Jugoslavia, con l'accordo Cee fa un altro passo verso Ovest

Jugoslavia, con l'accordo Cee fa un altro passo verso Ovest Jugoslavia, con l'accordo Cee fa un altro passo verso Ovest L'accordo commerciale fra la Jugoslavia e la Cee, firmato a Belgrado all'inizio dell'anno, è entrato in vigore il primo luglio con validità quinquennale. E' stabilito che esso può venire esteso, se i due contraenti sono d'accordo, a un anno dalla scadenza e modificato per adeguarsi a qualsiasi mutamento nelle situazioni economiche della Jugoslavia o dei soci comunitari. Negli ambienti jugoslavi si parla già di una «nuova fase» nelle relazioni con la Comunità, una fase che la repubblica federale comunista vorrebbe ancora più ricca di sviluppi rispettando la fondamentale differenza fra i sistemi sociali dell'area comunitaria e di quella jugoslava benché quest'ultima, più di qualsiasi altro Paese socialista, abbia assorbito alcuni elementi caratteristici delle economie di mercato. Bisogna però tenere presente che la Jugoslavia non si sta espandendo, specie nelle sue regioni e province semiautonome del Sud e dell'Est, con un ritmo comparabile a quello dell'Europa occidentale. La Cee ha infatti accettato la posizione jugoslava di «nazione non allineata, europea e mediterranea». Per Belgrado quindi l'accordo vorrà dire un maggiore accesso ai mercati comunitari visto che il 70 per cento delle esportazioni sarà fra breve esentato da imposizioni doganali e da quote restrittive. Alcune forme di protezione reciproca saranno invece mantenute nel settore agricolo e in certi prodotti finiti per non danneggiare i rispettivi circuiti commerciali. E' noto infatti che da tempo le autorità jugoslave erano alquanto preoccupate per il costante deficit dei conti commerciali con l'estero che proprio di recente aveva causato un'altra svalutazione del dinaro. Dal 1973 al 1978 le esportazioni jugoslave verso la Cee erano scese dal 35 al 22 per cento. Inoltre il sistema economico jugoslavo, basato sull'autogestione, non si era rivelato abbastanza efficace nel sostenere un maggiore volume di esportazioni destinate all'Occidente. Molte ditte europee di joint-ventures si erano spesso lagnate per la bassa produttività e la scarsa efficienza dei partners locali a seconda delle regioni in cui operavano. In Slovenia, ad esempio, esiste una tradizione industriale, meno sentita in altre parti del Paese. C'è infine da considerare che la normale giornata lavorativa jugoslava va dalle 7 alle 14, orarlo introdotto a suo tempo per favorire eventualmente chi volesse un secondo lavoro part-time e che ora non si riesce a sradicare per la tenace opposizione dei lavoratori e dei sindacati. In sostanza tutti sono d'accordo che le cose debbono cambiare, che i benefici della società dei consumi vanno rivisti, che la nazione non può consumare più di quanto produca. Le misure di stabilizzazione hanno con ciò uno scopo preciso: basta con il vivere a credito e a un tenore ingiustificato dalla realtà. In passato l'economia nazionale badava più a importare che a esportare. Le vendite venivano indirizzate principalmente verso l'Unione Sovietica e i Paesi dell'Est, spesso i rappresentanti sovietici acquistavano in anticipo la produzione di un anno senza vedere la merce, ovviamente a scapito della qualità. Dinanzi a tale situazione i dirigenti jugoslavi, per evitare il pericolo di una dipendenza trop¬ po stretta dal commercio unidirezionale verso il blocco socialista, con la conseguente scarsità di valuta pregiata, hanno usato lo strumento politico dell'avvicinamento alla Cee per lanciare un segnale preciso: meno vassallaggio economico da Mosca. Nella Jugoslavia del dopo-Tito si avverte pertanto la necessità di rendere la propria industria sempre più competitiva, abbandonando cioè pianificazioni di tipo sovietico, per puntare su una produzione di qualità e non ispirata a dottrine poli-. Oche. Se dunque l'accordo con la Cee servirà a mobilitare anche in parte le forze dormienti dell'economia jugoslava non si potrà che assistere a un grosso passo in avanti del Paese sotto il profilo economico e politico. Cari Gustav Stròhm

Persone citate: Gustav Stròhm