Finirà la guerra civile? di Igor Man

Finirà la guerra civile? Finirà la guerra civile? Un uomo ucciso ogni ora, 5241 vittime del terrorismo, oltre a 14.152 tra feriti e mutilati, negli ultimi due anni: in fatto la Turchia era sconvolta dalla guerra civile. La spirale della violenza avendo coinvolto un po' tutti: dagli uomini politici alla polizia, ai sindacati, era inevitabile che l'esercito, supremo garante della Repubblica laica e nazionalista voluta da Ataturk, intervenisse come già accaduto nel 1960 e nel 1971. I colpi di Stato militari ripugnano alla coscienza di ogni buon democratico ma la Turchia è un caso atipico; c'è solo da sperare che, come in passato, una volta «raddrizzata la rotta», i soldati rientrino nelle caserme. Sennonché mai come adesso però la Turchia aveva cono sciuto una simile degradazione: politica, sociale, economica, sicché è da pensare che i militari manterranno il potere per chissà quanto tempo. Bastano pochi dati per sintetizzare il disastro socio-economico: tre milioni di disoccupa ti, pari al 20 per cento della forza-lavoro; un tasso di inflazione che oscilla dal 70 al 90 per cento; un debito estero di 26 miliardi di dollari, pari al 58 per cento del reddito nazionale; un deficit della bilancia commerciale di quattro miliardi di dollari l'anno, laddove, paradossalmente, il conto del mercato nero è pressoché in pareggio; un deprezzamento della lira turca del 91,6 per cento rispetto al dollaro; un reddito medio prò capite di neanche mezzo milione di lire l'anno. Le bidonvilles che sfregiano come una lebbra dannata le grandi città (nella sola Istanbul, che ha quintuplicato in vent'anni la sua popolazione, gli immigrati sono circa la metà dei tre milioni di disoccupai turchi) sono divenute fatai mente il serbatoio della manovalanza del terrorismo. Terrorismo di destra e di si nistra, i «lupi grigi» del fascista colonnello Turkes, contro «comunisti» del partito (clan destino) rivoluzionario degli operai e dei contadini. In mezzo, gli integralisti musulmani del «partito della salvezza nazionale» L'incapacità dei vari governi, prima quello dell'umanista Ecevit, socialdemocratico, poi quello di Demirel, conservatore, a dare una risposta valida ai bisogni primari della popolazione, a stroncare il terrorismo, la sterile polemica politica che ha portato allo stallo assoluto, in definitiva lo spettro della guerra civile: ecco la molla che ha determinato il putsch. Che in ultima analisi si colloca nel la logica della «dottrina Tru man» del 1945, che garantisce il mantenimento dello status quo in Turchia e in Grecia. Come scrive Le Monde, i due, Grandi sono attenti a mantenere l'equilibrio delle forze, e non hanno mai tollerato, all'Est come all'Ovest, la destabilizzazione d'un Paese europeo compreso nelle rispettive zone d'influenza. Dopo la rivoluzione iraniana e la «normalizzazione» dell'Afghanistan, la Turchia ha visto rivalutarsi il suo ruolo di Paese-cerniera nel cosiddetto «quadro Nato». Ma questo Paese che confina con Iran, Iraq, e Urss, perché possa garantire sicurezza, ha bisogno di essere salvato da se stesso. Una grave responsabilità, di conseguenza, incombe sull'Europa: non si può lasciar morire d'inedia un popolo di 45 milioni di abitanti, non si può soprattutto consentire che la violenza travolga la ragione democratica. Igor Man apNPTgzitsagpip

Persone citate: Demirel, Ecevit, Turkes