Il Torino e il calcio secondo Van de Korput

Il Torino e il calcio secondo Van de Korput Intervista con il libero olandese dei granata Il Torino e il calcio secondo Van de Korput «Finora è tutto bello: unico problema, la lingua» - «Qui il gioco è più tecnico, da noi più veloce» - «Sarebbe bello vincere lo scudetto» TORINO — Il più italiano, fra i tre, è sicuramente il piccolo Mike che saluta l'ospite con un «Ciao, neh» di chiara impronta piemontese. Mike ha due anni e mezzo ed i capelli color del grano. Gioca e ride nel gran prato davanti alla casa sulla collina, è tutto nuovo, per lui, tutta un'avventura. Michel Van de Korput vive qui i suoi primi giorni italiani, nel verde di Reaglie senza luci e rumori. La città è lontana, bella e astratta come una cartolina. Michel poco alla volta, con ammirazione crescente e magari un po' ingenua, scopre il suo nuovo mondo, la sua nuova vita: «Un'esperienza finora meravigliosa. Forse dipende da me, dal mio stato d'animo, ma trovo tutto bello, senza macchie. Torino mi piace. Dicono sia una città difficile, attentati, delinquenza, droga: ma non è lo stesso in Olanda? Quando sono arrivato avevo la testa che girava. Da noi non siamo abituati ai tifosi, alle interviste, anche alle premure che circondano il calcio italiano. La società, i compagni mi hanno aiutato, soprattutto nelle piccole cose, come avere la macchina in fretta, trovare un asilo per mio figlio, capire l'ambiente. Ora vivo bene, non mi manca nulla». Parliamo nel cortile di casa, sul far della sera, l'aria dolce e i profumi che riempiono il cielo. I vicini chiacchierano con Jopie, la moglie di Michel, e offrono vino bianco e formaggio. Mike gioca col cane e persino l'inglese di Michel pare più ricco e preciso. «Sono un uomo fortunato. Con Jopie, quando torno a casa, non parlo mai di calcio. Ascoltiamo musica, lei mi racconta di Mike, sono giornate tranquille. L'unico problema è la lingua. Non lo dico per la professione, in campo ci si capisce, avanti, indietro, destra, sinistra, qualcosa ho imparato. Lo dico per me: vorrei avere amici, trascorrere il tempo a discutere, tentando di capire e farmi capire. La cosa che mi ha colpito di più, finora, è stata la cucina italiana. Non rida: per cucina intendo anche una maniera di stare a tavola, a lungo e in allegria. In Olanda facciamo tutto alla svelta. Arriviamo al ristorante, mangiamo in dieci minuti: di corsa, come nel calcio». Quando parla di calcio, del Torino e del campionato italiano, Michel Van de Korput è un punto interrogativo, nel senso che invece di rispondere preferisce far domande. E' logico, lui del nostro torneo conosce poco, è logico che si informi, chieda il parere degli altri sulle possibilità della sua nuova squadra: «Non noto grandi differenze rispetto al football olandese. In Italia il calcio è più tecnico, in allenamento vedo gente che fa meraviglie col pallone, in Olanda si gioca di più di prima in velocità. Quando un difensore ha la palla gli attaccanti olandesi sono subito pronti allo scatto in profondità. Ricorda il lancio lungo di Krol? Bene, laggiù è normale. Qui invece lo schema passa sempre dal centrocampo, forse c'è maggior precisione ma minore sorpresa». C'è anche una differenza nei metodi d'allenamento: «In Italia la preparazione è meno dura, ma per me diventa uguale se ci metto il sole. Confesso che all'inizio mi ha dato molto fastidio. Parlo del campo, ovviamente, perché fuori mi piace da morire. Insieme con la cucina è l'aspetto più bello della mia fresca vita italiana». E ride della battuta, volgendo lo sguardo al cielo sereno e immobile nella sera: «Al Torino pare di stare in famiglia. Che bello sarebbe vincere lo scudetto. Io non parlo molto, questione di lingua, ma so già capire I tifosi, leggo nei loro occhi. A Rotterdam, durante gli allenamenti, avevamo si e no venti persone, quasi tutti pensionati che venivano al campo per ingannare il tempo. Pochissime interviste, un paio di volte l'anno, un distacco dal pubblico che in parte sento ancora dentro. Ma non vorrei che questo fosse interpretato come aridità di cuore: sto diventando mediterraneo, stiano tranquilli i sostenitori granata». Parlare adesso è molto piacevole. Michel fuma una 'Cabotiero», dice che è il suo unico piccolo vizio. Tre, quattro sigarette al giorno, a letto alle undici, i sogni che sono già color granata: «In Olanda si gioca solo la domenica e i trasferimenti al massimo durano un paio d'ore di pullman. L'Olanda è piccola, le squadre stanno tutte vicine. Qui invece vai dal Sud al Nord, dal Nord al Sud, devi impostare la tua vita su ritmi diversi. Ma sono contento anche di questo, cosi come apprezzo il pressing del Torino. II pressing è un'arma magnifica se la si sa usare. Bisogna essere in tre, almeno, altrimenti è inutile. Pecci è molto bravo, e anche gli altri. Per quanto mi riguarda ho cercato di imparare alla scuola di Krol, un maestro nel pressing: lui a volte riusciva a farlo da solo. Ma non parliamo di Krol, parliamo del Torino: che dice, passiamo vincerlo questo benedetto scudetto?». Carlo Coscia

Persone citate: Carlo Coscia, Krol, Michel Van De Korput, Pecci

Luoghi citati: Italia, Olanda, Rotterdam, Torino