Gli 007 della Resistenza di Francesco Rosso

Gli 007 della Resistenza TRA LO SPIONAGGIO DEGLI ALLEATI E IL GOVERNO BADOGLIO Gli 007 della Resistenza Un libro sulla Resistenza, addirittura una cronaca della Resistenza, può apparire superflua trentacinque anni dopo la fine della guerra, ma questa opera di Raimondo Craveri ci offre un risvolto inedito di quel fenomeno complesso e grandioso che fu la lotta partigiana in Italia, il volume La campagna d'Italia ed i servizi segreti (Ed. La Pietra) è quasi un diario narrato in prima persona da Craveri, incaricato di organizzare la Ori (Organizzazione per la. Resistenza Italiana) cioè il Servizio di Informazioni del Chi e del Clnai, che per circa due anni avrebbe collaborato con lo spionaggio e controspionaggio degli Alleati, il Soe britannico e l'Oss americano. Già il termine spionaggio accende l'immaginazione, il lettore si attende trame fosche in cui si muovono donne fatali e uomini alla «007». Nel libro di Craveri non ci sono fatalone, droga, avventurieri, la Ori è un ben oliato congegno in cui vi sono rapidissimi accenni alla famosa Primula Rossa partigiana, cioè Edgardo Sogno, nello sfortunato tentativo di liberare Ferruccio Farri catturato dai tedeschi e chiuso nell'Hotel Milano. Ma a parte questo dettaglio contano i retroscena, quasi sempre drammatici, in cui si muovono Craveri e i suol compagni dell'Ori, le in sidie, le paure provate f aceri do la spola tra l'Italia liberata dopo lo sbarco a Salerno e l'i talia occupata dai tedeschi e fascisti, per tessere la difficile trama che doveva dare omogeneità e unità operativa alle varie formazioni partigiane. Impresa disperata perché Craveri e i suoi compagni si muovevano tra due precise ostilità: l'indifferenza dei servizi d'informazione alleati e Ut governo monarchico di Badoglio, tutti interessati a mantenere intatto il vecchio mondo compromesso col fascismo, anche a guerra finita. Craveri sentiva che l'Italia poteva mutare, rinascere solo se tutto fosse cambiato alle radici. Invece, anch'egll dovette subire la imposta presenza di agenti del Sim, il servizio segreto militare che aveva ubbidito al re, trescato coi tedeschi, poi affluito a Brindisi a rifarsi una verginità. L'originalità del libro di Craveri consiste, credo, nel rivelare l'intenzione, soprattutto inglese, di mantenere separate le due Italie e far prevalere quella meridionale, già liberata e ben controllata. Quando incominciò la sua attività di capo dello spionaggio per la Resistenza italiana, egli si rese conto che gli alleati non avevano nessuna fretta di concludere la guerra in Italia e che le teste di ponte lanciate su Sicilia, Campania, ma soprattutto sulla Puglia, erano in realtà un'azione diversiva per stornare truppe tede sene dal fronte orientale Da Radio Londra Craveri intravide la possibilità di inserirsi fra lo spionaggio inglese e quello americano diversissimi fra loro, spesso in disaccordo. Racconta con numerosi dettagli gli ostacoli che gli inglesi eressero per impedire che la guerra partigiana avesse un vero peso nella lotta al nazifascismo. Un esempio fra tanti, dovuto all'astio dì Churchill, ma soprattutto di Eden, per l'Italia: il divieto alla Bbc. cioè a Radio Londra che ogni sera si atdgmsqpnsdadnvfnnptoeaaldncdmcftrmcsvln r o . o i annunciava col ben noto tamtam e la voce del col. Stevens, di diffondere i bollettini di guerra emessi dal Cvl, e di limitare le informazioni, le più scarne possibili, all'attività di questa o quella formazione partigiana. Ciò impedì, sostiene Craveri, una reale conoscenza in Italia e nel mondo dell'attività della Resistenza, anzi, contribuì a svilirla, a ridurla all'attività di pochi manipoli senza peso politico. Il caso Cadorna L'Inghilterra, secondo Craveri, favori in ogni modo il fuggiasco e screditato governo Badoglio, sostenne la monarchia senza esercitare pressioni perché almeno Vittorio Emanuele in abdicasse, e quando la guerra partigiana assunse dimensioni che avrebbero potuto dare all'Italia il diritto di sedere al tavolo della pace in condizioni almeno pari a quelle francesi, giocò l'ultima carta cercando, d'accordo coi maneggioni romani, di affidare a Cadorna il comando unificato di tutte le formazioni partigiane screditandole, buttando nel calderone gli uomini più compromessi col fascismo, a cominciare dal gen. Messe arresosi subito in Africa, ma che aveva comandato formazioni italiane sul fronte russo, decisione che insospettì Stalin. Oli inglesi temevano di dover affrontare in Italia, dove le formazioni Garibaldi, cioè comuniste, erano le meglio organizzate, la drammatica lotta sostenuta in Grecia contro le formazioni comuniste; da qui l'appoggio alla monarchia e la benevolenza verso le strutture dello Stato espresse dal fascismo. Diverso atteggiamento tennero i servizi segreti americani nei confronti di Craveri e dell'Ori; lo potenziarono, gli dettero tutta l'assistenza possibile, addirittura lo tennero come alleato alla pari per il lavoro d'informazioni che esso forniva alla causa alleata. Largheggiarono in «lanci» di armi e munizioni alle formazioni Garibaldi. Gli americani, a differenza degli inglesi, non avevano paura del comunismo, e non gli aveva provocato traumi la presenza di Togliatti nel governo Badoglio. Essi erano certi che gli accordi di Yalta avrebbero continuato a funzionare, e che in Italia, anche se molto forte, il comunismo non avrebbe mai preso il potere. Più che alla politica, Allan Dulles, fratello di Poster, capo dei servizi segreti americani in Europa, badava da buon manager a dirigere anche la guerriglia italiana perché, come tutti gli americani, desiderava che la guerra finisse ed •i ragazzi» tornassero a casa. Se le cose andarono per le lunghe più del previsto, fu per il piacere tutto inglese dell'intrigo, la colpevole inerzia del governo installatosi in Roma liberata l'incapacità dì alcuni capi della lotta armata di ribellarsi a quella passività perché convinti di superarla ignorandola. Diario strettamente politico-militare questo di Raimondo Craveri, che ha un solo, rapido abbandono personale. Mentre Torino e Milano esultano per la vittoria, egli torna a Colleretto Parella, presso Ivrea, ad abbracciare dopo un anno di assenza, i genitori e i figli, Benedetta e Piero, nipoti di Benedetto Croce. Francesco Rosso