineraria di Ostrava - «Immenso interesse» di Charta 77 per i fatti polacchi DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE PRAGA — Per illustrare ai dirigenti cecoslovacchi il punto di vista ufficiale del governo di Varsavia sull'evoluzione politica in Polonia, è arrivato a Praga Vladisla.ru Olszowski, membro dell'ufficio politico del partito operaio unificato polacco. La visita di Olszowski s'iscrive in una serie di analoghe missioni nelle capitali dell'Europa Orientale. L'inviato polacco è stato ricevuto dal presidente Gustav Husak; ai colloqui ha assistito Vasti Bilak, segretario del Comitato Centrale del partito comunista cecoslovacco e autorevole ideologo del partito stesso. Proprio Bilak nei giorni scorsi, in occasione del 60° anniversario del Rude Pravo, quotidiano del pcc, ha aperto un primo spiraglio ufficiale nel riserbo con cui Praga aveva seguito la crisi del Baltico. La Cecoslovacchia, ha detto Bilak, «non può restare indifferente a ciò che avviene in Polonia», e in particolare continuerà a sostenere «i patrioti e gli internazionalisti polacchi nei loro sforzi per difendere le conquiste del socialismo». Che la Cecoslovacchia di Husak, al dodicesimo anno della 'normalizzazione-, non possa restare indifferente ai fatti di Polonia è ovvio. Si dice, negli ambienti degli osservatori occidentali, che nel fastoso castello di Praga, sede del potere federale, si sono vissuti alcuni giorni di febbrile tensione. Proprio quest'anno, per la prima volta, il Rude Pravo e gli altri giornali avevano passato sotto silenzio la ricorrenza dell'invasione di 12 anni fa, che normalmente viene celebrata il 22 agosto con editoriali sulle virtù dell'internazionalismo proletario, della solidarietà socialista, e di quegli «aiuti fraterni» che ne sono la manifestazione. Ma questi stessi concetti sono poi stati ripresi, coincidenza significativa, proprio nei giorni in cui a Varsavia si raggiungeva l'intesa fra governo e operai. Intanto lo sguardo inquieto del potere si appuntava sulla zona mineraria e industriale di Ostrava, nella Moravia settentrionale, dove lavorano alcune migliaia di operai polacchi: si è probabilmente temuto che proprio costoro potessero introdurre in questo Paese, che nel mondo del socialismo reale sì propone come modello di ortodossia, il virus del Baltico. Così nella zona di Ostrava sono state adottate non meglio precisate misure di sorveglianza speciale, una specie dì cordone sanitario. E' toccato poi a uno dei primi firmatari di Charta 77, Jiri Lederer, testimoniare !'« im¬ menso interesse» con cui cèchi e slovacchi hanno seguito gli avvenimenti di Polonia, dar notizia di riunioni operaie nelle fabbriche, nelle pause del lavoro, a discutere sui fatti del Baltico. Lederer parlava al suo arrivo nell'esilio bavarese, che ha scelto dopo che le autorità cecoslovacche hanno rifiutato il visto di soggiorno a sua moglie, che è cittadina polacca. Uscito dal carcere nel gennaio scorso dopo tre anni per attività sovversive, il dissidente ha anche aggiunto che la situazione cecoslovacca non è affatto simile a quella polacca. Perché qui è molto più lieve, dice «la pressione economica e sociale»: lo stesso approvvigionamento dei beni di consumo, a parte qualche episodica penuria, Lederer lo considera «corretto». Si sa che quello della distribuzione è uno dei nodi tradizionali nei Paesi a economia pianificata. Se la Cecoslovacchia, come dice Bilak, non può restare indifferente alla vicenda polacca, ancor meno indifferente può restarvi quella combattiva pattuglia di dissidenti che ha dato vita tre anni fa al mo- «intento per i diritti civili Charta 77. C'è stata una lettera di solidarietà agli scioperanti del Baltico, e in più la preparazione di un documento destinato al presidente Husak in vista della conferenza di Madrid. Per quella lettera e per quel documento, all'inizio della scorsa settimana 11 dissidenti sono stati fermati, interrogati, poi rilasciati nel giro di 48 ore. Fra costoro, due ministri dell'epoca di Dubcek: Jiri Hajék (Esteri) e Vladimir Kadlec (Istruzione). Gli altri sono Milos Kabma, il solo del gruppo a non essere fra i firmatari di Charta 77 e alcuni intellettuali fra i quali Rudolf Slansky, figlio del leader comunista che fu tra le vittime di Stalin. Di un altro dissidente, lo storico e sociologo Rudolf Battek, si è saputo l'altro ieri che verrà sottoposto a visita psichiatrica dalle autorità cecoslovacche. 3attek è in carcere dal 24 giugno, quando fu arrestato per l'aggressione a un agente di polizia. I portavoce della dissidenza dicono che la visita psichiatrica è un pretesto per tenere il prigioniero sotto custodia oltre il termine inizialmente previsto per la sua liberazione, che scade fra pochi giorni. Alfredo Venturi
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