Voce bianca dall'800 di Giorgio Gualerzi

Voce bianca dall'800 Martina Franca rievoca il castrato Gazzani Voce bianca dall'800 MARTINA FRANCA — Il Festival della Valle d'Itria ha rievocato, nel Palazzo Ducale, con un concerto del «falsettista» genovese Guglielmo Gazzani, il bicentenario della nascita di Giambattista Velluti. Ovvero un disgraziato bambino, afflitto da un banale mal di pancia, il quale venne affidato, anziché a un comune pediatra, al bisturi di un chirurgo, che in quattro e quattr'otto lo restituì alla famiglia bell'e «castrato». Intendiamoci: disgraziato fino a un certo punto, poiché su questo fanciullo — nato il 28 gennaio 1780 a Corridonia, una cittadina delle Marche dove ne hanno molto opportunamente ricordato l'anniversario — pioveranno ricchezze e onori da mezza Europa. Velluti era infatti destinato a diventare un grande «evirato» (come allora si diceva), l'ultimo anzi di quella schiatta di «musici» (sopranisti e contraltisti, a seconda del registro vocale) con i quali precipuamente si identificano le fortune del melo- ' dramma italiano del SeiSettecento. Ciò spiega perché oggi, nel rifiorire di interesse per esso, si riparli dei «castrati» e qualcuno addirittura ne auspichi l'impossibile ritorno. Naturalmente non 6 che anche allora le cose andassero tutte per il verso giusto, anzi. Il piccolo Giambattista, ad esempio, poteva dirsi fortunato, perché la delicata operazione era avvenuta sotto lieti auspici climatici. Non gli accadrà infatti, alla maniera di quei disgraziati coristi, di sentirsi apostrofare da Paisiello: «Ah! Mannaggiar ai morti, siete stati tutti castrati in cattivo tempo!», con allusione al fatto che le «voci bianche» tendevano a stonare se la castrazione era avvenuta in una giornata climaticamente non felice, né più né meno come quando si imbottiglia il vino nuovo. Né d'altra parte il Velluti incontrerà l'amaro destino del povero Luca Fabris, che nello sforzo di prendere una nota particolarmente acuta si abbatté morto sul palcoscenico del San Carlo. Tutto ciò, insomma, porta a concludere che tanto il Velluti quanto i grandissimi «evirati» che l'avevano preceduto (per tutti il sommo Farinelli) furono in realta, dei privilegiati rispetto alla massa di coloro per i quali la «castrazione» si sarebbe rivelata soltanto una fonte di delusione, passaporto non già per la celebrità ma, nella migliore delle ipotesi, per l'anonima esibizione in chiesa e il non lauto stipendio di semplice musico di cappella. Non sarebbero loro mancate invece, checché si pensi, le avventure amorose. Infatti, nonostante le parole «castrazione» ed «evirato» suscitino foschi pensieri, in realtà l'operazione subita dal ragazzo non lo rendeva affatto sessualmente impotente, ma soltanto, e neppure sempre (come nel caso clamoroso di Ferdinando Tenducci che ebbe addirittura due figli!), incapaci di procreare. Facezie a parte, non c'è dubbio però che la scomparsa dei «castrati» rende improponibile nella sua assoluta purezza filologica il recupero di gran parte della produzione del Sei-Settecento, e ancora del primissimo Ottocento (per esempio, dellVlureltano in Palmira, di prossima esecuzione a Genova, composto da Rossini appositamente per Velluti). Per ovviare all'inconveniente ci sono due strade: o la scelta della voce femminile (che in effetti, fra il 1820 e il '40 surrogò ufficialmente il «castrato») o il ricorso al cosiddetto «falsettista» di moderna estrazione anglosassone, ma con significative appendicianche in Italia. E' il caso appunto del genovese Guglielmo Gazzani, protagonista del concerto di Martina Franca. E' un simpatico medico analista, appassionato studioso dell'opera e del suo mondo che, dopo lunghi anni di dedizione, ha saputo mettere a frutto il suo naturale «falsettismo» contralteggiante. Ne è venuta fuori un'accettabile (entro certi limiti) versione del «controtenore», come ha dimostrato nelle arie — tutte scritte appositamente per «evirati» — di Sarti, Cimarosa, Zingarelli, Mercadante, Rossini, Meyerbeer, Morlacchi, Vaccai e dello stesso Velluti. Il concerto di Gazzani — cordialmente accolto con curiosità e rispetto — è stato però soltanto un momento collaterale, sia pure significativo, del festival della Valle d'Itria, che ha avuto invece il suo fiore all'occhiello in una splendida edizione dei Caputeti e Montecchi di Bellini (interpreti Luciana Serra, Martine Dupuy, Dano Raffanti, Carlo De Bortoli, Luigi De Corato; direttore Alberto Zedda, regista Alberto Fassini). Giorgio Gualerzi

Luoghi citati: Corridonia, Europa, Genova, Italia, Itria, Marche, Martina Franca