I pescatori sono sul piede di guerra vogliono lavorare anche sottocosta di Franco Giliberto

I pescatori sono sul piede di guerra vogliono lavorare anche sottocosta In tutta Italia il mondo della marineria è in agitazione I pescatori sono sul piede di guerra vogliono lavorare anche sottocosta A San Benedetto del Tronto dicono: «Il divieto di gettare le reti entro le tre miglia è assurdo e la legge va rivista» - Il giro di affari in questa zona è di 100 miliardi l'anno DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE SAN BENEDETTO DEL TRONTO — Un solo grosso peschereccio l'altra mattina ha portato a riva millecinquecento cassette di acciughe, sarde e sauri: circa centocinquanta quintali di pesce azzurro, caduti nelle reti in una notte di bonaccia, hanno fruttato all'equipaggio tredici milioni. Quel pesce, venduto ai grossisti, non è però passato alle registrazioni ufficiali del mercato all'ingrosso di San Benedetto, perché sia i pescatori sia i commercianti hanno preferito la transazione diretta, come la legge consente (anche se i contatti per il baratto avvengono nell'ambito del mercato). Il dott. Giuseppe Novelli, di- rettore del mercato ittico, ri-1 corda questa particolarità | prima di fornire i dati ufficiali di cui dispone. -Il giro d'affari del nostro mercato — spiega ossia te operazioni di vendita fatte tramite le nostre strutture e con nostre fatturazioni, è di molto inferiore al reale commercio. Nel 1979, per esempio, abbiamo trattato quasi due milioni di chilogrammi di pesce, per una cifra che ha sfiorato i quattro miliardi di lire. Ma sarebbe ben poca cosa per San Benedetto del Tronto se il pesce pescato e venduto fosse soltanto quello*. In realtà, si calcola che accanto al giro d'affari del mercato ittico ve ne sia un altro (che gli si sovrappone, sovrastandolo) venti volte superiore. Insomma, il commercio del pesce a San Benedetto determina un giro d'affari non di molto inferiore ai cento miliardi l'anno. Con più di millecinquecento addetti alla pesca e almeno altrettanti lavoratori impiegati in aziende collaterali a terra (impianti frigorifero, selezione, magazzinaggio e confezionamento del prodotto, conservazione o trasformazione del pesce in farina per mangimi ecc.) San Benedetto del Tronto detiene uno dei primissimi posti nel settore della pesca italiana. Un dato significativo lo conferma: qui l'Aima (l'ente statale che per esempio a Chioggia rileva tonnellate e tonnellate di pesce azzurro ogni anno: per sette miliardi di lire nel 1979) non ha avuto bisogno di in tervenire. San Benedetto non ha fornito alcun surplus, o meglio la sua rete commercia- le e distributiva finora ha ret to a meraviglia, smaltendo ogni partita. Ciro Pagnani, imbarcato su un peschereccio di trentacinque tonnellate, mette in guardia tuttavia dalle analisi troppo ottimistiche: « Abbiamo molti problemi. Il primo riguarda i contributi sul gasolio e la stessa regolare fornitura di carburante. Per ogni chilo di gasolio dovremmo ottenere ottanta lire circa di sconto. Ma in realtà pratiche burocratiche lunghissime non ci permettono di beneficiare di quelle facilitazioni se non con grandi ritardi. Ci sono decine e decine di pescatori che ancora aspettano i contributi relativi ai mesi di dicembre e gennaio. In secondo luogo, la regola che vieta la pesca entro le tre miglia dalla costa: una forca caudina per molti di noi, soprattutto se si tien conto delle diversissime condizioni costiere lungo i litorali adriatici.. La legge che prevede il divieto di pesca entro le tre mi- glia è costantemente disattesa. A Chioggia sono centinaia le pratiche istruite dalla capitaneria di porto, dietro segnalazione della Guardia, di finanza, contro pescatori «disobbedienti», che dovrebbero pagare, in complesso, centinaia di milioni di multe. A San Benedetto del Tronto identica situazione (e la maggior parte delle ammende, anche qui, non è stata pagata). Una protesta di pescatori di Manfredonia, abbastanza clamorosa — blocco del porto commerciale con la posa a pelo d'acqua di un cavo d'acciaio — è rientrata ieri dopo che le autorità portuali hanno provveduto a rifornire di carburante i distributori sulle banchine, quelli che abitualmente approvvigionavano i pescatori senza l'aggravio dell'Iva, come un decreto ministeriale dispone. «Si tratta di malumori diffusi — dice Iginio Castani, proprietario d'un peschereccio di nove tonnellate a San Benedetto — di piccole scintille che potrebbero presto condurre le nostre marinerie a un autunno caldo, con dimostrazioni ben più decise e plateali. Abbiamo notizia che ì nostri colleghi di Caorle e Marano Lagunare si stanno agitando per lo stesso motivo dei divieti di pesca costiera; a Chioggia c'è analogo malcontento. E noi condividiamo totalmente le critiche a una legge che non tiene conto—come dovrebbe — delle varie situazioni, zona per zona. Altro che tutelare il patrimonio ittico: qui c'è soltanto un marasma, nessuna visione tecnica veramente adeguata alla realtà». Franco Giliberto

Persone citate: Ciro Pagnani, Giuseppe Novelli, Iginio Castani