Dopo Hua, l'autogestione per un miliardo di cinesi

Dopo Hua, l'autogestione per un miliardo di cinesi Quattro anni fa moriva Mao: nessuno lo ricorda Dopo Hua, l'autogestione per un miliardo di cinesi La riforma del sistema tende a separare i poteri tra partito e governo - Parte del profitto è per le imprese - «Sconfiggere la burocrazia» e garantire funzioni distinte tra autorità centrale e locale - Mancano quadri per il «balzo» DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE PECHINO — Si compiono oggi quattro anni dalla morte di Mao. Non siamo riusciti a percepire alcun segno di commemorazioni pubbliche. Funzionari competenti ci hanno fatto capire che non era previsto nessun atto ufficiale. L'Assemblea popolare sarà oggi riunita in seduta chiusa al pubblico ma sembra che nemmeno in quella sede avrà luogo un'orazione commemorativa. Ciò non significa che il grande capo storico non venga menzionato nel mastodontico e per la prima volta movimentato Parlamento popolare. Ci si richiama spesso a Mao mentre si discute l'ambiziosa riforma del sistema. Tuttavia i disegni riformistici prendono lo spunto piuttosto dagli errori del «grande timoniere» che non dai suoi meriti. TI rapporto fra Mao migliore e Mao peggiore è ancora in via di definizione, ma la riforma che si sta varando in questi giorni, se non porterà propriamente la qualifica di antimaoista, certamente non passerà alla storia come un'elaborazione del maoismo. Domenica, quando il presidente Hua Kuofeng annunciava l'atto formalmente pii'i significativo della riforma (la sua rinuncia alla carica di primo ministro e la proposta di passarla a Zha Ziyang, per separare le funzioni del partito da quelle del governo), stavo conversando nello stesso Palazzo del Popolo con uno dei tre protagonisti più in vista della grande svolta post maoista. Mi ha ricevuto Li Xiannian, vicepresidente del partito comunista cinese, per un'intervista che pubblicheremo nei prossimi giorni Spiegandomi quello che stava succedendo nell'aula, l'uomo della vecchia guardia e del nuovo corso si è rifatto appunto alle esperienze con Mao: «Nel momento della rivoluzione culturale Mao non voleva ascoltare l'opinione degli altri, si comportava come un patriarca. Tutto il potere era rimasto concentrato nelle mani del presidente Mao. Avendo imparato le lesioni storiche, noi ora desideriamo fare in modo che ciò non si ripeta, evitare il concentramento del potere nelle mani di una persona: adottiamo perciò un sistema che separi i poteri del partito e del governo. Desideriamo che il partito studi ed elabori gli orientamenti politici e che le cose amministra Uve le lasci al governo». Ha spiegato perché anch'egli lascia la carica di viceprimo mi' nistro: «Un uomo con molte cariche ha molto potere, ma quale capacità di lavorare seriamente può avere? Di conse guema nasce il burocrati smo». TI nuovo primo ministro Zha Ziyang, secondo le migliori regole parlamentari, si è riservato tre giorni prima di presentare all'Assemblea popolare la lista del suo nuovo governo. Si conoscono già i nomi dei sette vicecapi del governo che lasceranno le cariche, si sa che un ministro, quello del Petrolio, sarà destituito per gravi lacune nel suo lavoro. Si prospetta che i sette uscenti viceprimi ministri saranno sostituiti con soltanto tre nuovi, fra i quali l'attuale ministro degli Esteri Huang Hua ed il nuovo ministro della Difesa (non si sa ancora se .Tang, capo dello Stato Maggiore, o Chiane, attuale vicecapo (in sostituzione del vecchio maresciallo Siyang Chien). Con un certo interesse si aspetta di vedere se pure il ministro della Metallurgia sarà destituito in quanto l'improvvisa valanga di critiche dei deputati al governo si è riversata in buona parte sulle sue spalle (investimenti sproporzionati, burocratismo con venti vice ministri nel -dicastero, e quando ha cercato una giustificazione nelle difficoltà lasciate dalla rivoluzione culturale si è sentito controbattere da un deputato: «£' oro di finirla con l'addossare tutte le colpe alla banda dei quattro»). Ad ogni modo, qualunque sia la lista che Zhao presenterà mercoledì sera, e l'avvicendamento di tutti questi nomi, cosi difficili da decifrare foneticamente e politicamente, è lungi dall'abbracctare l'intera pacZarmdvppdgcc portata della riforma. T suoi aspetti economici sono stati congegnati dallo stesso Zhao Ziyang. Egli non nasconde di aver maturato le sue idee durante i viaggi in Europa. Prima aveva compiuto una serie di sperimentazioni nella provincia dove era segretario del partito, Sechuan: provincia per cosi dire, conta 100 milioni di abitanti. T risultati incoraggianti lo hanno portato a Pechino, viceprimo ministro incaricato del sistema economi¬ co. Ed eccoci alla riforma attuale: autonomia alle imprese, grossa parte del profitto a loro disposizione, una parte della produzione determinata dal piano statale e l'altra liberamente contrattata sul mercato. Un'economia che si regola secondo i profitti e le leggi del mercato o finisce con lo sconvolgere la cosiddetta sovrastruttura statale o ne viene a sua volta sconvolta. Hua Guofeng nella sua relazione ai deputati ha centrato il prò- blema: «Dobbiamo sconfiggere la burocrazia, destituire i funzionari che commettono errori causati dal burocratismo. Soltanto stroncando il burocratismo il socialismo potrà diventare decoroso, almeno nella Cina». Su questa linea Hua ha affrontato due problemi centrali e per molti versi insoluti del socialismo: la separazione tra Stato e partito e lo spostamento del potere decisionale dai centri amministrativi alle imprese produttive. Come primo passo si prevede la separazione delle funzioni partendo dal centro, Pechino, attraverso le province, i distretti per giungere alle comuni popolari ed alle imprese. Finora il segretario del partito era ovunque il padrone assoluto a tutti i livelli. Abbiamo incontrato nel grosso centro Frane Barbièri (Continua a pagina 5 in quinta colonna)

Luoghi citati: Cina, Europa, Pechino