L'atletica ha festeggiato i «gioielli» dell'Olimpiade di Giorgio BarberisPietro Mennea
L'atletica ha festeggiato i «gioielli» dell'Olimpiade Campionissimi di ieri e di oggi a Roma L'atletica ha festeggiato i «gioielli» dell'Olimpiade DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE ROMA — La grande famiglia dell'atletica si è riunita ieri in un grande albergo romano per festeggiare i suoi figli prodighi, nella fattispecie i vincitori di medaglie olimpiche. Una celebrazione inventata da Primo Nebiolo per sottolineare il successo sportivo di Mosca sema eguali, dove sono state conquistate tre medaglie d'oro ed una di bromo. I campioni di ieri e di oggi si sono cosi potuti conoscere, scambiare opinioni, confrontare, accettando anche di buon grado di soddisfare le esigerne dei fotografi: ne sono scaturiti così tanti piccoli quadretti velati di commozione che anche in futuro potranno continuare a trasmettere un messaggio sportivo. Gli anni passano, i primati vengono battuti, la storia dell'atletica continua ad arricchirsi di episodi ma il succo — disciplina e sacrifici che occorre accettare — rimane sempre lo stesso. E lo sarà anche domani. Nebiolo ha parlato dei «suoi» ragazzi con il legittimo orgoglio di un padre, la voce velata da un filo di sincera commozione: nel momento in cui si riconosce il merito degli atleti è giusto sottolineare anche quello della Fidai per quello che ha fatto in dieci anni, dandosi nuove strutture, cercando un più diretto contatto con i giovani, inventando lo •spettacolo» su piste e pedane nella ricerca di nuovi proseliti. Non soltanto per diventare federazione più potente, ma nella reale credenza che lo sport deve essere alla base di una vita sana del cittadino. II più bel complimento ai successi atletici di questo anno lo ha fatto Luigi Beccali, vincitore dei 1500 a Los Angeles nel '32, oggi trapiantato in America e venuto apposta in Italia per questa festa: «Il 1980 — ha detto sorridente — è stato eccezionale come le annate di certi vini. Speriamo non sia addirittura irripetibile*. Con Beccali c'erano Pamich e Dordoni, pronti a specchiarsi con visi allegri, nel successo di Maurizio Damilano continuatore di una tradizione, e Ondina Valla, felice che una altra donna, Sara Simeoni, fosse riuscita ad affiancare il suo oro olimpico a quello da lei conquistato nel 1936. Ed ancora Caldana, Ragni, Salviati, Oberweger, Monti, Siddi ed i più recenti Morale, Ottoz, Gentile e Pigni. Peccato per le defezioni di Livio Berruti e Giusy Leone, bandiere dell'atletica negli Anni Sessanta. Eppoi i campioni di oggi con in testa l'incredibile Mennea che, amiche pensare a tirare un po' il fiato in questa stagione che già tanto gli ha dato, si preoccupa di quali saranno gli avversari che dovrà incontrare nell'ottagonale di Tokio e conclude quasi con candore: «Bisogna chiudere bene la stagione». E' un esempio di abnegazione che non ha uguali, tale da riuscire sempre a sorprendere. A sfilare sull'ideale passerella c'erano anche gli atleti attualmente in servizio militare che per questo non hanno potuto andare all'Olimpiade. Anche a loro Nebiolo ha voluto esprimere il «grazie» dell'atletica per quanto hanno dato, per i sacrifici compiuti che non hanno trovato poi il logico coronamento nella partecipazione ai Giochi. Il tentativo di accrescere i legami tra presente e passato, attraverso testimoniarne che possono essere additate come esempio è felicemente riuscito. Certo l'atletica italiana ha ancora dei problemi ma c'è la volontà di risolverli. E questo, per dirla con Nebiolo, perché «la popolarità della disciplina, il seguito di appassionati e l'aumento dei praticanti, ci impongono di insistere, senza trionfalismi ma con piena coscienza del ruolo, in questo impegno quotidiano, ponendo all'attenzione del governo, dei partiti politici, del mondo della scuola e degli amministratori l'enorme incidenza sociale dell'atletica leggera». Giorgio Barberis g m Roma. Maurizio Damilano, Sara Simeoni, Primo Ncbiolo e Pietro Mennea (Telefoto Ansa)
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