Le due sfide dell'auto di Francesco Forte

Le due sfide dell'auto La crisi della Fiat e di Torino Le due sfide dell'auto Se l'economia italiana è caratterizzata da luci ed ombre, con fondate speranze di ripresa nella seconda metà del 1981, per l'economia delle aree investite dalla crisi dell'auto, invece, è cominciato il gelo: e se non interverranno vari provvedimenti, esso si protrarrà per alcuni anni e potrà anche sfociare in un decadimento. Al di là dei fenomeni congiunturali, vi è un problema «strutturale» che riguarda due fattori che si sovrappongono: la «maturità» del settore dell'auto, a livello mondiale; e le difficoltà aziendali dei maggiori produttori italiani di auto, cioè Fiat ed Alfa. L'Alfa, rispetto alla Fiat, per addetti e per autovetture prodotte, quindi anche per «indotto», è come un nano rispetto a un gigante. Basti pensare che nel settore auto della Fiat lavorano 140 mila addetti e che nell'indotto certamente ne lavorano almeno altrettanti. Si tratta, di per sé, del 5% dell'intera forza lavoro industriale italiana: ma il suo grado di concentrazione in Piemonte e in alcune aree del Mezzogiorno è fortissimo. Se Torino reggerà alla sfida, vorrà dire che il Piemonte e queste altre zone, di più recente industrializzazione, non subiranno un duro colpo. Diversamente, la decadenza da Torino si propagherà, sia pure con effetti di onda attenuati, anche su tali più ampie aree. Nel settore dell'auto, il problema, a livello mondiale, è che la domanda cresce di un 2% medio annuo, forse un 3%. La produttività — se si vuole tenere il campo — non può non crescere di un 5% annuo almeno: anche perché vi è la competizione giapponese che opera su altissimi livelli di efficienza. Per giunta, la domanda è soggetta a sbalzi e fluttuazioni, spesso imprevedibili, sicché parte del lavoro non può non essere di carattere «straordinario». Ne viene una tendenza generale alla riduzione dell'occupazione nell'auto, di un 3% annuo almeno. In termini produttivi, però, per chi sa rimanere competitivo sul piano organizzativo e tecnologico, vi sono comunque grosse soddisfazioni: perché settore «maturo» con crescita mondiale del 2-3% non vuol dire settore in declino: purché si sappiano servire i clienti tempestivamente, nei momenti in cui c'è rialzo di domanda. Al problema mondiale si sovrappone quello italiano: noi abbiamo un divario di produttività pronunciato, rispetto ai nostri concorrenti europei (per tralasciare quelli giapponesi). Il costo del lavoro, al cambio ufficiale, è salito di più che altrove. Il costo del denaro è più alto. L'investimento americano nel quinquennio sarà di ben 65 mila miliardi di lire, quello tedesco, dal canto suo, di 8500. La Fiat l'anno scorso ha investito 400 miliardi, nell'auto, che farebbero 2 mila miliardi Francesco Forte (Continua a pagina 2 in ottava colonna)

Luoghi citati: Piemonte, Torino